Bed rotting: il 'trend' di passare le giornate a letto o davanti a smartphone e tv
Il bed rotting è un fenomeno dilagante, che coinvolge soprattutto la Generazione Z: in cosa consiste, quali sono le cause e come uscirne o non entrarne affatto.
Il bed rotting è un fenomeno dilagante, che coinvolge soprattutto la Generazione Z: in cosa consiste, quali sono le cause e come uscirne o non entrarne affatto.
C’è però chi usa il letto troppo a lungo, per svolgere altre attività: il fenomeno prende il nome di bed rotting. Ma attenzione, non va confuso con quelle giornate che potrebbero essere capitate soprattutto da giovani, in cui si resta a letto esausti per recuperare il sonno perduto.
L’espressione anglofona significa letteralmente “putrefarsi a letto”. Indica coloro che bivaccano per tempi prolungati nel proprio giaciglio, magari dandosi al binge watching, sgranocchiando snack o scrollando compulsivamente nella feed dei propri canali social.
Il bed rotting è un fenomeno volontario all’inizio, anche se poi rischia di travolgerci, quasi al limite della dipendenza. È quindi diverso da altri fenomeni di autosegregazione, come per esempio la sindrome di hikikomori, che porta le persone a chiudersi tra le mura di una stanza e rifiutare il mondo esterno.
Oppure anche dai neet, ossia le persone giovani che non studiano e non lavorano, perché non la società non riesce a dare loro motivazione e gratificazione. Tuttavia anche hikikomori e neet possono incorrere nel bed rotting, sebbene questi fenomeni siano scollegati tra loro.
Secondo Health, il fenomeno interessa maggiormente la Generazione Z, ovvero i nati tra il 1997 e il 2012, che potrebbero sentirsi esausti dalle istanze della famiglia, della scuola, del lavoro o della società. Una sorta di stanchezza relativa agli equilibri che tutti devono mantenere, in un mondo che colpevolizza l’inattività, perché bisogna correre.
E se questo riposo avviene a piccole dosi, senza lasciare che prenda il sopravvento, va anche bene, perché può portare al sollievo dello stress, al rilassamento.
Il problema diventa la durata del bed rotting. Autoisolarsi nel proprio letto, alla lunga può portare infatti alla depressione o ad altri problemi di salute mentale, come per esempio disturbi dell’umore: siamo animali sociali, e abbiamo bisogno di stare con gli altri, comunicare vis a vis, essere impegnati nelle attività, perfino in senso schopenhaueriano.
La ricetta per fermarsi in tempo è sempre la consapevolezza, il non lasciarsi travolgere dal bisogno di riposo. Secondo Sleepopolis, è possibile che il bed rotting sia inoltre una conseguenza dell’inattività, autoalimentata, legata alla passata pandemia (e ai conseguenti lockdown) di Covid-19.
Ci sono delle azioni che possono aiutare nella consapevolezza e quindi a non incappare nel bed rotting:
In altre parole si può cercare di rendere produttiva e stimolante quella che per gli altri è inattività. In questo modo non si avvertirà come trauma il passaggio da uno stato totale di noia e di passività a quello di attività tipico dello studio e del lavoro, dei doveri famigliari e altro. In questo modo si impedirà quindi al bed rotting di autoalimentarsi, di diventare una ruota perversa dalla quale non riusciamo a uscire.
Se però il bed rotting ci travolge e finiamo per svilupparne comunque consapevolezza, possiamo chiedere un aiuto psicologico, in particolare se avvertiamo che questo sta influendo sulla nostra salute mentale. Chiedere un consulto a uno psicoterapeuta fa sempre bene, tanto più che bisogna alzarsi dal letto, per poi sdraiarsi su quello dello psicologo, sempre che ne abbia uno (dato che è un po’ uno stereotipo nell’immaginario collettivo).
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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