Perché uscire da relazioni tossiche è più difficile se si è discriminat* ogni giorno
Violenza di genere e non solo, perché quando si vive la discriminazione è più difficile uscire dalle relazioni tossiche.
Violenza di genere e non solo, perché quando si vive la discriminazione è più difficile uscire dalle relazioni tossiche.
Purtroppo capita che nelle relazioni si sviluppino delle dinamiche di potere, trasformando quello che dovrebbe essere amore in un sentimento tossico, che ha molto più a che fare con il concetto di dominio e controllo.
Carlotta Vagnoli quest’anno ha pubblicato un libro essenziale che parla di violenza di genere e di queste dinamiche che a tutto sono dovute, tranne che alla sfortuna, come ci tiene a specificare lei, un libro che mette in luce tutti gli aspetti della nostra società che portano gli uomini a diventare abuser.
Gli uomini assorbono la cultura in cui sono immersi e il risultato è spesso la dimostrazione di quanto bisogno ci sia di pigiare sul bottone RESTART e ripartire da zero, dalle basi, dall’istruzione e dalle istituzioni, ma è importante capire che questo tipo di dinamiche non si sviluppa solo all’interno delle relazioni etero cisgender, lo dice più volte anche Vagnoli, ma vorrei analizzare meglio il perché.
C’è infatti la possibilità che si palesino scenari simili in tutte le relazioni che da una parte vedono protagonista una persona che fa parte di una comunità marginalizzata e che subisce discriminazioni, si fa leva sulle insicurezze, sul senso di rifiuto che percepiscono, sull’inadeguatezza ed è così che presto ci si ritrova ad ascoltare frasi “se non stai con me chi ti piglia? chi lə vuole unə come te?”.
È con frasi del genere che radono al suolo la nostra autostima, che ci convincono che quello è tutto l’amore che meritiamo e che “o quello o niente”, la paura di restarə solə, di non essere amatə ci attanaglia e finiamo per credere che quello sia davvero amore, ma non lo è.
Penso alle persone con disabilità, alle persone trans, alle persone grasse, alle persone neurodivergenti, ma anche a molte altre, penso a quante volte una relazione si sia trasformata in un gioco forza che vede l’oppressore come un salvatore, quasi come dovessimo ringraziare per la gentile concessione, per quello che ci dà e chiama amore.
Il problema di queste relazioni è che lavorano sulla percezione che abbiamo di noi, distorcendola a tal punto da convincerci che l’altra persona abbia ragione, lavorano sul senso di colpa, il nostro, che è presente , inspiegabilmente, lì a farci compagnia e a convincerci che se ci trattano così è un po’ colpa nostra, se poi sei abituatə ad essere discriminatə o emarginatə dalla società, ecco che tutto diventa molto più semplice, un effetto domino che ci logora dentro, dopotutto la società ci insegna che siamo sbagliatə, che non siamo meritevoli d’amore e se questa persona decide di stare con noi, nonostante questo, allora ci sarà qualcosa di buono, no?!
Spoiler: no
L’unico motivo per cui stanno con noi, l’unica cosa che li spinge a continuare a stare con noi ( sebbene passino il tempo a ricordarci quanto in realtà sia quasi impossibile amarci) è il desiderio di controllo.
Passiamo la vita a sentirci come un imprevisto, qualcosa d’indesiderato e la solitudine ci è spesso compagna, soprattutto negli anni della formazione, gli anni in cui spesso capiamo che siamo diversə e che la nostra diversità non è ben accetta, cresciamo in un sistema che non ci vuole e che non si sforza particolarmente di camuffare la cosa e così ci abituiamo a ciò che di brutto ci accade: insulti, minacce, violenze.
Purtroppo per noi queste diventano cose all’ordine del giorno e questo non ci permette di percepire la differenza tra una relazione abusante e il normale scorrere delle giornate, perché noi così ci siamo cresciutə, quel tipo di atteggiamento ci è familiare, per questo è ancora più difficile scappate o chiedere aiuto quando stiamo con un abuser.
Purtroppo si parla ancora pochissimo di violenza di genere e meno ancora di violenza nelle relazioni di persone marginalizzate e in parte anche perché c’è una tendenza a non denunciare, esattamente come nelle relazioni cisgender le donne non denunciato perché il sistema è costruito per colpevolizzarla e non crederle, così in questi la denuncia diventa un sogno lontano quando fai parte di una categoria che per lo stato non esiste e non è tutelata in nessun modo.
Se tutto quello che succede è gaslighting e victimblaming nei confronti delle vittime, come posso anche solo sognare di rivolgermi alle autorità competenti? Soprattutto consapevole del fatto che spesso questi posti sono nidi affollati di omobilesbotransfobia, razzismo, abilismo etc..
Urge davvero agire dalle basi, affinché non si normalizzi la violenza nei nostri confronti, nei confronti di nessuna persona e affinché si istituiscano delle vere e proprie reti di salvataggio create dallo Stato, che non deve essere mai giudicante, perché le reti adesso esistono, ma sono le Survivor a tenerle vive e attive, come sempre siamo noi a dover lavorare in modo da coprire le lacune di uno Stato che è assente.
Attivista transfemminista intersezionale, content creator e drag. Lavoro con i social e la cultura pop per fare informazione e divulgazione.
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