Mancanza di empatia: come riconoscerla e gestirla nelle persone vicine a noi

Dal greco "en pathos", ossia "sentire dentro", il termine empatia delinea la capacità sociale di saper riconoscere le emozioni, gli stati d'animo, i pensieri, le paure, le riflessioni e i punti di vista altrui come fossero propri, "sentendo", cioè, ciò che "sente" l'altro. La mancanza di empatia, dunque, può rappresentare un grande ostacolo nelle relazioni interpersonali, inficiando la qualità dei rapporti stessi. Vediamo come riconoscere l'assenza di empatia nelle persone che ci circondano e come gestirla.

In un mondo complesso, frenetico e ostile come quello odierno, la mancanza di empatia può costituire un’aggravante di grande rilevanza. La capacità di porsi “nei panni dell’altro” e di riuscirne a percepire e comprendere sentimenti, emozioni e paure è, infatti, una dote essenziale, soprattutto in tempi difficili.

Vediamo che cosa fare quando ci si rende conto che le persone intorno a noi non posseggono empatia e come gestire questa assenza.

Come riconoscere la mancanza di empatia nelle persone vicine

Dal greco “en pathos”, ossia “sentire dentro”, il termine empatia delinea la capacità sociale di saper riconoscere le emozioni, gli stati d’animo, i pensieri, le paure, le riflessioni e i punti di vista altrui come fossero propri, “sentendo”, cioè, ciò che “sente” l’altro.

La mancanza di empatia, dunque, può rappresentare un grande ostacolo nelle relazioni interpersonali, inficiando la qualità dei rapporti stessi. Ma come si fa a capire se le persone che ci circondano non sono dotate di empatia? Vediamo i segnali più comuni:

  • difficoltà a riconoscere sentimenti ed emozioni: la persona non sembra percepire turbamenti, felicità e preoccupazioni, e minimizza o ignora ciò che si prova, considerandolo irrilevante;
  • tendenza a criticare o giudicare: chi non prova empatia elargisce spesso giudizi severi e critiche molto dure, dimostrandosi intollerante nei confronti dei punti di vista altrui, di eventuali debolezze ed errori;
  • assenza di interesse: l’individuo non empatico non fa domande sulle esperienze altrui, non mostra interesse su sensazioni, emozioni e momenti di vita e cambia argomento repentinamente non appena si parla di qualcosa che non lo riguarda;
  • egocentrismo: la persona è particolarmente focalizzata su di sé, sulle proprie emozioni, sulla propria esistenza e sui propri bisogni, non dimostrandosi disponibile in caso di necessità;
  • difficoltà a scusarsi: coloro che sono caratterizzati da una mancanza di empatia fanno, poi, estrema fatica a riconoscere i propri errori e, di conseguenza, a chiedere perdono, ricorrendo continuamente a giustificazioni e ribaltando le responsabilità;
  • freddezza: soprattutto nei momenti di criticità, l’individuo non empatico non riesce a fornire supporto emotivo e appare distante e freddo;
  • reazioni inappropriate: in assenza di empatia, le persone possono reagire in maniera inopportuna di fronte alla manifestazioni di problemi o difficoltà, ridendo o mostrandosi indifferenti, oppure arrabbiandosi nel caso in cui si cerchi di esprimere un disagio o affini.

Cause e origini psicologiche

Ma quali sono i motivi alla base della mancanza di empatia? Le cause possono essere molteplici, e possono derivare sia da fattori biologici, sia da educazione e contesto di riferimento, sia da esperienze specifiche. Vediamo quali sono le più diffuse:

  • fattori biologici e genetici: la capacità di provare empatia è collegata a specifiche aree del cervello, come il sistema limbico e la corteccia prefrontale, per cui una disfunzione in queste aree può compromettere tale funzione;
  • ambiente familiare: alcuni stili genitoriali (come quelli in cui i genitori sono particolarmente freddi, critici e distaccati dai propri figli) possono influenzare la crescita, dal momento che non forniscono gli strumenti per riconoscere i bisogni emotivi degli altri;
  • esperienze traumatiche: le persone che hanno subito abusi o traumi, soprattutto nell’arco dell’infanzia, possono sviluppare una mancanza di empatia alla stregua di meccanismo di difesa, al fine di proteggersi da possibili minacce esterne;
  • modelli culturali: l’individualismo, la competitività e l’esposizione costante a contenuti disumanizzanti e violenti attraverso i media possono inficiare la capacità di provare empatia e condurre a focalizzare l’attenzione solo sulle proprie esigenze e i propri obiettivi;
  • condizioni psicologiche o neurologiche: il disturbo narcisistico di personalità, la psicopatia, il disturbo dello spettro autistico e la depressione o lo stress (cronico), infine, possono contribuire a ridurre notevolmente – o a renderla totalmente assente – la facoltà di sintonizzarsi con i sentimenti delle altre persone, essere sensibili ed entrare in contatto con le emozioni altrui.

Mancanza di empatia e narcisismo

A proposito di condizioni e cause psicologiche, la mancanza di empatia è uno dei tratti distintivi del disturbo narcisistico di personalità – sebbene possa manifestarsi anche in persone con tratti narcisistici non clinici. A caratterizzare il narcisismo, infatti, vi sono: l’eccessivo senso di importanza personale, che si manifesta in un sentimento di superiorità e fa percepire se stessi come speciali; il bisogno costante di approvazione, ammirazione e consenso; la difficoltà a gestire le critiche, con reazioni che vanno dalla rabbia al ritiro emotivo; e le reazioni superficiali, fondate su disinteresse nei confronti degli altri, distacco e/o manipolazione.

Nello specifico, in questa condizione, la mancanza di empatia si manifesta nelle seguenti modalità:

  • incapacità di riconoscere i bisogni (emotivi e non) altrui;
  • assenza di una risposta emotiva e compassionevole di fronte alle difficoltà delle altre persone;
  • egocentrismo e tendenza a interpretare ciascuna situazione solo mediante il proprio punto di vista;
  • manipolazione dei sentimenti altrui, soprattutto per raggiungere i propri scopi e soddisfare le proprie esigenze.

Naturalmente, queste sfumature mutano in base al tipo di narcisismo (overt o covert), ma, in generale, possono essere una risposta a traumi infantili, stili di attaccamento con la figura genitoriale di riferimento nella prima infanzia e meccanismi di difesa e protezione nei confronti di un sé molto fragile e insicuro.

Le conseguenze nel quotidiano e sulla società

La mancanza di empatia, a causa delle sue caratteristiche anche molto deleterie, può, dunque, presentare un impatto significativo sia nella vita quotidiana, sia nella società nel complesso.

A partire dal “micro”, per esempio, essa può compromettere le relazioni interpersonali, provocando conflitti frequenti, incomprensioni, risentimento e difficoltà di comunicazione, perché le persone coinvolte non si sentono accolte, ascoltate e comprese. Una sensazione che, spesso, può portare anche a isolamento emotivo (causato dalla percezione di essere ignorati, di non essere supportati e di subire freddezza e distacco), a episodi di manipolazione e abusi emotivi e a relazioni superficiali basate su convenienze e obiettivi.

A livello lavorativo, ancora, la mancanza di empatia può contribuire alla creazione di ambienti di lavoro tossici e stressanti, nei quali i collaboratori si sentono sfruttati e non apprezzati, così come a uno scarso lavoro di squadra, a tensioni e incomprensioni frequenti e a un calo della produttività e della motivazione, che talvolta possono provocare anche burnout e/o turnover elevati.

Malesseri che, naturalmente, si rispecchiano anche nella società in cui siamo immersi, dove l’assenza della capacità di comprendere le emozioni e le prospettive altrui acuisce in maniera vertiginosa l’egocentrismo, l’individualismo, la disparità e la disuguaglianza (a danno delle fasce più vulnerabili), la perdita di fiducia reciproca, i pregiudizi, le discriminazioni e le divisioni sociali.

Come gestire la mancanza di empatia nelle persone vicine a noi

E se le persone prive di empatia sono proprio quelle più vicine a noi? La gestione di questa mancanza non è sempre semplice, ma può essere fronteggiata mediante alcune strategie utili, come:

  • accettare i limiti della persona interessata, riconoscendo la realtà dei fatti ed evitando di forzare un cambiamento in loro – che deve provenire solo dalla volontà e dalla consapevolezza;
  • comunicare in maniera chiara e diretta, esprimendo in modo esplicito i propri bisogni (senza aspettarsi che chi non possieda empatia possa “leggerli nella mente” e comprenderli subito) ed evitando accuse, che potrebbero peggiorare la situazione;
  • stabilire dei confini palesi, in grado di proteggere se stessi e il proprio benessere emotivo, senza acconsentire a eccezioni;
  • ridurre le aspettative per evitare la delusione e, in caso di necessità, rivolgersi ad altre persone care, come amici, parenti e professionisti, in grado di fornire il sostegno di cui si abbisogna;
  • focalizzarsi sui comportamenti specifici, senza etichettare l’individuo nel complesso e concentrando la propria comunicazione con quest’ultimo su azioni determinate;
  • riflettere sul rapporto, considerando l’ingerenza della mancanza di empatia sul proprio equilibrio psicofisico ed effettuando delle valutazioni serie su un’eventuale presa di distanza, soprattutto se la disparità emotiva inizia a danneggiare la propria esistenza.

Come sviluppare e migliorare l’empatia

In generale, per far sì che il mondo e le persone che ci circondano siano più empatiche, è necessario essere dei modelli quasi “irreprensibili” e lavorare costantemente su se stessi e, quindi, sulla propria empatia. Delle modalità efficaci per farlo potrebbero essere le seguenti:

  • coltivare la consapevolezza di sé, riconoscendo e dando un nome alle proprie emozioni e lavorando sui pregiudizi e bias inconsci (che, talvolta, potrebbero rendere complicata un’identificazione con l’altro);
  • coltivare l’ascolto attivo, facendo attenzione alle parole scelte dall’interlocutore, non saltando immediatamente a conclusioni, non emettendo giudizi e ascoltando senza distrazioni o interruzioni;
  • accogliere il punto di vista altrui, mettendosi nei loro panni, cercando di comprendere la prospettiva (anche se non la si condivide) e, se opportuno, chiedendo ulteriori chiarimenti, facendo anche un riepilogo per assicurarsi di aver capito e colto il messaggio;
  • prestare attenzione ai linguaggi paraverbale e non verbale, che, spesso, rivelano molto di più di parole, concetti e riflessioni (da determinati movimenti del corpo alla prossemica, dal tono di voce ai gesti);
  • immergersi nelle storie, leggendole, ascoltandole, guardandole o scrivendole, espediente utile per allenarsi ad assumere la prospettiva di altre persone e vivere esperienze dissimili dalla propria.
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