Come la peer education può aiutare a contrastare le dipendenze giovanili
Cosa c'è da sapere sulla peer education: i suoi vantaggi, l'utilizzo all'interno della scuola e la possibilità di prevenire e contrastare le dipendenze giovanili.
Cosa c'è da sapere sulla peer education: i suoi vantaggi, l'utilizzo all'interno della scuola e la possibilità di prevenire e contrastare le dipendenze giovanili.
Molte delle informazioni su questo strumento metodologico vengono dalla Regione Lombardia, che si sta orientando per aiutare i giovanissimi a scuola e fuori dalla scuola.
Si tratta di uno strumento metodologico in cui gli adolescenti apprendono all’interno di un gruppo di pari. In altre parole il tutor loro designato ha la loro stessa età oppure presenta delle affinità in termini di interessi, provenienza socio-culturale o esperienze.
Il termine viene chiamato infatti in italiano “educazione tra pari”, anche se education è un falso amico e forse dovremmo parlare di istruzione. Ma al tempo stesso questo meccanismo non riguarda l’istruzione tout court, o meglio, a livello ideale, è così che l’istruzione dovrebbe essere sempre: uno scambio tra docente e discente in cui ognuno apprende dall’altro.
Ma chi si occupa di peer education non sempre è un insegnante, anzi quasi mai lo è, tanto più che talvolta si può trattare di un minore: un tutor può essere infatti un coetaneo del ragazzo interessato alla metodologia, magari qualcuno che ha già passato delle problematiche simili e le ha superate brillantemente.
Perché secondo questa metodologia non conta un concorso o un titolo, ma un passato comune, un’esperienza condivisa, un retroterra culturale e sociale affine. E una vocazione.
I vantaggi possono essere diversi:
Naturalmente la peer education può svolgere un ruolo fondamentale nella scuola, anche perché gran parte dei suoi fruitori sono appunto adolescenti, ovvero persone in età scolare. Per capire meglio l’efficacia di questo particolare tipo di tutoring nella scuola, proviamo solo a immaginare quale sia l’approccio scolastico tradizionale.
C’è una classe di ragazzi, in numero compreso tra 20 e 30 generalmente, e questi ragazzi vedono susseguirsi, ora dopo ora, diversi insegnanti dietro una cattedra. E, per quanto magari un singolo insegnante possa dedicarsi e fare più del suo dovere, c’è sempre un programma da rispettare, una distanza con gli studenti, sia dal punto di vista anagrafico (anche se in tal senso le cose potrebbero iniziare a cambiare in Italia con gli attuali sistemi di reclutamento dei docenti) sia dal punto di vista fisico (cioè la distanza tra i banchi e la cattedra), psicologico, sociale.
Un tutor alla pari cambia radicalmente il punto di vista: si sta a tu per tu con l’adolescente o in gruppi comunque più ristretti rispetto a una classe tradizionale, si affrontano tematiche meno tradizionali o non limitate ai programmi di studio, e naturalmente c’è meno distanza, anagrafica e in termini di interessi e provenienza socio-culturale tra tutor e ragazzi. Va da sé che attuare programmi di questo genere all’interno della scuola, istituirli nel vero senso della parola, può risultare decisamente efficace, proprio perché la scuola ha una sua fisicità e una sua istituzionalità.
Accennavamo al fatto di come la peer education possa essere cruciale nella prevenzione e nella risoluzione di problematiche connesse alle dipendenze. Va da sé che i tutor possiedono una formazione o delle competenze specifiche in merito, e tra l’altro vengono ritenuti più credibili dagli adolescenti: non sono né insegnanti né medici, ma solo loro pari, persone giovani che cercano di affrontare le difficoltà della vita insieme.
È così che i tutor vengono visti dai ragazzi e questo approccio li agevola moltissimo in termini di efficacia del loro lavoro. Si legge sulla sezione Promozione salute della Regione Lombardia:
L’Educazione tra Pari rappresenta anche un efficace strumento per orientare gli interventi di prevenzione in termini di equità. È infatti noto che molto spesso sono le persone con più risorse (economiche, relazionali, culturali ecc.) ad usufruire in misura maggiore dei programmi di prevenzione e promozione della salute, rispetto a gruppi di popolazione con bisogni di salute più consistenti (spesso si tratta di soggetti particolarmente fragili e vulnerabili) ma più difficilmente ingaggiabili/raggiungibili (bassa literacy, isolamento, tradizioni culturali, gruppi sociali, pregiudizi, ecc.). Quando questo succede l’“effetto netto” degli interventi, paradossalmente, è di aumentare le disuguaglianze in salute, anziché ridurle. […] In questo contesto l’Educazione tra Pari rappresenta quindi uno strumento ideale per diminuire gli effetti della vulnerabilità dovuta alle disuguaglianze in quanto interviene sull’incremento di competenze sulla salute. Infatti, l’attivazione del ruolo educativo “tra pari” in rappresentanti di gruppi sociali svantaggiati (che con loro condividono esperienze, valori e linguaggi, …) può rappresentare un “ponte” efficace per portare all’interno di queste comunità messaggi di salute che diventano accettabili e credibili, migliorando le condizioni di salute dell’intero gruppo .
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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