Cos'è l'underconsumption core e quali sono i principi dell’anticonsumismo
Consumare meno e meglio: quali sono i principi dell'underconsumption core e perché l'anticonsumismo è virale su TikTok.
Consumare meno e meglio: quali sono i principi dell'underconsumption core e perché l'anticonsumismo è virale su TikTok.
Non sorprende, quindi, l’ascesa dell’underconsumption core, che combatte la cultura del consumismo celebrando il valore del riutilizzo e del prolungamento della vita degli oggetti che usiamo ogni giorno.
L’underconsumption core è un trend, diventato virale su TikTok, in cui i creator propongono contenuti in cui, invece di mostrare unboxing e haul di grandi quantità di vestiti, trucchi sempre nuovi, mostrano i loro acquisti nei negozi dell’usato, guardaroba modesti e oggetti di uso quotidiano pratici, a cui viene garantita una lunga vita.
Un ritorno al minimalismo che va dall’utilizzo dei prodotti di bellezza fino all’ultima goccia all’acquisto di imballaggi riutilizzabili, al non spendere soldi per nuovi vestiti e, più in generale, al cercare di risparmiare senza acquistare ciò che non è strettamente necessario, puntando sul riciclo o il riutilizzo.
Come ha spiegato Omar H. Fares, docente alla Toronto Metropolitan University specializzato in comportamento dei consumatori, su The Conversation, parte del successo è legato probabilmente alle crescenti pressioni finanziarie che i giovani si trovano a fronteggiare: debito studentesco, inflazione crescente, difficoltà a far quadrare i conti rendono necessario tagliare le spese riducendo i consumi.
Ma questo non è l’unico aspetto: non è un segreto (o non dovrebbe esserlo) che il consumismo sfrenato sia alla base di enormi problemi ambientali, non ultima la produzione di un’enorme quantità di rifiuti, in molti casi in plastica, che stanno progressivamente diventato impossibili da smaltire.
Ci sono diversi modi in cui l’anticonsumismo può essere applicato nella vita di tutti i giorni, ma tutti si appoggiano su principi comuni.
Il primo è quello di acquistare con consapevolezza, comprando e consumando solo ciò di cui si ha davvero bisogno. Al momento dell’acquisto, meglio optare per articoli durevoli che possono essere più costosi ma durano più a lungo. Ciò riduce la necessità di sostituzioni più frequenti e potrebbe rivelarsi più conveniente a lungo termine.
Un altro principio è quello di cambiare il modo in cui consumiamo, valutando altre opzioni invece di acquistare articoli nuovi di zecca: non solo il Second hand, ma anche il noleggio o il prestito, se si tratta di un prodotto che non verrà utilizzato regolarmente.
L’altro aspetto fondamentale è l’utilizzo responsabile delle risorse: tradotto in parole semplici, significa far durare più a lungo possibile la vita degli oggetti, riparandoli o riutilizzandoli invece di buttarli via.
I due vantaggi principali dell’anticonsumismo sono evidenti: risparmio di denaro evitando di spendere in oggetti non necessari e sostenibilità ambientale, sia attraverso un minore utilizzo delle risorse per produrre oggetti dalla vita breve che attraverso una minore produzione di rifiuti.
A questo, però, si aggiunge anche un altro effetto benefico per il nostro benessere: avere meno “roba” in giro per casa può aiutarci a sentirci meglio, a ridurre l’ansia causata dal disordine o dai debiti accumulati a causa degli acquisti eccessivi.
Questo, ovviamente, nei casi in cui l’underconsumption core sia davvero un modo per consumare meno e meglio e non l’ennesimo trend che ci spinge a proporre gli stessi schemi con prodotti diversi.
“Ma che bisogno c’è di chiamare ‘core’ quelle che dovrebbe essere pratiche comuni?”. Questa è, nonostante le molteplici sfumature con cui viene proposta, la principale critica che viene mossa all’underconsumption core, che secondo molte persone dovrebbe essere chiamato semplicemente “comsumption core” per evidenziare che il tipo di consumo proposto nei video è quello che tutte le persone dovrebbero adottare (e molte già lo fanno!).
Non una tendenza, quindi, ma un modo di vivere il rapporto con gli oggetti che acquistiamo e utilizziamo. E che sembra non essere stato colto nel profondo da tutti coloro che si fanno promotori di questa tendenza: come accade per molte altri trend che diventano virali sui social media, anche in questo “core” rimane un certo livello di performatività.
Alcuni degli utenti che hanno postato utilizzando #underconsumption core, infatti, ha fatto notare Fares su Vogue,
hanno continuato a mostrare i loro acquisti in seguito. ‘Gli individui più giovani che sono costantemente sotto pressione per proiettare un’immagine di perfezione sui social media possono essere spinti dal [volere sembrare] responsabili verso gli altri, in contrapposizione al genuino altruismo’.
Senza dimenticare un aspetto: perché non diventi solo un elenco di privazioni, è importante praticare l’underconsumption in modo equilibrato, lasciando spazio anche al divertimento e, talvolta, alla frivolezza.
Abbiamo visto come l’attenzione alla sostenibilità sia uno dei probabili fattori di successo dell’underconsumption core. L’overconsumption, il consumo eccessivo alimentato dalla pressione martellante del marketing che ci spinge – anche grazie a quegli stessi social su cui i trend di sostenibilità si propagano – ad acquistare prodotti che non ci servono per soddisfare desideri che altrimenti non avremmo, è una delle cause principali di esaurimento delle risorse e della produzione di enormi quantità di rifiuti.
Questo vale per tutti i prodotti che usiamo ogni giorno, dall’industria del beauty passando per gli oggetti di arredamento fino all’abbigliamento: nel deserto cileno di Atacama, ad esempio, si stima che tra le 11.000 e le 59.000 tonnellate di indumenti usati siano depositati in una discarica. Montagne di abiti indossati (a volte mai) e poi gettati, dopo essere stati prodotti in condizioni dannose per l’ambiente e per le persone che li producono.
Secondo un report di ThredUp, una piattaforma online di rivendita vintage, il 65% degli intervistati della generazione Z desiderava fare acquisti in modo più sostenibile. Eppure, un terzo si sentiva “dipendente dal fast fashion” e il 72% ha dichiarato di aver acquistato fast fashion nel 2022. Allo stesso modo, i ricercatori della Sheffield Hallam University hanno scoperto che il 90% degli studenti universitari ha acquistato fast fashion nel 2022.
L’underconsumption core può aumentare la consapevolezza e incoraggiare le persone a ripensare le proprie abitudini di consumo, cambiando il modo in cui si rapportano agli oggetti che usano. Come ogni approccio al problema della sostenibilità che si focalizza sulle azioni individuali, però, anche l’underconsumption core rischia di spostare l’attenzione su quello che ogni singola persona può fare per affrontare le sfide globali a livello ambientale e non sull’aspetto sistemico del problema.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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