Concubinato, ieri e oggi: la norma per gli uomini, uno scandalo per la donna

Oggi si sente parlare di concubinato in relazione a popolazioni lontane da noi, o per parlare di un certo tipo di convivenza senza matrimonio. In realtà, il significato ha origini antiche e fino al secolo scorso si praticava anche in Italia.

La storia presenta purtroppo innumerevoli casi nei quali le donne hanno dovuto sottostare a leggi e usanze di oppressione. Tanto che ancora oggi la parità non è stata raggiunta completamente. Uno di questi casi è il concubinato, una tradizione che parte da molto lontano, ed è continuata fino al secolo scorso nel mondo e anche in Italia, tra i reali, i nobili e gli ecclesiastici.

Oggi il termine è utilizzato per rappresentare la convivenza di coppie non sposate, o ricorda solamente gli harem del Medio Oriente. In realtà, il concubinato è da intendere con il suo significato storico.

Cosa significa concubinato?

Il termine concubinato deriva dal latino “con/cum”, ovvero insieme, e “cùmbere/cubare”, giacere a letto, e descrive la situazione in cui una donna conviveva ed era economicamente mantenuta da un uomo. Quest’ultimo poteva essere libero, ma molto spesso era coniugato con un’altra donna.

La concubina era infatti una sorta di amante, con la quale un uomo facoltoso poteva instaurare una relazione con una donna di ceto sociale inferiore. Senza le complicazioni che un matrimonio di questo tipo avrebbe presentato.

Nella maggior parte dei casi le donne che erano scelte come concubine erano serve nelle case nobiliari, pertanto avevano rapporti con il padrone, non diventando mai però la moglie ufficiale. Questo ruolo era assunto da altre donne, a conoscenza del concubinato del marito, ma che a loro volta non potevano fare nulla.

Nella storia infatti, come vedremo, la legge ha sempre preferito garantire il concubinato rispetto a matrimoni tra strati sociali diversi, che creavano scandalo, così come gravidanze esterne al matrimonio.

Si tratta quindi di un genere di relazione di estrema imparità e sfruttamento, che però è proseguita dai tempi degli antichi greci fino agli inizi del ‘900. Avere una concubina per un uomo di alto rango era ritenuto addirittura simbolo di potere.

All’apparenza, l’uomo trattava bene la concubina, o concubine dal momento che se ne potevano avere più di una, ed eleggeva anche la sua preferita. Questo non era il caso reale, di una condizione che era sostanzialmente schiavitù.

Concubinato e concubine nella storia

Durante la storia il concubinato è stato una presenza pressoché costante. La convivenza del concubinato si fa risalire già all’Antica Grecia, quando la concubina era chiamata pallakè, ed era il più delle volte una schiava straniera.

Il suo ruolo non era distante da quello della moglie, aveva infatti gli stessi doveri in casa e nessun diritto. I figli nati dalla concubina erano esclusi dall’eredità. Nel mondo greco esisteva anche la figura dell’etera, intesa però come prostituta o cortigiana, che poteva comunque intrattenere lunghe relazioni con gli uomini, ma che si differenziava dalla concubina.

L’Antica Roma accolse immediatamente il concubinato. Il popolo romano aveva infatti una legge che ne regolava il rapporto, la Lex Iulia de adulteriis. Questa legge garantiva l’adulterio all’uomo, che poteva tradire la moglie e avere amanti, prostitute e concubine a piacimento. Mentre per la donna il tradimento era considerato peccato, anche mortale. Le concubine in particolare ebbero grande successo tra il popolo Romano: a un certo punto, a loro venne affidato il compito di diventare madri e fare figli, riconosciuti dal padre, per sgravare le mogli da questo compito. Figli che però diventavano dell’uomo e di sua moglie agli occhi della legge e del popolo.

La storia del concubinato continua più o meno allo stesso modo attraverso i secoli, senza grandi modifiche. L’uomo ha mantenuto quasi fino ad oggi la possibilità e la libertà di possedere di fatto una donna, al di fuori del matrimonio, con cui condivideva la casa. Anche nell’ambito ecclesiastico non sono mancati periodi di concubinato.

Chiamato anche clerogamia, era l’usanza del clero di sposarsi o avere relazioni di tipo sessuale con donne. Già a partire dal Medioevo però fu imposto al clero il celibato, che condannava di fatto anche il concubinato, attraverso un sinodo lateranense del 1059 indetto dal papa Niccolò II.

Diritti e doveri di una concubina

Le concubine avevano degli specifici doveri, e sostanzialmente nessun diritto, così come la maggior parte delle donne nei secoli della storia. Talvolta gli uomini instauravano relazioni di concubinato con donne serve che incontravano o che lavoravano già per loro. Altre volte invece le concubine erano assunte appositamente, anche dalla famiglia del signore. Per compiere lavori di servizio, nei cui compiti specifici c’era anche quello di intrattenere una relazione sessuale con il padrone di casa.

Una volta scelta come concubina, la donna non aveva più opportunità di crearsi una vita propria, come accadeva in realtà anche alle mogli, era obbligata a vivere tutto il giorno nella casa del padrone, senza poter uscire, e aveva il dovere primario di soddisfare il padrone. Spesso si ritiene infatti che il concubinato fosse basato su una sorta di consensualità e che, al contrario dei matrimoni combinati, ci fosse una reale relazione sentimentale tra la concubina e il padrone.

In realtà, proprio il termine di padrone e il fatto che le concubine fossero serve, o donne di ceto inferiore, mettono in luce la situazione di disparità e asimmetria del rapporto. Il partner maschile era dominante, sia socialmente che economicamente, e la donna ne era del tutto dipendente.

Si comprende bene questo aspetto anche dal fatto che non sia mai esistito il termine concubino coniugato al maschile. Una figura quindi esclusivamente femminile.

Il concubinato oggi

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Fonte: Web

In Italia il Codice Penale citava il concubinato, in relazione al delitto di adulterio, riferito al tradimento effettuato da parte di un uomo. L’articolo relativo, il 560, è stato successivamente dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sent. 3 dicembre 1969, n. 147.

Oggi il termine concubinato ha assunto un significato differente, e rappresenta infatti la convivenza tra due partner senza matrimonio. Una sorta di unione civile per partner che non vogliono o non possono sposarsi, regolata da un contratto specifico, chiamato appunto “contratto di concubinato”.

Rispetto al matrimonio, l’unione di concubinato presenta delle differenze per quanto riguarda alcuni temi come le tasse, l’eredità, la previdenza e le assicurazioni. Il contratto di concubinato deve essere redatto per iscritto e firmato da entrambi i partner, senza l’obbligo di autenticazione notarile, e deve disciplinare alcuni punti. Come la partecipazione ai costi e ai doveri domestici, l’inventario, il rapporto di locazione per regolare anche un’eventuale separazione, il mantenimento e il patrimonio.

Tuttavia, questo tipo di contratto non è regolamentato dalla legge, che fa riferimento ad altri articoli del Codice Civile che regolano le società semplici. È necessario in ogni caso fare la giusta distinzione tra cos’è stato il concubinato per quasi duemila anni, e cosa si intende invece oggi con questo tipo di accordo.

Per secoli le donne in povertà e concubine sono state sfruttate e mantenute come serve da uomini padroni, per potersi sostentare in qualche modo. Negli ultimi 50 anni anche in Italia sono state abolite o modificate leggi per garantire il più possibile la parità all’interno dell’istituzione del matrimonio, e nella speranza che situazioni come il concubinato non si manifestino più tra le mura di casa.

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