Lo spettro di un nuovo omocausto dopo la Shoah
Quindicimila prigionieri e migliaia vittime: è l'Omocausto, la persecuzione che ha colpito gli omosessuali durante la Shoah. E che potrebbe tornare.
Quindicimila prigionieri e migliaia vittime: è l'Omocausto, la persecuzione che ha colpito gli omosessuali durante la Shoah. E che potrebbe tornare.
Eppure, nei campi di concentramento hanno sofferto e sono morti tutti coloro che secondo il folle progetto politico del Fuhrer erano pericolosi. Comunisti, rom, testimoni di Geova e asociali sono finiti nei lager nazisti; assieme a loro, anche le persone omosessuali hanno pagato pur avendo come unica colpa la diversità: il loro sterminio prende il nome di omocausto, una storia ancora poco conosciuta ma che si è ripetuta e potrebbe ripetersi ancora.
Il termine “omocausto” è stato scelto per analogia linguistica per indicare lo sterminio programmato di uomini – e donne – omosessuali durante il Terzo Reich.
È un fenomeno ancora troppo spesso ignorato, ma che ha coinvolto migliaia di persone e mietuto migliaia di vittime: identificati da un triangolo rosa, infatti, i prigionieri omosessuali nella Germania nazista sono stati 15.000 secondo le stime. I morti sono stati dai 6.000 ai 9.000.
Non è stato il regime nazista a criminalizzare l’omosessualità, anche se il governo del Führer ha inasprito le pene e deliberatamente inserito le persone omosessuali tra le vittime dello sterminio finalizzato a purificare la razza ariana.
Già dal 1871, infatti, il Codice del Secondo Reich tedesco presentava il “paragrafo 175” (formalmente §175 StGB), l’articolo – già presente nel Codice della Confederazione Germanica come §152 e ancora prima come paragrafo 143 nel Codice Prussiano del 1851 – mirato a reprimere gli “atti contro natura” tra persone dello stesso sesso e con animali.
Sulla spinta dei primi movimenti di liberazione omosessuali – il Comitato Scientifico Umanitario (Wissenschaftlich-humanitäres Komitee, WHK), promosso già nel 1897 da Martin Hirschfield, la Comunità degli Speciali e il Gruppo di Amicizia Tedesca – nel 1929, una commissione del Reichstag votò per abolire il Paragrafo 175, grazie ai voti dei Socialdemocratici, del Partito Comunista (KPD) e del Partito Democratico (DDP), ma proprio la salita al potere del Partito Nazista impedì l’attuazione di questa riforma.
Il Nazismo, fin dalla nascita, cercò di distruggere tutti gli sforzi e i successi del neonato movimento omosessuale: il 6 maggio 1933 l’Istituto di Scienze Sessuali (fondato del 1919 sempre da Hirschfeld) che si proponeva di studiare la sessualità in tutti i suoi aspetti e ospitava nei suoi locali il Comitato, fu devastato e distrutto, mentre i diecimila volumi della sua vastissima biblioteca furono ammucchiati in strada e bruciati.
Ma questo non era che l’inizio: poco più di un anno dopo, nella “Notte dei lunghi coltelli” fra il 30 giugno e il 1º luglio del 1934, le SS e la Gestapo assassinarono per ordine di Adolf Hitler almeno un centinaio di persone, tra cui Ernst Röhm, ufficiale delle gerarchie caduto in disgrazia la cui eliminazione fu giustificata proprio sulla base della sua omosessualità, esplicitamente esibita in chiave “iper-virile” almeno fino al 1925.
Con l’epurazione di Röhm e l’ascesa delle SS guidate da Himmler, la lotta agli omosessuali si inasprì, fino a sfociare nel vero e proprio omocausto. Nel 1936 fu creato l’Ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto, nel cui decreto costitutivo si leggeva:
Le attività omosessuali di una non trascurabile parte della popolazione costituiscono una seria minaccia per la gioventù. Tutto ciò richiede l’adozione di più incisive misure contro queste malattie nazionali.
Traditori della patria, degenerati, egoisti, incapaci di perpetuare la razza ariana: centinaia di migliaia di omosessuali che rifiutarono di abiurare la propria natura e nascondersi dietro matrimoni di convivenza furono rinchiusi nei campi di lavoro, in manicomio o sottoposti a sterilizzazione o castrazione su ordine del tribunale.
Dei circa 100.000 uomini omosessuali arrestati tra il 1933 e il 1945 circa 50.000 sono stati ufficialmente condannati e la maggior parte ha trascorso il periodo di detenzione nelle prigioni regolari, mentre come abbiamo visto tra i 5.000 e i 15.000 sono stati internati nei campi di concentramento. Qui, le condizioni di questi prigionieri erano particolarmente difficili, non solo a causa degli atteggiamenti omofobi delle SS ma anche degli altri detenuti, che li discriminavano a causa del loro orientamento sessuale.
Non solo: destinati a lavori pesantissimi pensati anche per riconvertirne la natura, furono anche al centro di esperimenti scientifici, come si legge nel documento redatto da Arcigay OMOCAUSTO, Lo sterminio dimenticato degli omosessuali:
Emblematico è il caso di un medico delle SS, il danese Carl Vaernet, attivo nel lager di Buchenwald. Nel folle tentativo di ‘guarire’ i prigionieri omosessuali, egli impiantò in diverse cavie una ‘ghiandola sessuale artificiale’ a base di dosi massicce di testosterone. L’esperimento non solo fallì, ma portò alla morte l’80% delle cavie.
Sebbene quello subito durante il Terzo Reich sia il più tristemente noto, non si tratta dell’unico omocausto: così come le leggi che criminalizzavano l’omosessualità sono giunte fino a tempi molto recenti – in Germania il paragrafo 175 è stato definitivamente abolito nel 1994 – così le persecuzioni contro gli omosessuali non si sono arrestate.
Nell’aprile del 2017 il mondo ha scoperto l’orrore dell’omocausto ceceno: più di 100 persone sospettate di essere LGBTQ+ furono rapite, imprigionate e torturate dalle autorità cecene per ordine dello stato guidato da Ramzan Achmadovič Kadyrov.
Già in febbraio alcune inchieste della Novaya Gazeta avevano rivelato come decine di persone omosessuali fossero state fermate e portate in una “prigione segreta” dove avrebbero subito sevizie di ogni tipo. Notizia smentita dal governo che non aveva negato le torture ma aveva risposto semplicemente «Qui i gay non esistono».
Dopo un paio di mesi, però, nuove testimonianze avevano aggiunto orrore all’orrore, attraverso le parole di persone fuggite da quello che in molti hanno cominciato a chiamare «lo sterminio degli omosessuali», condotto attraverso veri e propri campi di concentramento. Alcune ex caserme militari cecene, secondo le ricostruzioni, sono infatti «state ripristinate ed adibite alla detenzione di tossicodipendenti e di uomini dall’orientamento sessuale non tradizionale o sospetto».
Lontane nel tempo o nello spazio, le persecuzioni degli omosessuali possono sembrarci qualcosa che non potrebbe mai ripetersi. Eppure, i segnali ci dicono che un nuovo omocausto potrebbe essere una realtà più concreta di quello che possiamo pensare. Basta pensare alle leggi antiomosessuali sempre più repressive adottate dalla Russia o, più recentemente, dalla Polonia, come alle numerose legislazioni che, ancora in diversi Paesi del mondo, prevedono il carcere o addirittura la morte per chi si macchia del crimine di essere se stesso.
E se pensiamo che le conquiste ottenute finora bastino a mettere in salvo i paesi occidentali, basta ricordare cosa sta accadendo con le leggi che riguardano l’aborto o, più semplicemente, guardare il video di una parte del Parlamento Italiano che applaude alla notizia che il DDL Zan (pensato per tutelare diverse minoranze, tra cui proprio le persone omosessuali, dai crimini di odio) è stato affossato, per capire quanto odio e discriminazione nei confronti delle minoranze e delle persone LGBTQI+ siano ancora estremamente forti e pericolosi.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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