"Non fu suicidio": la morte di Tiziana Cantone 6 anni dopo
Tiziana Cantone potrebbe non essersi suicidata: sono passati 6 anni dalla morte della prima vittima accertata di revenge porn in Italia, e da qualche mese le indagini sono state riaperte.
Tiziana Cantone potrebbe non essersi suicidata: sono passati 6 anni dalla morte della prima vittima accertata di revenge porn in Italia, e da qualche mese le indagini sono state riaperte.
Tiziana Cantone potrebbe essere stata uccisa. È questa la nuova ipotesi che sarebbe emersa in seguito alla perizia giurata firmata dal professor Mariano Cingolani, docente ordinario di Medicina Legale dell’Università di Macerata che in passato ha avuto un ruolo da consulente anche nel processo Meredith Kercher.
Secondo il nuovo esame sul corpo di Tiziana sarebbero presenti due lesioni, provocate in tempi diversi: una compatibile con un tentativo di strangolamento, e l’altra, successiva, in linea con l’impiccamento. Per Cingolani dunque il fatto che la ragazza sia stata trovata con una pashmina legata intorno al collo non sarebbe che un tentativo di dissimulare o, quantomeno, rendere meno evidente la prima modalità lesiva, quella appunto dello strangolamento. A corroborare la nuova tesi anche un taglio, di circa 2 centimetri, sul lato destro del mento di Tiziana Se le teorie del professore fossero esatte, naturalmente non si potrebbe più parlare di suicidio.
Nel frattempo, nel maggio del 2022 il video di Cantone, rimosso dal web, è riapparso su alcuni siti, come riportato da Il Fatto Quotidiano, a opera di una società tedesca, con una caption decisamente macabra: “Il video trapelato della defunta Tiziana, che si è suicidata dopo che è stato diffuso su Internet. Goditi il filmato”. Anche in questo caso, come negli anni precedenti, è stata chiesta la rimozione immediata del video, per garantire il diritto all’oblio più volte invocato dalla madre di Tiziana Cantone.
Tiziana Cantone è stata ritrovata impiccata nella cantina della casa di una zia a Mugnano, nella provincia napoletana, il 13 settembre 2016. Può essere considerata la prima vittima accertata di revenge porn, e proprio il suo caso ha smosso l’opinione pubblica al punto da accelerare la penalizzazione del reato, poi ufficializzata con la Legge n. 69 del 19 luglio del 2019, meglio nota come Codice rosso.
È stata la mamma di Tiziana, Maria Teresa Giglio, a spingere per la riapertura del caso, sostenuta anche dallo studio Emme Team (un gruppo di investigatori informatici con sede a Chicago e Los Angeles). A convincere la Procura di Napoli Nord alcuni elementi scoperti, nel gennaio del 2021, proprio dalla Emme Team: ad esempio, il fatto che lo smartphone della ragazza sia stato acceso, sbloccato e utilizzato per più di un’ora dopo il sequestro, in seguito al ritrovamento del corpo. Un nuovo accesso, sostennero all’epoca i consulenti del team americano, sarebbe stato effettuato tre giorni dopo la morte di Tiziana, nonostante, secondo il perito nominato dalla Procura, il telefono fosse inaccessibile a causa del pin, così come il tablet: entrambi sarebbero stati manomessi mentre erano in custodia giudiziaria, e i dati sarebbero stati cancellati; per questo motivo è stato aperto un fascicolo per frode processuale.
Ma a far propendere la Procura per l’ipotesi di omicidio – attualmente contro ignoti – anche due DNA maschili che sarebbero stati ritrovati sulla pashmina avvolta intorno al collo della ragazza. Per questi motivi, nel maggio del 2021 viene decisa la riesumazione del corpo di Tiziana, su cui non è mai stata eseguita l’autopsia, fissata per l’8 giugno.
Come detto la mamma di Tiziana, Maria Teresa Giglio, ha scelto di affidarsi all’Emme Team, che negli ultimi anni si è occupata di molti casi di cronaca nera, da Mario Biondo fino a Marco Vannini, riuscendo spesso a far riaprire le indagini. Secondo la signora Giglio il gruppo di investigatori americano sarebbe riuscito a far sparire ogni video di Tiziana dal web, grazie al metodo “Emme”, risalendo all’Ip di chi li aveva caricati e inviando tutto al Dipartimento di giustizia statunitense.
Sull’operato del trade mark, che opera sotto la legislazione statunitense, in tempi recenti Roberta Rei in un servizio per Le Iene ha posto alcuni interrogativi: a partire dall’identità del titolare dell’emme Team, John Peschiera, un italoamericano il cui nome non risulta in nessun documento ufficiale e che potrebbe invece chiamarsi Henry Iovine (ma anche questa identità è risultata falsa, sia per l’anagrafe di Milano, indicata in un documento come città natale, sia per un’agenzia investigativa americana).
Anche le tracce di DNA rinvenute sulla pashmina da un’analisi di un tecnico collaboratore dell’Emme Team, il professor Vincenzo Agostini, secondo Rei, non possono essere datate temporalmente con certezza per stessa ammissione dell’esperto, e potrebbero essere quindi precedenti alla morte di Tiziana, o persino successive, visto il gran numero di mani da cui è passata dopo il ritrovamento del corpo della ragazza.
Perplessità su Emme Team, del resto, erano state sollevate in precedenza anche in un articolo di Selvaggia Lucarelli per TPI:
[…] Telefono alla criminologa Roberta Bruzzone chiedendo se conosce EmmeTeam, perché non mi convince, e viene fuori che lei, l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace e la psicologa Maria Rita Parsi sono state truffate da questa sedicente società che promette di far recuperare diritti di opere come libri e canzoni ma in realtà non è una società, perché non esiste alcuna Emme Team tra le società registrate. Cosa che qualunque giornalista avrebbe potuto semplicemente verificare.
[…] Dal giugno 2020, ovvero quando ho scritto il primo articolo su Emme Team per cui ho ricevuto anche querela da un avvocato che evidentemente rappresenta Emme Team Italia (Luciano Faraone), ho avvisato molti colleghi che dovevano fare degli accertamenti sulla ‘società’ prima di continuare a scriverne, ma hanno continuato imperterriti. Allora provo a convincerli un’ultima volta: dietro ad Emme Team ci sarebbe un italiano che vive in America che ovviamente non si chiama né John Peschiera, né Henry Iovine, come da documenti falsi forniti all’avvocato De Pace, quando ‘Henry/John’ stipulò un contratto con lei promettendole di farle recuperare diritti rubati di sue pubblicazioni.
In realtà, questo Peschiera/Iovine, che ha usato una sua foto vera nel documento e che è apparso di persona via Skype alcune volte alla Bruzzone, alla De Pace e ad altre persone, si chiama Mirko Zeppellini e ha vissuto a Bresso. Peschiera è in realtà il nome di sua madre. In America ha avuto diversi problemi con la giustizia (truffe ed altro), è stato sottoposto a valutazione psichiatrica.
Dal canto suo, Emme Team ha risposto citando per danni sia Rei, che Lucarelli e, in generale, chiunque abbia fatto circolare “false notizie”, come si legge nel comunicato stampa riportato nella pagina Facebook ufficiale della società.
L’incubo per Tiziana Cantone comincia quando, il 25 aprile 2015, un amico le dice di averla vista in un video su un famoso sito porno. Lei riconosce quelle immagini, che aveva girato in maniera consensuale mentre aveva rapporti sessuali con uomini diversi dal suo fidanzato, Sergio Di Palo, e aveva poi inviato a una cerchia ristretta su WhatsApp e via social.
Dopo la segnalazione dell’amico Tiziana Cantone trova moltissime pagine in cui sono presenti quei video, oltre a gruppi Facebook dedicati a lei e profili fake che utilizzano il suo nome e alcuni frame tratti dalle clip. Vengono persino realizzati dei meme su di lei.
Nel maggio del 2015 Tiziana Cantone denuncia alla Procura la diffusione dei video, spiegando di aver intrattenuto delle relazioni con altri uomini in un momento di particolare fragilità e depressione, e di aver inviato loro le immagini di quei video. Antonio ed Enrico Iacuzio, Christian Rollo, e Antonio Villano i nomi degli accusati, che secondo Tiziana Cantone avrebbero diffuso i video su diversi siti porno. Nella denuncia, invece, non veniva fatta alcuna menzione a Sergio Di Palo, fidanzato di Cantone all’epoca dei fatti.
Dopo le indagini le accuse per diffamazione contro i quattro vengono però archiviate; la sola cosa che fa la Procura è disporre l’oscuramento dai motori di ricerca di video, immagini e commenti collegati a lei, ma questo accade solo con Facebook, Twitter, Yahoo, Google e YouTube, in virtù della loro funzione di social network.
Cantone presenta una memoria difensiva presentata al giudice civile di Aversa, il 13 luglio 2015, per richiedere la rimozione dal web di tutti i contenuti a lei collegati, confermando di aver “volontariamente e in piena coscienza” fatto quei video, e tutti i nomi delle persone coinvolte. Ciononostante, e nonostante il provvedimento di urgenza che aveva già ordinato la rimozione dal web di immagini e commenti lesivi della reputazione della ragazza, il giudice nega a Tiziana Cantone il diritto all’oblio, e la condanna a pagare le spese legali ai cinque siti citati, per un ammontare complessivo di 20 mila euro.
Per allontanare da sé il clamore mediatico Tiziana Cantone cambia il proprio cognome con quello materno, Giglio, e si trasferisce per un breve periodo in Toscana. Ma è tutto inutile: lo stigma e la vergogna non si arrestano, fino al tragico epilogo.
Poco dopo la morte di Tiziana Cantone è stata aperta un’indagine su una possibile istigazione al suicidio, in cui viene ascoltato anche Di Palo, ma nessuno viene iscritto nel registro degli indagati e il fascicolo è successivamente archiviato dal Gip. Tuttavia, nei confronti del fidanzato viene aperto un altro fascicolo, e nel dicembre del 2018 l’uomo viene rinviato a giudizio per calunnia, accesso abusivo a dati informatici e falso, per aver convinto Tiziana Cantone a querelare i quattro ragazzi, girando loro la responsabilità della diffusione dei video. Secondo Maria Teresa Giglio la figlia sarebbe vittima di un plagio da parte sua.
Il processo nei suoi confronti non si è ancora concluso.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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