Upcycling: ripensare la vita di oggetti e abiti 'da buttare' con creatività
Sempre più brand, nella moda, stanno subendo il fascino dell'upcycling. Ma il riuso creativo non si applica solo al mondo del fashion.
Sempre più brand, nella moda, stanno subendo il fascino dell'upcycling. Ma il riuso creativo non si applica solo al mondo del fashion.
Ecco, nel dettaglio, di cosa parliamo.
Il concetto, in realtà, è tutt’altro che nuovo, dato che correva l’anno 1963 quando il famoso brand di birre Heineken ideò le “Wobo”, bottiglie di birra che, una volta terminate, potevano essere utilizzate come mattoni da costruzione. Dieci anni più tardi, invece, furono gli architetti Charles Jencks e Nathan Silver a indicare un nuovo modo di progettare che si proponeva come rottura con il mondo tradizionale, così da dare a oggetti e materie ruoli e significati diversi da quelli con i quali tutti noi siamo abituati a vederli.
Anche se all’epoca, va detto, non si usava ancora il nome con cui oggi lo conosciamo: upcycling è infatti stato coniato solo nel 1994 da un ingegnere meccanico tedesco, Reiner Pilz, che in un’intervista su Salvo, famosa rivista di architettura e antichità, disse: “Il riciclo io lo chiamo down-cycling. Quello che ci serve è l’up-cycling, grazie al quale ai vecchi prodotti viene dato un valore maggiore, e non minore”.
In parole povere, upcycling significa riutilizzare gli oggetti per creare un prodotto di maggiore qualità, reale o percepita.
Quello di upcycling è dunque un concetto molto diverso rispetto a quello di recycling, visto che riciclare significa trasformare i rifiuti in un prodotto nuovo e riutilizzabile. L’idea che più si avvicina a quella di upcycling è di riuso creativo, in cui l’oggetto non solo trova nuova vita, ma lo fa acquisendo anche un maggior valore rispetto al materiale o all’uso originario.
Il designer Max McMurdo definisce così la differenza tra le due filosofie nel suo libro Upcycling, l’arte del recupero: “A differenza del riciclo, in cui si riporta indietro un materiale nel suo ciclo di vita alle proprietà originarie, l’upcycling lo valorizza grazie a un design intelligente che lo rende più interessante a livello economico, estetico ed emotivo”.
Ci sono due modi per fare upcycling, uno pre-consumer e uno post-consumer, ossia prima e dopo del consumatore. Con il primo modo si intende il riutilizzo di scarti di tessuto usati per confezionare un capo, quando ancora il tessuto non è passato dalle mani del consumatore, mentre con il secondo modo si intende il riuso di vestiti già usati, che vengono modificati. Non si parla di upcycling solo in riferimento alla moda, però, ma anche all’architettura, al design e a un sacco di ambiti diversi.
Certamente il mondo del fashion ha mostrato una particolare sensibilità sul tema del riutilizzo, e molti brand importanti stanno puntando pienamente sull’upcycling: basta entrare, ad esempio, sulla piattaforma TheRealReal, e notare come fra i vari grandi brand esposti esista una sezione dedicata alla moda upcycle.
Lo stilista Maurizio Donadi di Atelier & Repairs ha fondato il suo personale brand di upcycling nel 2015, come risposta all’enorme quantità di materiali e tessuti inutilizzati. Anche **Les Fleurs Studio**, fondato nel 2017 da Maria Bernad, nasce come marketplace dove trovare prêt-à-porter e accessori d’archivio, tutto basato sull’upcycling, così come un progetto di upcycle è quello dell’italiano Elle Remodelista, con concept boutique a Pietrasanta ed e-commerce, fondato nel 2013 da Laura Ciregia.
Ovviamente anche gli accessori rientrano nell’upcycling, come La LÙSac, brand basato totalmente sul riciclo.
Come detto il riuso creativo, o upcycling, non si applica solo al mondo del fashion, ma a un sacco di contesti diversi, a partire da quello domestico. Non è raro trovare cassette di frutta, pallet o bancali ricolorati e usati per diventare tavoli, sedie, sgabelli o bellissime fioriere, ad esempio.
Anche i tronchetti d’albero possono essere usati per diventare degli sgabelli da salotto o delle basi per tavolini da fumo, mentre i tappi di sughero, incollati su un supporto piatto, possono diventare simpatici tappetini per il bagno.
I barattoli di vetro comunemente usati in cucina possono trasformarsi in deliziose lanterne da esterno, semplicemente aggiungendo una corda sottile per sospenderli, e una candela al loro interno, così come vecchie bottiglie e brocche possono tramutarsi in bellissimi vasi di fiori, da usare anche come centrotavola. Tutto, potenzialmente, può diventare upcycling.
Ovviamente i vantaggi del riuso creativo sono diversi: innanzitutto, si possono evitare gli sprechi, salvando vestiti od oggetti che altrimenti sarebbero stati buttati, utilizzando la filosofia giapponese del mottainai, che significa proprio “rammarico per uno spreco”. L’upcycling è però molto utile anche per l’ambiente, visto che dare nuova vita alle cose permette di risparmiare in termini di rifiuti e di inquinamento dovuto alle emissioni delle aziende che producono.
Infine – e non è un aspetto da sottovalutare – c’è la questione del risparmio: riutilizzare, dando loro una seconda vita, abiti o accessori permette di non dover spendere follie per rinnovare spesso il proprio guardaroba o l’arredamento di casa. Sono sufficienti creatività, ingegno e pazienza!
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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