Cosa significa fare prebunking: differenze dal debunking e 6 consigli per farlo bene
Per combattere le fake news non basta smentirle, dobbiamo imparare a prevenirle. Ecco come funziona il prebunking.
Per combattere le fake news non basta smentirle, dobbiamo imparare a prevenirle. Ecco come funziona il prebunking.
Il termine “prebunking” (detto anche “inoculazione”) si riferisce a una strategia proattiva volta a prevenire la diffusione di false informazioni. Come vedremo, contrariamente al debunking – che si concentra sulla smentita di notizie che hanno già circolato – il prebunking punta a preparare le persone ad affrontare la disinformazione prima che si diffonda e ad adottare una mentalità critica nei confronti delle informazioni ricevute.
Questo approccio si è diffuso dopo che Google ha lanciato brevi video per mettere in evidenza le tecniche manipolatorie basate su bias e fallacie logiche comunemente utilizzate per pubblicare fake news su Internet, così da mettere in guardia le persone e aiutarle a riconoscerle. In che modo?
Dobbiamo immaginare la disinformazione come un virus, che si diffonde e fa si che le persone agiscano in un certo modo. Restando all’interno della similitudine, l’obiettivo del prebunking è quello di agire come il vaccino, che impedisce la diffusione del virus, in questo caso aiutando le persone a filtrare e distinguere ciò che può essere reale o falso.
Il termine “fake news”, ormai entrato nel lessico comune, indica informazioni deliberatemente false o distorte che possono essere diffuse attraverso i social media, i siti web e altri canali online.
Le fake news possono influenzare le opinioni pubbliche, minare la fiducia nelle istituzioni e persino avere impatti sulla salute e sulla sicurezza. Secondo il World Economic Forum, la disinformazione e la cattiva informazione sono le più grandi minacce alla stabilità globale nel 2024.
Secondo il rapporto Censis diffuso nel luglio 2023, il 76,5% degli italiani crede che le fake news siano sempre più sofisticate e difficili da scoprire. Una situazione che diventerà ancora più complicata man mano che l’intelligenza artificiale si diffonderà sempre di più: 3 italiani su 4, infatti, ritengono che renderà ancora più difficile controllare la qualità dell’informazione, anche se per il 58,9% degli intervistati l’Ai può rappresentare uno strumento a supporto dei professionisti della comunicazione.
Mentre il prebunking si concentra sulla prevenzione della diffusione di false informazioni attraverso l’educazione e la preparazione anticipata, il debunking si occupa della smentita e alla correzione di informazioni errate già diffuse.
Entrambe le strategie sono cruciali nella lotta contro le fake news, ma il prebunking può essere particolarmente efficace nel ridurre la suscettibilità delle persone alla disinformazione, perché interviene in un momento in cui non sono ancora state esposte alle informazioni false e quindi non le hanno ancora assorbite o ne sono state convinte.
Il sito Prebunking with Google spiega che
i messaggi di prebunking sono ideati per aiutare le persone a identificare e resistere ai contenuti manipolatori. Avvertendo le persone e rendendole in grado di individuare e rifiutare argomenti fuorvianti, questi messaggi aiutano gli spettatori a diventare resilienti nei confronti di futuri messaggi manipolatori.
Questo accade per diversi motivi. Questa strategia è uno strumento di educazione preventiva, perché mira a educare le persone sulle tattiche di manipolazione dell’informazione e a intercettarle prima che si diffondano. Inoltre, incoraggia lo sviluppo del pensiero critico, aiutando le persone a valutare in modo più accurato le fonti di informazione e i contenuti con cui entrano in contatto.
Questo aumenta la loro resilienza, perché preparare le persone ad affrontare la disinformazione può rendere più difficile per le fake news radicarsi nelle loro convinzioni.
Secondo Science, gli individui in grado di identificare correttamente una tecnica di manipolazione sono aumentati in media del 5% dopo la visualizzazione di un video di prebunking.
Perché funzioni, però, deve essere fatto su narrative o tecniche manipolatorie che possono essere anticipate e rivolgendosi a utenti prima che siano stati convinti a credere in qualcosa.
Nella sua guida al prebunking, Google indica 5 elementi da tenere sempre in mente per fare debunking in modo corretto. Prima di vederle, però, ci sono 3 requisiti fondamentali che dovrebbero essere rispettati da parte di chi vuole attuare questo tipo di strategia: competenza per parlare in modo autorevole sull’argomento, fiducia e buona volontà con il pubblico e capacità di coinvolgimento.
L’oggetto dell’intervento si basa su quale tipo di disinformazione vogliamo prendere di mira e può variare da crisi globali come il cambiamento climatico e le pandemie a questioni più a livello individuale come la percezione della salute mentale. Google suggerisce di valutare due aspetti per scegliere l’argomento:
- Assicurati di avere competenze pertinenti sulla disinformazione e sul pubblico a cui ti rivolgi, o di collaborare con esperti in materia che lo fanno.
- Effettua le tue ricerche sul panorama della disinformazione per identificare narrazioni e tecniche importanti e nascenti che il tuo pubblico incontra.
È fondamentale considerare il pubblico a cui rivolgere l’intervento di prebunking e capire la loro attuale relazione con le informazioni che devono essere smentite, oltre a cosa potrebbero essere interessati a sentire. Anche in questo caso, Google suggerisce di porsi due quesiti:
- Puoi anticipare alcune tecniche/narrazioni prima che diventino diffuse? Puoi anticipare nuove tecniche/narrazioni man mano che il panorama dell’informazione si evolve?
- Il tuo pubblico è già coinvolto nella tecnica e/o nella narrativa che stai cercando di rimuovere? Quanto sono radicate le loro convinzioni?
Gli interventi di prebunking, continua Google, possono raggiungere una serie di risultati che rientrano principalmente in tre categorie, che non sono esaustive, ma possono aiutare a settore obiettivi chiari:
- Conoscenze o abilità: può insegnare al pubblico nuove conoscenze (ad esempio statistiche accurate) o abilità (ad esempio la capacità di discernere la disinformazione) per combattere la disinformazione e costruire resilienza alla futura manipolazione.
- Atteggiamenti: può modificare l’atteggiamento del pubblico riguardo alle proprie capacità di difendersi dalla disinformazione o cambiare la propria percezione di un attore che diffonde disinformazione (ad esempio, l’affidabilità di una fonte di disinformazione).
- Comportamenti: può modificare i comportamenti del pubblico nel modo in cui interagisce, consuma o risponde alla disinformazione (ad esempio riducendo la condivisione della disinformazione).
Il prebunking può concentrarsi su un problema o su una tecnica. Il primo caso (noto anche come “basato sulla narrativa”) prende di mira narrazioni di disinformazione più ampie e persistenti, al di là delle affermazioni specifiche. Ciò consente di affrontare il fondamento di molte affermazioni, consentendo di smantellare in modo più efficace la disinformazione invece di verificare i fatti sulle singole affermazioni.
Il cosiddetto “technique-based prebunking”, invece, rivela strategie e tattiche comunemente utilizzate e che sono prevalenti in molteplici affermazioni e narrazioni false. Questo approccio aiuta il pubblico a capire come potrebbe essere manipolato, piuttosto che contestare il contenuto della manipolazione.
I messaggi di prebunking possono essere diffusi in una varietà di formati, come testo, audio, video, video e giochi. Ognuno vantaggi e svantaggi in termini di scalabilità, coinvolgimento del pubblico, dimensione dell’effetto, efficacia a lungo termine e costi. Prima di elaborare il messaggio, è importante fare una valutazione su quello più adatto ai nostri mezzi, obiettivi, target e contenuto.
Ci sono alcuni criteri che devono essere soddisfatti affinché un intervento possa qualificarsi con successo come prebunk:
- Avvertimento: è necessario avvisare gli utenti dei tentativi di manipolarli
- Confutazione preventiva: è la parte in cui viene spiegata la narrativa/tecnica e perché è manipolativa
- Microdose: si deve mostrare un esempio pratico o attenuato di disinformazione che sia innocuo (ad esempio, non radicalizzerà, non disturberà il pubblico né ripeterà la disinformazione), proprio come viene fatto con il vaccino.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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