Invalidazione emotiva: cos'è, come si manifesta e soprattutto come superarla
L'invalidazione emotiva può essere dettata dalla buona volontà – ma non per questo fa meno male – o essere un vero e proprio abuso emotivo. Come riconoscerla e superarla.
L'invalidazione emotiva può essere dettata dalla buona volontà – ma non per questo fa meno male – o essere un vero e proprio abuso emotivo. Come riconoscerla e superarla.
L’invalidazione emotiva è l’atto di respingere o rifiutare i pensieri, i sentimenti o i comportamenti di qualcuno. Il messaggio che trasmette è: «I tuoi sentimenti non contano. I tuoi sentimenti sono sbagliati».
L’invalidazione emotiva può assumere molte forme e manifestarsi in diverse situazioni, ma il risultato è far sentire l’altro insignificante o irrazionale. Allo stesso modo, non importa perché accada, né come: quello che ottiene è creare confusione e sfiducia.
L’invalidazione emotiva non deve necessariamente manifestarsi in forma verbale: può assumere anche forme non verbali come alzare gli occhi al cielo, ignorare la persona che sta parlando – o giocare al telefono mentre lo fa – o parlargli sopra.
Nella maggior parte dei casi, l’invalidazione emotiva è una manifestazione accidentale da parte qualcuno che è ben intenzionato ma che ha scarsa empatia o che, più semplicemente, non presta abbastanza attenzione ai sentimenti e alle emozioni altrui.
Una forma comune di invalidamento si ha quando qualcuno cerca di tirare su di morale una persona triste, arrabbiata o stressata, cercando di cambiare i suoi sentimenti piuttosto che accettarli o capirli – magari perché a disagio – ma finendo, nei fatti, per respingerli.
Altre volte, però, l’invalidazione emotiva è una vera e propria forma di manipolazione emotiva, un tentativo di far mettere all’altro in discussione i propri sentimenti e le proprie esperienze. Si tratta di una negazione dell’altro o della sua esperienza, attraverso cui viene veicolata l’idea che abbia torto, reagisca in modo esagerato o menta.
Gli abuser lo fanno per manipolare la realtà, incolpare la vittima e negare o minimizzare le loro parole o azioni offensive. Un esempio è quello del gaslighting, una forma di violenza psicologica nei confronti di una persona che la spinge a mettere in discussione i suoi stessi pensieri e a dubitare di se stessa e delle proprie capacità mentali.
Le forme più comuni di invalidazione emotiva includono incolpare, giudicare, negare e minimizzare sentimenti o esperienze, con frasi come:
Gli effetti dell’invalidazione emotiva possono essere diversi, più o meno gravi a seconda della frequenza, dell’intenzionalità e anche delle condizioni particolari di chi li riceve. In generale, chi subisce questo tipo di abuso emotivo può sviluppare:
L’invalidazione emotiva può portare insicurezza e sfiducia nelle proprie emozioni, perché il messaggio che veicola è che pensieri e sentimenti sono “sbagliati”. Se questo accade in maniera ripetuta, la “vittima” potrebbe iniziare a diffidare della validità delle sue esperienze personali.
Le persone che sentono che le proprie emozioni sono invalidate spesso smettono di condividerle e iniziando a nasconderle. Non solo: in molti casi, sviluppano una bassa autostima.
L’invalidazione emotiva può contribuire allo sviluppo di una condizione di salute mentale, come depressione e ansia, o potrebbero aggravare i sintomi di chi è già soggetto a queste patologie.
L’invalidazione emotiva può avere conseguenze particolarmente gravi se si verifica durante l’infanzia: secondo alcune ricerche, infatti, potrebbe contribuire allo sviluppo del disturbo borderline di personalità (BPD), una condizione associata all’instabilità delle emozioni, delle relazioni e dell’immagine di sé.
Secondo Marsha Linehan, psicologa clinica e autrice del libro Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline di personalità, i bambini che hanno la tendenza ad essere emotivamente più sensibili hanno maggiori possibilità di sviluppare BPD se esposti a invalidità emotiva durante l’infanzia.
Un bambino che cresce in un ambiente invalidante, infatti, potrebbe non imparare a gestire lo stress o a gestire le proprie emozioni, ma potrebbe invece imparare a diffidare delle proprie risposte emotive e nascondere i propri sentimenti.
La chiave per superare l’invalidazione emotiva è l’ascolto, sia che siamo noi le vittime che nei casi in cui, consapevolmente o meno, invalidiamo le emozioni degli altri. Ascolto di quello che ci viene detto nel primo caso, ascolto profondo di noi stessi nel secondo.
Ma come possiamo davvero validare le sensazioni e le emozioni gli altri? La Dott.ssa Francesca Cervati ha indicato alcune strategie:
- Ascolta con attenzione l’altro, mantenendo il contatto visivo;
- Osserva ciò che l’altra persona prova in quel momento e cerca una parola che descriva quello stato d’animo;
- Rispecchia quello stato d’animo senza giudicarlo, ovvero allena la capacità di provare ciò che prova l’altro. L’obiettivo è che tu comprenda quello che prova l’altra persona (per esempio: “Capisco che tu sia arrabbiato! Capisco che stai passando un momentaccio!”);
- Mostrati tollerante! Cerca il motivo per cui gli stati d’animo, i pensieri o le azioni hanno un senso, considerato il passato e la situazione attuale dell’altro, anche se non approvi quello stesso comportamento o quell’azione;
- Rispondi (con o senza parole) dimostrando che stai prendendo sul serio l’altra persona: per esempio “Ma è terribile!”, oppure chiedendo: “Di cosa hai bisogno adesso? Che ti ascolti o che ti aiuti a risolvere il problema?”.
Cosa fare, invece, quando siamo noi le vittime di invalidazione emotiva? Quando i nostri sentimenti sono minimizzati o negati, è naturale volersi difendere o contrattaccare, ma questo è spesso l’obiettivo di chi utilizza l’invalidazione emotiva come strumento di manipolazione: mettere l’altro sulla difensiva e trascinarlo in una discussione inutile che distrae ulteriormente dai problemi reali.
La chiave non è farsi coinvolgere in un dibattito su chi ha ragione o torto, ma comunicare chiaramente i propri sentimenti ed esigere rispetto e validazione.
E quando siamo noi a invalidare noi stessi? L’auto-validazione è un processo fondamentale per il nostro benessere emotivo e parte dalla consapevolezza che le nostre emozioni e i nostri comportamenti in risposta a determinate situazioni non sono eccessivi o sbagliati ma «sensati e accettabili».
Invece di dire a noi stessi frasi invalidanti come «Non devo essere triste!» «Sono proprio stupido ad arrabbiarmi!», prosegue la Dott.ssa Cercati, dobbiamo cambiare prospettiva e validarci, dicendoci «Ho ragione a sentirmi triste!» o «Ci sta che io sia arrabbiato!».
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
Cosa ne pensi?