Il quiet thriving è la nuova tendenza di lavoro dopo le “grandi dimissioni”
Invece di dire basta o mollare silenziosamente, impariamo a coltivare in silenzio piccoli cambiamenti, col quiet thriving
Invece di dire basta o mollare silenziosamente, impariamo a coltivare in silenzio piccoli cambiamenti, col quiet thriving
Da “to thrive”, traducibile con “crescere rigogliosamente”, “prosperare”, quiet thriving è un’espressione coniata dalla psicoterapeuta Lesley Alderman in un articolo per il Washington Post, che descrive i dipendenti che si assumono la responsabilità di apportare modifiche alla loro giornata lavorativa per provocare un cambiamento nel loro stato mentale, aiutandosi a sentirsi più coinvolti e più appagati dal proprio lavoro.
Piuttosto che apportare grandi cambiamenti che possono essere scoraggianti e difficili da sostenere, il quiet thriving consiste nell’apportare piccole modifiche incrementali che ispirano passione e produttività, dal prendere pause più brevi e divertenti o costruire amicizie con i colleghi, fino a celebrare e premiare i propri successi o trovare interesse per un particolare aspetto del lavoro di cui assumersi la responsabilità.
In quest’ottica, adottare il quiet thriving «significa fare tutto il possibile per trovare appagamento sul lavoro e rimanere motivati», ha spiegato a Stylist Miranda Kyte, esperta di tendenze di carriera presso Glassdoor, la piattaforma online che fornisce approfondimenti su posti di lavoro e aziende.
I vantaggi di questo approccio, aggiunge, sono duplici: «Avere una visione positiva e godere del proprio lavoro aumenta la tua autostima e migliora la tua salute mentale, mentre impegnarti pienamente nel tuo lavoro ti aiuta a raggiungere il tuo potenziale e a progredire nella tua carriera».
Il pensiero che sta alla base è che fenomeni come il quiet quitting rischiano di diventare un circolo vizioso, esacerbando i sentimenti negativi, alimentando il risentimento e portando alla mancanza di un senso di realizzazione e soddisfazione, rischiando di sfociare anche in burnout.
Nell’articolo in cui ha coniato il termine “quiet thriving”, Alderman ha indicato anche i dieci passi da fare per avere successo sul lavoro conciliandolo con il benessere personale:
Le persone tendono a sentirsi meglio quando agiscono: per coltivare il benessere, possiamo trovare qualcosa che è importante per noi e parlarne con il manager in modo amichevole e collaborativo per apportare un cambiamento.
Cerchiamo di ricordare cosa ci piace del nostro lavoro, scrivendolo su un post-it e rivedendolo e aggiornandolo quotidianamente.
Il concetto di job crafting, sviluppato dalle psicologhe organizzative Amy Wrzesniewski e Jane E. Dutton, incoraggia i dipendenti a “creare” un lavoro che sia più attraente per loro, con l’aiuto di un manager o da soli, implementando o inserendo le attività a loro più congeniali.
Una ricerca di Gallup afferma che i dipendenti che hanno uno stretto amico di lavoro hanno molte più probabilità di innovare, sentirsi coinvolti e divertirsi sul lavoro.
Invece di obiettivi, possiamo impostare delle intenzioni positive giornaliere, settimanali o annuali, lavorando attivamente per raggiungerle.
Se ci sentiamo “estranei” sul posto di lavoro, possiamo unirci ad altre persone che si sentono come noi, entrando a far parte di gruppi esistenti o creandone uno ex novo, dentro o fuori il posto di lavoro.
Essere ultra-impegnati è richiesto e glorificato dalla hustle culture, ma dobbiamo imparare a dire “stop” imponendo e rispettando i nostri confini invalicabili.
Prendersi anche solo 10 minuti per fare qualcosa di piacevole può aiutare a essere più produttivo dopo, secondo uno studio pubblicato sul Journal of Labor Economics.
Chiedere consiglio a un esperto
Un mentore di fiducia, un consulente di carriera, un coach per i dipendenti o un terapista specializzato in sfide professionali possono aiutarci a disegnare un piano di miglioramento del lavoro o, se non funziona, una strategia per cambiarlo.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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