Rapine, accoltellamenti, risse, violenze sessuali, sparatorie. Le pagine della cronaca sono colme di notizie di questo genere. E, in un gran numero di casi, riguardano una fascia di popolazione da cui ci si aspetterebbe di tutto, tranne che la violenza: i giovani.

La violenza giovanile, anche a causa dell’isolamento provocato dalla pandemia negli ultimi due anni, è, infatti, in continua crescita e non cessa di preoccupare istituzioni, genitori, scuole e psicologi. Il motivo? Un confluire di fattori diversi, aggravati dalla percezione di complessiva disuguaglianza che vige nella società attuale e dalla sempre più crescente vulnerabilità, spesso invisibile o sottovalutata, di cui soffrono ragazzi e giovani adulti.

Vediamone i dettagli.

La violenza giovanile è un’emergenza?

La violenza, anche tra i membri della popolazione giovanile, esiste da sempre. Negli ultimi anni, tuttavia, essa ha visto un incremento significativo, differenziandosi dai reati di qualche anno fa per brutalità e incidenza.

Prima, però, è bene specificare le coordinate del discorso. Per violenza giovanile, infatti, si intende il ricorso alla violenza psicologica e/o fisica da parte di una o più persone, siano esse ragazzi (dai 10 ai 18 anni) o giovani adulti (dai 18 ai 25 anni), a danno di altre persone, animali o cose (vandalismo).

Tra le forme più rilevanti, vi sono senza dubbio le minacce di violenza, le lesioni, l’estorsione, le rapine, la coazione e il danneggiamento, dal graffitismo illegale all’imbrattamento di mezzi pubblici o locali.

A preoccupare maggiormente, tuttavia, è la violenza corporea, che si esprime mediante “regolamenti dei conti” svolti in autonomia o sotto forma di baby gang (con sparatorie, accoltellamenti, ferite gravi, adescamenti e persino omicidi), accompagnata da violenze verbali e psicologiche altrettanto gravi e spesso preludio di quelle fisiche.

Le cause della violenza giovanile

Ma quali sono le cause di questa acuita violenza giovanile? Come sottolinea Claudia Giudici, Garante dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Emilia Romagna:

Si è persa la dimensione sociale della scuola, e nella vita extrascolastica si rilevano due reazioni opposte ed estreme: c’è chi ha smesso di uscire e chi, invece, si sfoga “spaccando” tutto. Emergono forme d’ansia, attacchi di panico, esuberi di fisicità o confinamenti nei social. Saltano gli equilibri familiari, crescono violenza domestica e disagio giovanile.

Tra le cause principali della violenza giovanile, infatti, vi è proprio la sensazione di esclusione che si percepisce negli ambienti scolastici, cui si accompagnano le difficoltà dell’apprendimento, problemi di salute mentale, una bassa autostima, l’utilizzo massiccio di alcol e droghe, il generale disagio emotivo e, nel complesso, un atteggiamento aggressivo aggravato dal “branco” e dalle aspettative sociali derivanti da quest’ultimo.

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Alla base delle violenze vi è, dunque, spesso un desiderio di riconoscimento sociale, che conduce i giovani a tentare di ottenere una posizione di supremazia, rispetto e stima attraverso atti violenti e soprusi. Mancanza di sicurezza, invidia, rabbia repressa, noia, frustrazione e paure contribuiscono, poi, ad arricchire i sentimenti legati alla violenza, cui si ricorre cercando di riempire il vuoto interiore e di sovrastarlo agendo sugli altri o contro se stessi.

Violenza giovanile e l’impatto del Covid

Sensazioni che, come si può intuire, sono state particolarmente esacerbate dal periodo di pandemia occorso negli ultimi due anni, dove lockdown, distanziamento e scarsità di occasioni di incontro e dialogo hanno peggiorato condizioni già precarie e vulnerabili.

La chiusura prolungata delle scuole e dei luoghi di aggregazione ha, infatti, portato i soggetti più sensibili a stati di aggressività notevoli, collaborando ad aumentare gli episodi di adescamento online e i reati commessi sempre in via telematica.

A incrementare la violenza sono state, inoltre, le emozioni scaturite dall’isolamento dei lockdown e dall’impatto della pandemia, ossia ansia, stress, paura, depressione. Fattori che hanno reso molto più complicato distrarsi da se stessi e dalle generali incertezze del periodo storico, soprattutto in relazione al lavoro, alla salute dei propri cari e al futuro in generale.

L’assenza di attività sociali, tra cui sport, spettacoli, concerti e similari, ha, infine, sottratto le occasioni di supporto reciproco e appagamento comunitario, portando gli individui già “predisposti” alla violenza a stati più aggravati.

La violenza giovanile di genere

Tra i quali non manca, naturalmente, la violenza di genere. La situazione pandemica ha, infatti, visto un acuirsi anche dei casi di molestie sessuali online, come revenge porn, discriminazioni e stereotipi di genere ai danni delle giovani donne e cyberbullismo.

Come ha specificato Paolo Ferrara, Direttore Generale dell’Osservatorio di Terre des Hommes:

La violenza sulle donne e sulle ragazze sta esplodendo sempre di più, anche a causa del lockdown. Un’emergenza nell’emergenza che cresce all’interno delle nostre case e corre sul web, ma che trova anche in altri luoghi un terreno avvertito come sempre più fertile. I ragazzi, e soprattutto le ragazze, ne sono consapevoli, percepiscono la violenza e la discriminazione di genere come un’urgenza su cui intervenire e vogliono essere protagonisti in prima persona di un cambiamento che avvertono sempre più centrale, sia a livello locale, sia a livello mondiale.

Nonostante la forte consapevolezza di femminicidi e violenza contro le donne, tuttavia, sono ancora molti i casi di soprusi perpetrati anche tra i giovanissimi, cui si affiancano, come accennato, anche episodi di maltrattamenti online, molestie sessuali, diffusione di video e foto senza il consenso delle ragazze interessate e abusi di potere, sia in gruppo (come nel caso dello stupro avvenuto a Capodanno a Roma), sia singolarmente.

Come rispondere alla violenza giovanile?

Ma come si può superare questa situazione di crisi tra i giovani d’oggi? Uno degli strumenti più idonei è, senza dubbio, quello di solidificare la capacità di rispondere – e, di conseguenza, risolvere – ai conflitti, in modo tale da sedare reazioni aggressive e problemi di disciplina.

Per farlo, è opportuno lavorare a stretto contatto con i giovani, attuando politiche di prevenzione della violenza che interessino scuole, associazioni e luoghi di aggregazione e consentano anche di intervenire precocemente sui casi più a rischio.

Senza dimenticare, naturalmente, il ruolo primario ricoperto dalla famiglia, nucleo nevralgico delle tensioni e delle aggressività anche più nascoste e spazio d’elezione in cui poter mettere in atto pratiche di prevenzione, cura e gestione della violenza – mediante vicinanza, presenza, attenzione e domande mirate.

E se tutto questo non fosse sufficiente, naturalmente la soluzione più idonea si configura come quella di rivolgersi direttamente ai centri messi a disposizione dalle città, promuovendo offerte ricreative e supporti ai giovani che vivono situazioni problematiche e che possono, così, entrare in contatto con gli specialisti del settore, capaci di mettere a punto strategie efficaci e incisive.

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