Come si calcola la propria impronta idrica e come si riduce
Calcolare l'impronta idrica può aiutarci a capire come viene utilizzata l'acqua e, soprattutto, a ridurne il consumo.
Calcolare l'impronta idrica può aiutarci a capire come viene utilizzata l'acqua e, soprattutto, a ridurne il consumo.
L’impronta idrica misura la quantità di acqua utilizzata per produrre ciascuno dei beni e servizi che utilizziamo. Può essere misurata per un singolo processo – ad esempio la coltivazione di un cereale –, per un prodotto – come il paio di jeans che vorremmo comprare –, per il carburante che mettiamo nella nostra auto e addirittura per i consumi di un’intera multinazionale.
L’impronta idrica può anche dirci quanta acqua viene consumata da un determinato paese – o globalmente – in uno specifico bacino fluviale o da una falda acquifera.
A sviluppare il concetto di impronta idrica è stato Arien Y. Hoekstra, professore all’Università di Twente, che ha rielaborato l’idea del contenuto di acqua virtuale (virtual water content) – teorizzata nel 1993 da John Anthony Allan – all’interno di una serie di attività promosse dall’Unesco.
L’impronta idrica prende in considerazione l‘uso dell’acqua sia diretto che indiretto di un processo, prodotto, azienda o settore e include il consumo di acqua e l’inquinamento durante l’intero ciclo di produzione dalla catena di approvvigionamento all’utente finale.
È anche possibile utilizzare l’impronta idrica per misurare la quantità di acqua necessaria per produrre tutti i beni e i servizi consumati dall’individuo o dalla comunità, da una nazione o dall’intera umanità. Ciò include quella diretta, che è l’acqua utilizzata direttamente dagli individui e quella indiretta, la somma delle impronte idriche di tutti i prodotti consumati.
L’impronta idrica, inoltre, ha tre componenti: verde, blu e grigia.
Il Water Footprint Network ha messo a disposizione sul proprio sito il Global Water Footprint Standard, che permette di raffrontare i diversi studi grazie a metodi e definizioni per calcolare l’impronta idrica e valutarne la sostenibilità.
Sul sito, sono inoltre presenti diversi calcolatori per calcolare l’impronta idrica personale e una serie di tool interattivi per comprendere come l’acqua viene utilizzata per uso umano e per conoscere il valore associato a molti cibi e prodotti che utilizziamo quotidianamente
Quello alimentare è uno dei settori a più alto consumo idrico: il 70% dell’approvvigionamento idrico mondiale è infatti utilizzato nel settore agricolo. Alcuni prodotti, però, hanno un’impronta idrica molto elevata, non solo la carne, in particolare quella di manzo, che è conosciuta come uno dei cibi che richiedono un maggior consumo d’acqua per la sua produzione.
L’impronta idrica del manzo è infatti 15.415, un numero molto elevato se pensiamo che il pomodoro, ad esempio, ne ha una di 214. Ma altri alimenti di uso comune hanno tassi lt/kg simili, se non superiori:
Anche molti prodotti non alimentari hanno un’impronta idrica molto elevata: è il caso della pelle bovina la cui produzione, oltre a non essere etica da un punto di vista ambientale, ha un’impronta idrica di 17.093.
Anche gli oggetti che usiamo ogni giorno, però, possono avere un impatto profondo sul consumo d’acqua. Come lo smartphone da cui forse state leggendo questo articolo, che ha un’impronta pari a 12.760, o, ad esempio:
Ogni consumatore in media consuma fino a 5 000 litri di acqua ogni giorno, una quantità che varia da 1.500 a 10.000 litri al giorno, a seconda di dove vive e di cosa mangia.
L’impronta idrica personale – che misura l’acqua utilizzata per coltivare il cibo che mangiamo, per produrre l’energia che usiamo e per tutti i prodotti della nostra vita quotidiana: libri, musica, casa, auto, mobili e i vestiti che indossiamo – permette di misurare l’impatto di ognuno e di capire come ridurlo, facendo ognuno la propria parte per trovare una soluzione alla crisi idrica.
Pochi piccoli cambiamenti, infatti, possono ridurre il consumo d’acqua. Un esempio? L’impronta idrica di 200 grammi di carne bovina equivale a 47 docce di otto minuti e utilizza quattro volte più acqua rispetto alla stessa quantità di carne di pollo. Se una coppia mangiasse pollo anziché manzo, in un anno ridurrebbe i consumi di ben 450.000 litri.
Le verdure hanno un’impronta idrica ancora più piccola, così come il tè rispetto al caffè. Non è necessario diventare vegetariani – o non mangiare mai carne di manzo – né farsi prendere dall’eco-ansia ma è importante variare la dieta acquistando consapevolmente, scegliendo di mangiare più frequentemente cibi con un’impronta minore.
Il cibo non è che uno degli aspetti da considerare: lo stesso principio può essere applicato a tutto ciò che consumiamo. La parola chiave è consapevolezza.
Ovviamente non è tutto nelle mani dei singoli, anzi. Il modo in cui i prodotti che consumiamo vengono prodotti influisce profondamente sull’impronta idrica, per questo è necessario non solo incoraggiare le aziende a rivelare l’impronta idrica e la sostenibilità dei loro prodotti, ma preferire quelle che la utilizzano in maniera responsabile e fare pressione sui governi per una gestione sostenibile delle risorse idriche.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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