Dori Ghezzi: la carriera, l'amore e i giorni del sequestro con Fabrizio De André

La cantante ha vissuto un'intensa carriera e una ancor più intensa storia d'amore con il cantautore genovese scomparso nel 1999, condividendo con lui anche l'angoscia per il sequestro, durato quattro mesi, da parte dell'Anonima Sequestri.

Sul palco la sua metà è stata a lungo Wess, con cui ha cantato, fra gli altri, il grande successo Un corpo e un’anima, mentre nella vita privata il suo grande amore è stato il compianto Fabrizio De André, con cui ha vissuto anche l’esperienza, orribile, del sequestro in Sardegna.

Dori Ghezzi, nata il 30 marzo 1946 in un paesino della provincia di Monza e Brianza, Lentate sul Seveso, ha iniziato la sua carriera negli anni ’60, conoscendo il successo con Casatschok, nel 1969, e con altri pezzi come Il primo bacio che darò, prima di dare il via al connubio con il cantante statunitense Wess; negli anni ’70, la sua carriera musicale ha preso una svolta significativa quando ha incontrato il cantautore Fabrizio De André. I due iniziarono una relazione sentimentale e artistica che avrebbe segnato profondamente la vita di entrambi. Insieme incisero album e duetti memorabili, come il disco Dori Ghezzi & Fabrizio De André (1979), che conteneva il brano Ave Maria.

La loro storia d’amore fu intensa, suggellata dal matrimonio solo nel 1989, dopo quindici anni insieme, e caratterizzata anche da momenti drammatici, come il sequestro subito nel 1979 in Sardegna da parte dell’Anonima Sequestri, un evento che rafforzò ulteriormente il loro legame.

Dopo la morte di Fabrizio De André nel 1999, Dori Ghezzi si è dedicata a mantenere viva la memoria del cantautore, contribuendo alla diffusione del suo patrimonio artistico attraverso la Fondazione Fabrizio De André. Oggi è considerata una figura di grande importanza nel panorama musicale italiano, sia per la sua carriera che per il ruolo avuto nella vita e nell’eredità di De André.

Gli inizi della carriera: dai primi successi alla consacrazione nel panorama musicale italiano

Dori Ghezzi ha iniziato la sua carriera musicale a metà degli anni ’60, muovendo i primi passi nel mondo della musica leggera italiana. Dopo aver partecipato a diversi concorsi canori, nel 1966 ha firmato un contratto con l’etichetta discografica Durium, con la quale ha pubblicato i suoi primi singoli.
Il primo vero successo arrivò nel 1969 con il brano Casatschok, una canzone dal ritmo incalzante ispirata alla musica russa, che divenne un tormentone dell’epoca. Seguirono altre hit come Il primo bacio che darò e Voglio amarti così, che consolidarono la sua popolarità nel panorama musicale italiano.

Nel 1970 partecipò per la prima volta al Festival di Sanremo con il brano Occhi a mandorla, esibendosi in coppia con Rossano. Anche se non vinse, la sua presenza al festival le diede ulteriore visibilità. Nello stesso periodo, grazie alla sua voce cristallina e alla sua immagine elegante, venne spesso paragonata a cantanti come Mina e Patty Pravo.

Dopo aver firmato un contratto con la Ricordi, negli anni ’70 Dori Ghezzi consolidò la sua carriera con canzoni di successo, tra cui Non andare via, adattamento italiano del celebre brano Ne me quitte pas di Jacques Brel. Parallelamente, divenne un volto noto della televisione italiana, partecipando a programmi musicali e varietà.

Un momento chiave della sua carriera fu l’incontro con Wess, un bassista e cantante afroamericano con cui formò un celebre duo musicale. Insieme, Dori Ghezzi e Wess ottennero un grandissimo successo grazie a brani come Un corpo e un’anima (1974), con cui vinsero il Festival di Sanremo arrivando inoltre terzi all’Eurovision Song Contest, e Noi due per sempre. La loro collaborazione durò fino alla fine degli anni ’70, lasciando un segno indelebile nella musica italiana.

Dopo l’esperienza con Wess, Dori Ghezzi intraprese una nuova fase della sua carriera, caratterizzata da un repertorio più raffinato e da una svolta artistica che l’avrebbe portata a incontrare Fabrizio De André, con cui avrebbe scritto una delle pagine più intense della musica italiana.

L’incontro con Fabrizio De André: un amore tra musica e poesia

Quando Ghezzi e De André si conobbero, nel 1974, lei era già un’artista affermata che aveva appena vinto il Festival di Sanremo con Wess, lui un cantautore di culto, celebre per i suoi testi poetici e anticonformisti, reduce dal matrimonio con la prima moglie Enrica Rignon, detta Puny, che gli diede il figlio Cristiano. Il loro incontro fu immediatamente segnato da un’intensa sintonia. Nonostante provenissero da percorsi musicali diversi – Ghezzi dalla musica pop e leggera, De Andé dalla canzone d’autore – i due si innamorarono e iniziarono una relazione che sarebbe durata tutta la vita.

Nel 1975 andarono a vivere insieme nella tenuta dell’Agnata, in Sardegna, vicino Tempio Pausania, un luogo isolato e immerso nella natura, che diventò il loro rifugio e fonte di ispirazione artistica. Proprio nell’isola, cinque anni dopo il loro trasferimento, furono vittime di un rapimento da parte dell’Anonima Sequestri, allora attiva in tutta la Sardegna, che durò ben 117 giorni, di cui parleremo a breve.

Oltre all’amore, anche la musica li unì profondamente. Nel 1979 pubblicarono insieme un disco, Dori Ghezzi & Fabrizio De André, contenente brani inediti e alcune reinterpretazioni. Tra le canzoni più significative c’è Ave Maria, una delicata preghiera laica che esprime tutta la profondità della loro visione artistica e spirituale.

Dopo molti anni di convivenza e la nascita della loro figlia Luisa Vittoria, detta Luvi, nel 1977, la coppia si sposò il 7 dicembre 1989. La loro unione era ormai un simbolo di amore profondo e di condivisione artistica.

Dori Ghezzi rimase al fianco di De André fino alla sua scomparsa, avvenuta l’11 gennaio 1999 a causa di un tumore ai polmoni. Dopo la sua morte, si dedicò con grande impegno alla tutela e alla diffusione del patrimonio artistico del cantautore, fondando la Fondazione Fabrizio De André.

La loro storia d’amore è ricordata come una delle più intense e poetiche della musica italiana, un connubio unico tra musica, poesia e libertà.

Il sequestro in Sardegna: i 117 giorni di prigionia vissuti con De André

La sera del 27 agosto 1979, quando la loro primogenita Luvi ha poco meno di due anni, la coppia viene rapita dall’Anonima Sequestri Sarda e tenuta prigioniera sulle pendici del Monte Lerno, nei pressi di Pattada. Dopo quattro mesi di prigionia, Dori Ghezzi viene rilasciata il 21 dicembre alle 23:00, mentre Fabrizio De André viene liberato tre ore dopo, alle 2:00 del 22 dicembre, in seguito al pagamento di un riscatto di circa 550 milioni di lire, in gran parte versato dal padre di De André, Giuseppe.

Durante e dopo il sequestro, diversi giornali diffondono ipotesi infondate, teorizzando legami con le Brigate Rosse, considerato soprattutto che per circa un decennio, dal 1969, il cantautore fu attenzionato fortemente da polizia e servizi segreti, un allontanamento volontario, o persino moventi politici. Curiosamente, proprio nell’anno del sequestro termina anche la sorveglianza dei servizi segreti.

Il 23 dicembre, il giorno successivo alla liberazione, De André racconta la sua esperienza in un’intervista rilasciata nella casa del fratello Mauro. Con il suo solito tono pacato, descrive la prigionia come un periodo difficile ma non privo di momenti di relativa libertà: “A volte ci consentivano di restare a lungo slegati e senza bende”, parlando persino con compassione dei sequestratori: “Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai”.

Qualche mese dopo, De André decide di raccontare la vicenda in prima persona, vendendo al settimanale Gente i diritti per la pubblicazione del suo memoriale del sequestro, uscito in cinque puntate a partire dall’8 febbraio 1980.

L’esperienza della prigionia si aggiunge alla profonda connessione che il cantautore aveva già con la Sardegna e la sua gente, ispirandolo nella scrittura di nuovi brani, ancora una volta in collaborazione con Massimo Bubola. Queste canzoni confluiscono nell’album del 1981, privo di titolo ufficiale ma conosciuto come L’indiano, per via della copertina raffigurante un nativo americano. Il filo conduttore del disco è il parallelismo tra il popolo sardo e quello pellerossa, entrambi vittime di sopraffazioni e ingiustizie.

Alcuni brani contengono sottili riferimenti al sequestro, come Hotel Supramonte, il cui titolo riprende il nome in codice usato dai sequestratori (anche se il rapimento non avvenne realmente nel Supramonte); Franziska, in cui descrive i banditi con un velo di romanticismo e una connotazione di proletariato periferico, in linea con i suoi temi sociali; Se ti tagliassero a pezzetti, un inno alla libertà, che dal vivo modificava in “signora libertà, signorina anarchia” e che contiene anche un’allusione alla Strage di Bologna del 1980.

Durante il processo, De André confermò il suo perdono nei confronti dei suoi carcerieri, ma non dei mandanti, poiché appartenenti a classi sociali benestanti. Né lui né il padre si costituirono parte civile contro i rapitori materiali, ma solo contro i capi della banda, tra cui figuravano un veterinario toscano e un assessore comunale sardo del PCI, che durante la prigionia discuteva persino di politica con il cantautore. Paradossalmente, proprio i mandanti riceveranno pene più leggere grazie alle leggi sulla collaborazione di giustizia.

Nel 1991, De André firmò una petizione di grazia rivolta al Presidente della Repubblica in favore di uno dei sequestratori, un pastore sardo condannato a 25 anni di carcere.

La storia della canzone Hotel Supramonte

Il titolo Hotel Supramonte è ironico e amaro: non si riferisce a un vero hotel, ma riprende il nome in codice che i sequestratori usavano per indicare il luogo della prigionia. In realtà, De André e Dori Ghezzi non furono mai effettivamente portati nel Supramonte (un’area montuosa dell’entroterra sardo), ma il nome rimase impresso nella memoria del cantautore e divenne il simbolo della loro detenzione.

La canzone è una dolorosa ballata d’amore, che alterna immagini struggenti e poetiche alla rievocazione del trauma vissuto. Il testo non è una cronaca diretta del sequestro, ma una riflessione intima, quasi una lettera d’amore alla compagna Dori Ghezzi, con cui condivise quei mesi di paura e privazioni.

Come in altre sue opere, De André non usa la canzone per condannare i rapitori, ma piuttosto per esplorare l’umanità nella sofferenza. Il sequestro diventa un’esperienza di accettazione e sopravvivenza, in cui l’amore rappresenta una salvezza.

Dopo la sua liberazione, il cantautore dichiarò di provare più pietà che rabbia per i sequestratori, consapevole che la loro violenza era il risultato di una condizione sociale difficile. Questa visione emerge anche nel brano, che non esprime rancore, ma solo una profonda malinconia.

Hotel Supramonte è considerata una delle più belle canzoni d’amore della musica italiana, un capolavoro capace di trasformare un evento drammatico in poesia pura. La melodia delicata e il testo intenso la rendono un brano senza tempo, capace di emozionare ancora oggi.

Dori Ghezzi e il ricordo di Fabrizio De André: l’eredità artistica e l’impegno nella Fondazione

Dopo la scomparsa di Fabrizio De André, avvenuta l’11 gennaio 1999, Dori Ghezzi ha dedicato gran parte della sua vita a preservarne e diffonderne l’eredità artistica. Più che una semplice custode della memoria del cantautore, la cantante si è impegnata con passione nel valorizzare il suo immenso patrimonio musicale e culturale, evitando che il suo messaggio si disperdesse nel tempo.

Nel 2001, insieme al figlio di lui Cristiano De André e alla figlia Luisa Vittoria De André, Dori Ghezzi ha dato vita alla Fondazione Fabrizio De André, un’istituzione nata con l’obiettivo di tutelare, promuovere e diffondere l’opera e il pensiero del cantautore. La Fondazione si è occupata di curare la pubblicazione di materiali inediti, come lettere, scritti e canzoni mai rilasciate ufficialmente, organizzare mostre ed eventi dedicati alla sua figura, come la grande mostra multimediale Fabrizio De André. La mostra, esposta in diverse città italiane, sostenere progetti culturali e sociali, ispirati ai temi cari a De André, come la difesa dei più deboli e la lotta contro le ingiustizie.

Oltre all’impegno con la Fondazione, Dori Ghezzi ha continuato a parlare pubblicamente del marito, mantenendo vivo il suo messaggio attraverso interviste, documentari e libri. Nel 2018 ha pubblicato il libro Lui, io, noi, un racconto intimo della loro vita insieme, in cui ripercorre il loro amore, il sequestro e gli anni trascorsi nella tenuta dell’Agnata in Sardegna.

Negli anni, Dori Ghezzi è sempre rimasta fedele all’essenza di De André, rifiutando ogni forma di commercializzazione forzata della sua arte. Ha anche supervisionato la realizzazione del film biografico Principe libero (2018), interpretato da Luca Marinelli, contribuendo a rendere omaggio alla storia di Fabrizio con autenticità e rispetto.

La cantante non ha mai smesso di raccontare Fabrizio De André con tenerezza e lucidità, senza mai idealizzarlo, ma riconoscendone la grandezza artistica e umana. Il suo impegno nella Fondazione ha permesso a generazioni di ascoltatori di avvicinarsi alla poetica del cantautore, mantenendo vivo il suo spirito libero e anticonformista.

La loro storia d’amore, fatta di musica, poesia e condivisione, rimane uno dei capitoli più intensi della cultura italiana, un legame che continua a vivere attraverso le canzoni di Fabrizio De André e l’incessante lavoro di Dori Ghezzi per custodirne la memoria.

 

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