Storia del fotoromanzo e della donna stereotipata (con qualche eccezione)
Nato nel dopoguerra, il fotoromanzo è stato un importante strumento di svago e cultura. Ma ha inevitabilmente anche promosso qualche cliché sulla figura femminile.
Nato nel dopoguerra, il fotoromanzo è stato un importante strumento di svago e cultura. Ma ha inevitabilmente anche promosso qualche cliché sulla figura femminile.
Il fotoromanzo è effettivamente stato uno dei capisaldi della cultura italiana dal dopoguerra in poi, con riviste che, negli anni, hanno lanciato la carriera di attori e attrici diventate poi stella del panorama cinematografico del nostro Paese; il suo lento declino non ha comunque scalfito il fascino di questi giornali, veri e propri fumetti impersonati da attori e attrici in carne e ossa, che chiunque sia cresciuto a cavallo tra gli anni ’70 e ’90 può sicuramente aver visto nelle camere di mamme o nonne.
Il fotoromanzo è una vera e propria forma d’arte che nasce in Italia nel 1947, quando vengono pubblicate le prime riviste di questo tipo con Bolero Film, diretto da Cesare Zavattini, che fu anche autore di moltissime storie assieme a Luciano Pedrocchi.
Nel 1945 era rinata la Domenica del Corriere, che recava numerose illustrazioni, che, se come direttore “ufficiale” aveva un Indro Montanelli molto pragmatico e poco propenso a lasciare spazio a cose fantasiose, dall’altro aveva come vero e proprio “direttore ombra” lo scrittore Dino Buzzati, ben più disposto a offrire un porto sicuro a cultura visiva e fumetti. Nel ’46 fu la volta di Grand Hotel, inizialmente disegnata completamente, e l’anno dopo nacque anche Sogno, quasi in concomitanza con Bolero Film.
Numerosi, come detto, gli attori e le attrici poi diventati vere e proprie stelle dello show business internazionale: basti pensare che una copertina di Sogno, datata 1950, con Sophia Loren, è oggi esposta al MOMA di New York, segno che l’importanza del fotoromanzo fu molto più rispetto all’essere una semplice forma di intrattenimento: fu, a suo modo, una piccola rivoluzione culturale.
Ma i nomi prestigiosi che lavorarono al fotoromanzo non si trovano solo davanti alle scene, ma anche dietro: il regista Dario Argento lavorò nella redazione di Sogno per un periodo.
Negli anni ’50 DC e PCI non vedevano di buon occhio il fotoromanzo, ma non furono comunque rari i casi in cui lo utilizzarono come parte della loro propaganda, assieme al fumetto.
Proprio perché appartenente alla cultura italiana del dopoguerra, il fotoromanzo compare anche in moltissimi film del Neorealismo, a partire da Riso Amaro, con Silvana Mangano, fino a Bellissima, di Luchino Visconti, mentre nel 1950 Michelangelo Antonioni realizza persino un documentario sul fotoromanzo, L’amorosa menzogna, che si aggiudica il Nastro d’argento nello stesso anno.
Questi fumetti interpretati da attori in carne e ossa, però, prendono il nome di fotoromanzo solo nel 1956, mentre prima si definivano con un termine nato nel 1923, cineromanzo (oggi chiamato novelization).
Negli anni ’50 i fotoromanzi conoscono anche il loro boom, raggiungendo il milione e seicentomila copie vendute, e contribuiscono, nel loro piccolo, all’alfabetizzazione soprattutto del pubblico femminile.
Nel 1975 è stato pubblicato il primo fotoromanzo interamente a colori, con un anno di anticipo rispetto all’arrivo del TV Color in Italia, e proprio in quest’anno i fotoromanzi vendono oltre otto milioni di copie.
Ancora oggi i fotoromanzi continuano a essere pubblicati sul settimanale Grand Hotel, e nelle testate facenti capo alla Lancio, ovvero Sogno, Letizia, Kolossal, Charme e Kiss.
La Lancio, senza dubbio una delle più importanti case editrici di fotoromanzi, venne fondata dalla famiglia Mercurio nel 1963, e fu forse la prima che ai fotoromanzi sentimentali affiancò quelli di tipo giallistico. Nel 1975 venne fondata anche LancioStory, che si occupava di fumetti disegnati.
Nati senza dubbio come oggetto di intrattenimento soprattutto del pubblico femminile, come abbiamo detto i fotoromanzi, con il senno di poi, hanno però incarnato anche una parte importante nella storia culturale del nostro Paese, e hanno avuto un ruolo fondamentale per riportare normalità e svago nelle case delle persone nel periodo del dopoguerra.
Inevitabilmente, però, questi fumetti riflettevano anche il tipo di mentalità e di società tipica del periodo, e questo non li esentava dal farsi rappresentazione di stereotipi che oggi considereremmo sessisti.
Spesso le storie a sfondo sentimentale dei fotoromanzi avevano per protagonista una giovane donna, immortalata soprattutto in un contesto domestico, che con aria sognante pensa all’amato.
È molto interessante, a questo proposito, la riflessione che del fotoromanzo ha fatto l’artista francese, “adottata” da Milano, Nicole Gravier, nella serie Mythes et Clichés. Fotoromanzi (1978), mostrando come il fotoromanzo sia un sistema di convenzioni narrative che rispecchia la mentalità maschile, anche se destinato a un pubblico femminile.
C’è anche del voyeurismo, sottolinea Gravier, nell’opportunità che viene data al lettore o alla lettrice di entrare nello spazio privato del personaggio, il quale non interagisce mai con lo spettatore ma appare sempre assorto nei suoi pensieri.
Senza contare l’esagerato e ostentato sentimentalismo sdolcinato, che assume talvolta i tratti dell’esasperazione, rappresentando l’amore unicamente come iper-romantico, con gli uomini che “salvano” le donne da una vita di rassegnazione, solitudine e sofferenza.
A partire dalla seconda metà degli anni ’80 il fotoromanzo comincia lentamente il suo declino, perché nel frattempo i gusti degli italiani rispetto all’intrattenimento sono cambiati: è arrivata la tv commerciale di Silvio Berlusconi, i grandi spettacoli di varietà e anche un modo diverso di mostrare il corpo femminile, non più “angelicato” come nel fotoromanzo ma, d’altro lato, sessualizzato e messo in mostra senza pruderie. Da uno stereotipo all’altro, insomma.
L’avvento delle VHS e dei videoregistratori, inoltre, permette di conservare film e programmi per riguardarli in un secondo tempo.
La crisi si acuisce negli anni 2000, con chiusure importanti, come quella della Lancio, nel 2011. Le nuove possibilità, per il fotoromanzo, sembrano essere soprattutto offerto dal webcomic, che al momento resta comunque piuttosto periferico.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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