"Quanto poco sappiamo delle nostre esperienze mestruali?" - INTERVISTA a Ilaria Spinelli

Le esperienze mestruali dovrebbero essere "normali", perché condivise e comuni dalla maggior parte delle persone che mestruano; invece sono state storicamente silenziate e rese tabù dalla società che ha confinato tutto ciò che riguarda il ciclo riproduttivo e, in particolare, il sangue mestruale a una sfera privata. Il risultato a oggi è che ancora molte persone sono impreparate ad affrontare la vita in relazione al proprio corpo. Ne abbiamo parlato con Ilaria Spinelli, Marketing Manager Intimate Hygiene Essity, a partire dai risultati della ricerca "Global V Taboo Tracker 2024".

Esiste un filo rosso nella vita di ogni persona assegnata femmina alla nascita. Inizia con il menarca, la prima mestruazione, e non si conclude con l’ultima, diversamente da quanto spesso si crede, ma si dipana oltre, lungo tutta la menopausa.

Questo filo collega tra loro una lunga serie di esperienze normali, perché condivise e comuni alla maggior parte delle donne, ma ignorate o rese tabù dal silenzio nel quale storicamente la società ha confinato tutto ciò che riguarda il ciclo riproduttivo e, in particolare, il sangue mestruale (e anche la sua assenza, a riserva ovarica esausta).

In questo contesto la campagna “Non Sono Mai Solo Mestruazioni” di Essity-Nuvenia, più che una pubblicità, ci chiama a esplorare quanto le donne, e in generale le persone che mestruano, siano dolorosamente impreparate ad affrontare la vita in relazione al proprio corpo.

Prima mestruazione, fertilità e contraccezione, dolori mestruali o cronici legati al ciclo, menopausa: la vita riproduttiva di ogni donna è costellata di esperienze tanto naturali, quando minimizzate e silenziate dalla società (e a volte anche dai professionisti della salute riproduttiva).

A confermare la necessità di un cambiamento, a partire da un’educazione intima e riproduttiva diffusa e informata, sono i risultati della ricerca uscita la scorsa estate con la campagna: abbastanza sconcertanti (per chi non si occupa del tema) visto che, tanto per iniziare, più della metà delle donne con le mestruazioni (59%) avrebbe voluto le venisse insegnato di più sul ciclo mestruale e sul proprio corpo nel corso della vita.

Se la premessa è d’obbligo – trattasi di ricerca proprietaria di Nuvenia, brand di Essity -, ci sono almeno due motivi per prendere in considerazione i risultati di questo studio, che esplora le attitudini e le strutture sociali in gioco che ostacolano una corretta comprensione delle esperienze mestruali delle donne:

  1. Global V Taboo Tracker 2024 – questo il titolo – è un ricerca globale, che illustra i comportamenti di oltre 10.000 persone in 10 Paesi diversi (nei modi indicati dalla nota metodologica*);
  2. sempre a livello globale, Essity ha attivato la partnership con il World Economic Forum, in qualità di membro della Global Alliance for Women’s Health del Forum, che inserisce la salute delle donne nell’agenda globale. Nel dettaglio, il ruolo assunto da Essity è quello di partner principale per la salute mestruale e di guida del Forum stesso per misurare e colmare le lacune in questo settore, con l’ambizione di guidare un cambiamento sistemico.

Con queste premesse, abbiamo scelto di intervistare Ilaria Spinelli, Marketing Manager Intimate Hygiene Essity (brand Nuvenia e TENA) per Italia, Spagna e Portogallo, per analizzare insieme i dati della ricerca.

“Le persone che mestruano sono impreparate ad affrontare la vita in relazione al proprio corpo”

Intervista a Ilaria Spinelli

Dalla campagna “Non sono mai solo mestruazioni”

L’ultima campagna di Nuvenia, “Non Sono Mai Solo Mestruazioni”, mette in luce in sostanza quanto le donne+ – termine utilizzato nella ricerca con l’accezione specificata nel glossario**, ndr – siano ancora impreparate ad affrontare la vita in relazione al proprio corpo. 

Purtroppo sì. Resiste un gap informativo sulle esperienze proprie alla salute intima e riproduttiva, che la ricerca Global V Taboo Tracker 2024 mette in numeri, e corrisponde a sua volta a un gap narrativo e di rappresentazione. La realtà è che è prima di tutto un gap educativo e culturale, che ha a che fare con la vergogna e lo stigma da sempre associati dalla nostra società alle mestruazioni ma anche a temi come l’igiene intima, l’anatomia della vulva, la menopausa e tutto ciò che viene confinato alla sfera privata femminile.

Questo stesso pudore, che è poi più che altro una pruderie, fa sì che le ragazze non ricevano una corretta informazione e si traduce anche nel modo in cui le aziende di prodotti per l’igiene e la salute intima hanno sempre raccontato il ciclo mestruale.

Noi questo lo sappiamo bene! Dal 2019 Essity si è impegnata a livello globale per contribuire alla creazione di un nuovo modo di rappresentare e raccontare questi temi, a partire dalle mestruazioni che la campagna Blood Normal mostrò nel loro colore reale. Fu la prima volta che, non senza scandalo e polemiche, una pubblicità di assorbenti mostrava un liquido rosso anziché un liquido viola o blu. Quello fu uno spartiacque: una scelta di responsabilità, che ha dato vita poi a campagne innovative come Viva la Vulva, Mestrusomnia e #UltimaMenopausaDaSola, e ha cambiato il modo di comunicare temi che dovrebbero essere normali, perché riguardano la nostra quotidianità, e invece spesso sono ancora tabù.

“Non sono mai solo mestruazioni”, in questo senso, è quasi una summa su tutti i temi.

Esatto. A differenza delle altre campagne, “Non sono mai solo mestruazioni”, abbraccia tutto l’arco della vita riproduttiva di una ragazza+ o donna+, dalle prime mestruazioni alla menopausa, passando per la contraccezione, il tema della fertilità, del post partum, i vari cambiamenti del corpo, eccetera. Sono tutte stadi e momenti naturali della vita su cui però ancora non c’è abbastanza conoscenza e, come ognuna di noi sa bene, la mancanza di informazioni fa sì che molte si trovino ad affrontarli senza un’adeguata preparazione, sentendoci anzi sole o peggio sbagliate.

C’è una grande confusione su come funzioni la biologia, e questo fa sì che noi ci si trovi a sperimentare in solitudine e a volte anche in modo traumatico cose che, se fossimo state preparate, potremmo gestire con la serenità della consapevolezza.

Ad esempio?

Tanto per cominciare, il dolore mestruale e vari disturbi del ciclo mestruale. La convinzione che sia “normale” stare male, ci impedisce di comprendere quando un normale sintomo associato al ciclo diventa patologico o ci avverte di altro. Non ne parliamo, se lo facciamo rischiamo di essere sminuite, e spesso gli stessi professionisti della salute riproduttiva delegittimano le e i pazienti.

Il risultato – anche se oggi per fortuna se ne parla un po’ – sono percorsi diagnostici lunghi e dispendiosi, nonché traumatici perché non si è state credute. Penso all’endometriosi, alla vulvodinia, ma anche al disturbo disforico premestruale o ad altre condizioni.

Per addentrarci nei dati, chiariamo la scelta di utilizzare nella ricerca i termini ragazze+ e donne+?

Si tratta, di nuovo, di una scelta di responsabilità. Si dà per scontato che il ciclo mestruale sia una cosa che riguarda solo le donne, ma ci sono anche uomini trans o persone non binarie che mestruano. È una consapevolezza che finalmente si sta facendo strada, soprattutto grazie alle nuove generazioni. Noi ne abbiamo parlato anche anni fa proprio insieme a voi di Roba da Donne, e del resto anche all’interno di una precedente campagna c’era una persona trans.

La realtà, che ad alcune persone magari spaventa, è molto più ampia ed è responsabilità di una grande azienda come Essity contribuire a cambiare il paradigma, non solo attraverso il linguaggio e la rappresentazione verso l’esterno, ma anche all’interno, affinché nessuno e nessuna si senti esclusa.

Secondo la vostra ricerca:

  • il 59% delle donne+ con le mestruazioni avrebbe voluto sapere di più sul ciclo mestruale durante la vita,
  • solo 1 ragazza+ su 5 si è sentita pronta per affrontare la prima mestruazione,
  • 1 ragazza+ su 10 ha provato sentimenti positivi all’idea di avere la prima mestruazione,
  • mentre il 74% l’ha vissuta negativamente.

La maggior parte di loro, inoltre, si sente confusa riguardo a fenomeni come il ciclo irregolare o i diversi colori del sangue mestruale.

Esatto. Questi dati ci devono fare riflettere: possiamo, come società, fare meglio.

C’è poi un tema “intermedio” tra mestruazioni e menopausa, che se è possibile è ancora più stigmatizzato e rispetto al quale le donne+ sono davvero impreparate: la perimenopausa. Riprendo di nuovo i numeri della vostra ricerca: il 90% delle donne+ dichiara di saperne poco o nulla in merito. La domanda a questo punto è: dove si rompe l’ingranaggio della nostra consapevolezza, della nostra educazione riproduttiva e anche del nostro sentirci confidente col e nel nostro corpo?

Direi da subito. Da quando siamo piccole. In un’educazione familiare, sociale e scolastica che omette questi temi o ne parla in modo monolitico, senza sfaccettature e sempre con imbarazzo. La mancanza di informazioni è così generalizzata che è difficile identificare un momento preciso. Poi certo, ci sono fattori intergenerazionali, per cui in alcune famiglie le bambine+ arrivano al menarca senza quasi sapere cosa succede al loro corpo.

Mi sento però di dire che questa ignoranza si accentua, invece di diminuire, se parliamo di perimenopausa e menopausa, che oggi è un tabù per certi aspetti più grande di quello delle mestruazioni, associato all’ageism e a una vergogna ancora più radicata.

Anche solo tra madre e figlia, forse, un po’ più di dialogo c’è, all’arrivo del menarca. Per molte invece perimenopausa e menopausa sono un evento solitario.
Per questo è necessario che, non solo negli studi medici, ma anche a scuola e nei media se ne parli con apertura e trasparenza: sono fasi naturali della vita delle donne+, comuni a ognuna di noi, ma per abbattere la solitudine e l’incertezza che i numeri di questa ricerca ci restituiscono serve chiamare le cose con il proprio nome, levare i veli dell’imbarazzo, anche quello linguistico.

Per dirne una: molte persone, donne e uomini, non sanno neppure la differenza tra vulva e vagina.

Lo spot esplora anche il tema della minimizzazione delle esperienze delle donne, inclusa la scarsa attenzione da parte di alcuni operatori sanitari in particolare rispetto al dolore e alle patologie correlate al ciclo riproduttivo, di cui abbiamo detto, ma non solo. 

Questa minimizzazione la conosciamo tutte, chi più e chi meno.
“Cosa vuoi che sia un po’ di dolore? Abbiamo sempre mestruato senza bisogno di lamentarci? È tutto nella tua testa! Stai esagerando?” e la lista potrebbe continuare a lungo: sono tutte frasi che ci siamo sentite dire, chi da amici, colleghi o in famiglia, e chi addirittura da personale sanitario, per poi magari trovarsi a scoprire, spesso dopo molti anni di percorsi accidentali, che il dolore intenso o stare male per il ciclo non era “normale”, ma un sintomo di qualcosa che avrebbe potuto essere stato diagnosticato ben prima.

Il gaslighting medico però riguarda anche un tema come la contraccezione ormonale: tornando ai dati, il 38% delle donne+ fa presente di essere confusa o non essere o essere stata abbastanza informata. Non è un tema secondario: la contraccezione è un tema di cui tutte e tutti fanno esperienza,  eppure lato medico c’è in molti casi scarso approfondimento o insufficiente chiarezza. Significa che anche il personale preposto dà per scontate cose che però non lo sono, visto che nessuno ne parla con chiarezza.

Torniamo al tema della rappresentazione e della responsabilità di brand e media nella decostruzione di standard irraggiungibili, stereotipi e dello stigma rispetto a scelte, condizioni riproduttive e salute intima delle donne.

Da Blood Normal, Viva la vulva e Mestrusomnia a oggi, Nuvenia si è fatta carico di una comunicazione disruptive mai fine a se stessa, ma dal forte impatto educational e sociale. Ho potuto testare con mano il vostro senso etico e di responsabilità nella realizzazione di Chiamiamo le cose con il loro nome, il progetto realizzato con Roba da Donne in cui abbiamo parlato di tutti i temi menzionati fin qui, ma anche di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, di mestruazioni trans, period gap, period poverty.

E ancora: mestruazioni e disabilità, salute mentale e molto altro.  Questa cosa vi ha esposto però anche a grandi critiche e, in alcuni casi avete pagato un prezzo (penso alla censura RAI delle vostre campagne). Perché?

C’è l’idea che parlare con chiarezza di questi temi sia sgradevole, inappropriato, qualcosa di cui non occuparsi. L’Italia in questo è un Paese ancora molto a disagio nell’affrontare apertamente questi temi, motivo per cui siamo molto attivi nelle scuole, in progetti di divulgazione ed educazione, ma anche di supporto concreto sul territorio, per esempio in qualità di partner della Croce Rossa per contrastare la povertà mestruale e offrire igiene mestruale anche alle persone homeless o rifugiate.

In qualità di membro della Global Alliance for Women’s Health del World Economic Forum, Essity è partner leader nella salute mestruale. Riporto qui le parole della Chief Strategy Officer di Essity, Sahil Tesfu, che trovo molto significative:

1,8 miliardi di persone hanno le mestruazioni ogni mese. Eppure milioni di ragazze, donne, uomini transgender e persone non binarie non sono in grado di gestire il loro ciclo mestruale in modo dignitoso e sano. Colmare il divario nella salute mestruale consentirà a più persone di partecipare e impegnarsi pienamente nella scuola, nel lavoro e nella società, il che darebbe una spinta all’economia globale.

In Essity, consideriamo l’investimento nella salute mestruale come parte integrante dell’uguaglianza di genere e dei diritti umani e la nostra partnership con il Forum rappresenta un’enorme opportunità per mobilitare le comunità globali e abbattere le barriere al benessere.

Su questi temi, la Gen Z sembra decisa a essere la generazione del cambiamento, in ottica di autodeterminazione e anche di sostenibilità. In particolare, è la prima generazione che si sta facendo davvero carico di rendere le mestruazioni sostenibili. Non solo a parole, ma anche nei fatti. È d’accordo? 

Siamo di fronte a una generazione che si trova ad affrontare tantissime sfide: dal clima alle ingiustizie sociali esplose su scala globale. La parola sostenibilità per queste ragazze e questi ragazzi è cruciale e ha anche molti significati. È sostenibilità ambientale ma anche sostenibilità emotiva, umana, nel senso più ampio del termine.

La Gen Z è consapevole dell’impronta ambientale che abbiamo sulla Terra e se ne fa carico. Nel nostro caso lo vediamo molto bene nella scelta, proprio da parte di queste persone, di dispositivi mestruali alternativi, tra cui i nostri slip mestruali lavabili che stanno trainando il mercato italiano di questo prodotto, in forte crescita.

Dall’altra parte, vediamo che queste persone fanno un uso ibrido, associando agli slip lavabili i tradizionali assorbenti usa e getta, o altri dispositivi mestruali, per rispondere alle esigenze di mobilità, comfort e – appunto – di una sostenibilità intesa in senso molto più ampio.

Di sicuro è una generazione che ha ben presente e a cuore temi quali la povertà mestruale, le questioni di genere e l’inclusione, nonché la necessità di una medicina di genere che non subordini la salute delle persone che mestruano a uno standard medico maschile. È una generazione che chiama anche brand e aziende alla responsabilità: ed è nostro dovere rispondere.


*Nota metodologica sulla ricerca
Ketchum Analytics ha condotto un sondaggio online tra il 21 marzo e il 5 aprile 2024, intervistando 10.000 persone in 10 mercati: Regno Unito, Francia, Messico, Colombia, Perù, Argentina, Svezia, Nuova Zelanda, Australia e Stati Uniti.
Il campione di intervistati ha incluso l’80% di persone che hanno le mestruazioni e il 20% di persone che non hanno le mestruazioni di età superiore ai 15 anni, a rappresentanza di un totale di 290,6 milioni di donne+** e 279,9 milioni di uomini, con un margine di errore di +/- 1%.
** Glossario
Donne+: Sappiamo che non tutte le donne che hanno le mestruazioni sono donne, ad esempio quelle nate con un sesso biologico diverso dalla loro identità di genere, e che non tutte le donne hanno le mestruazioni, considerando fattori come la contraccezione, le condizioni di salute e la menopausa. Aggiungendo “+” alle donne, riconosciamo e includiamo l’intera gamma di gruppi sottorappresentati che utilizzano i nostri prodotti, come le persone trans e non binarie.
La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!