Housing sociale: la via per permettersi casa e far parte di micro comunità smart
Un excursus sull'housing sociale, che permette di avere una casa innovativa e al tempo stesso di non vivere schiavi di un mutuo.
Un excursus sull'housing sociale, che permette di avere una casa innovativa e al tempo stesso di non vivere schiavi di un mutuo.
In un momento all’apparenza così solitario e individualista, in realtà la collettività gioca un grosso ruolo nel concetto di casa: è così che si fa strada il fenomeno dell’housing sociale.
Si tratta di una forma dell’abitare a metà strada tra quella che chiamiamo edilizia popolare ed edilizia residenziale di lusso. Ma non si tratta solo e semplicemente di edilizia, perché l’housing sociale è un’esperienza che racchiude diversi aspetti. Ai fini normativi, è regolato dal decreto ministeriale 3904 del 22 aprile 2008, in cui si legge
È definito “alloggio sociale” l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. L’alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie.
Per capire meglio di cosa si tratta, vale la pena citare quali siano gli aspetti innovativi dell’housing sociale. In altre parole non parliamo solo di appartamenti a costi ridotti rispetti ad altri ma con standard abitativi di qualità, parliamo di molto altro. E cioè l’housing sociale mira a
L’housing sociale è una sorta di componente fondamentale per la smart city. Con le sue finalità ecosostenibili, questo tipo di edilizia sarà l’unità con cui misureremo la città di domani.
Le smart city sono infatti pensate per ospitare delle abitazioni che abbiano consumi “intelligenti” in termini di energia. Niente sprechi, consumi bassi o addirittura autarchici: il che si adatta perfettamente con il modo in cui le case dell’housing sociale sono infatti progettate.
In Italia questa forma di edilizia trova il suo compimento grazie ad alcuni canali bancari (Cariplo, San Paolo, eccetera), alla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), oppure enti locali, come comuni o regioni (per esempio il Comune di Milano e la Regione Lombardia).
È molto importante che esistano questo tipo di possibilità: dopo la crisi economica del 2009 e dopo il disastro economico che la pandemia ha portato con sé, in Italia quello della casa è un grosso problema: il nostro mercato immobiliare, specifica la Cdp, è “tradizionalmente caratterizzato da un livello di proprietà immobiliare tra i più alti d’Europa (vicino al 70%) e da un mercato locativo illiquido e lento”.
Stando ai dati della Cdp, quasi il 60% degli italiani considera le spese per l’immobile molto pesanti, mentre il 20% vive in casi con strutture danneggiate o riscaldamenti inadeguati. Ma non tutte queste persone hanno accesso all’edilizia popolare e sono in una sorta di limbo: troppo “ricche” per la casa popolare, troppo “povere” per un alloggio residenziale di lusso.
Per questo l’housing sociale ricopre una particolare importanza nel Belpaese, perché può consentire alla classe media, soprattutto ai giovani, di abitare una casa degna di questo nome e al tempo stesso non dover richiedere un mutuo troppo oneroso, con il duplice rischio di non ottenerlo o non riuscire a pagarlo.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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