"Il mio grande crimine è aver studiato": la lettera di Constance Pascal al fratello
È stata capace di affermarsi in un campo dominato dagli uomini, rivoluzionandolo. Eppure, Constance Pascal non era la donna che la sua famiglia voleva.
È stata capace di affermarsi in un campo dominato dagli uomini, rivoluzionandolo. Eppure, Constance Pascal non era la donna che la sua famiglia voleva.
Una professionista, una psichiatra, una ricercatrice nel campo delle malattie mentali che ha rivoluzionato l’approccio alla cura dei pazienti psichiatrici, nonché una madre single in un’epoca in cui solo le donne non conformi non prendevano marito. Constance Pascal è stata tutto questo, e molto altro: una figura capace di lottare contro gli stereotipi e le leggi che riservavano l’accesso alla professione medica ai soli uomini e, grazie alla sua forza, una persona capace di cambiare il corso della storia della psichiatria. Eppure, per i suoi familiari non è stata altro che una delusione.
Il mio grande crimine è aver studiato. Nella mia famiglia la mia educazione era considerata un ornamento inutile e costoso. Se fossi rimasta con mia madre e avessi sposato un ufficiale di cavalleria, la famiglia avrebbe speso tre volte quello che ha speso per i miei studi (in dote) ma non mi avreste mai dato la colpa.
Così scriveva al fratello Tristan nel 1912, sottolineando ancora una volta quanto le sue scelte di vita l’avessero obbligata a combattere contro il volere della sua famiglia, che la voleva, semplicemente, una donna sposata. Una donna come tutte le altre.
Nata il 22 agosto 1877 a Pitesti, in Romania, Pascal era figlia di un proprietario terriero. Dopo la scuola secondaria le fu impedito di continuare gli studi, ma alla morte del padre la famiglia le diede il permesso di ottenere una qualifica professionale e grazie all’eredità del padre intraprese gli studi di medicina.
Nel 1897, appena ventenne, si trasferì a Parigi per continuare gli studi; lì, grazie alla battaglia femminista di Madelaine Pellettier, poté diventare la prima stagista in un ospedale psichiatrico, un ruolo che fino a quel momento era stato riservato unicamente agli uomini.
Nel 1902, infatti, l’attivista femminista Madeleine Pelletier, dopo essere stata interdetta dall’esame per diventare una stagista psichiatrica, organizzò una campagna per consentire alle donne di sostenere l’esame pubblico per ottenere il posto. L’anno successivo, Pascal e Pelletier furono le prime due donne ad essere accettate.
Quella non fu che una delle “prime volte” di Constance Pascal: nel 1908, dopo aver scritto diversi articoli scientifici di successo, sostenne e superò l’esame per un posto permanente come psichiatra. Era la prima donna a farlo. Nemmeno venti anni dopo, dopo essere diventata medico capo nel 1925, divenne la prima donna in Francia a dirigere un istituto psichiatrico, quello di Moiselles.
Nel 1916 era diventata madre di Jeanne, che essendo frutto di una relazione adulterina tra Pascal e il comandante della 6a brigata dell’esercito Justin Mengin, fu registrata come “figlia di padre e madre senza nome”. Ufficialmente, era orfana e lo sarebbe rimasta fino al 1924, quando sarebbe stata adottata formalmente. Ufficiosamente, Pascal crebbe sua figlia con l’aiuto dell’amica Jeanne Streicher e del generale Mengin.
Il suo contributo alla psichiatria è spesso passato sottotraccia, eppure durante la sua carriera ha lavorato in sei ospedali psichiatrici e il suo lavoro ha spaziato tra la categorizzazione descrittiva delle manifestazioni esterne della malattia mentale, ai trattamenti sperimentali con terapia d’urto e, infine, a un approccio psicoanalitico alla sofferenza affettiva. La sua ricerca è ben documentata da numerose e autorevoli pubblicazioni.
Pascal si batté contro le punizioni corporali e le camicie di forza, cercò di assicurare a tutti i malati stanze e vestiti puliti, vitto adeguato. La sua battaglia si spostò anche sui giornali, dove cercò sempre attraverso articoli e interviste di portare l’attenzione sulla sofferenza malati di mente, denunciando con forza lo stigma e la discriminazione che vivevano, sostenendo molto prima che lo facesse la medicina ufficiale che in molti casi la soluzione alla malattia non era l’internamento in manicomio.
Si interessò in particolare dei bambini affetti da disturbi mentali, soprattutto dei meno abbienti per cui creò anche particolari strutture di assistenza, tra cui il primo istituto medico-pedagogico a Chalons Sur Marne.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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