Rita Levi Montalcini: "Perché ho scelto che non sarei mai diventata moglie e madre"

Chi era Rita Levi Montalcini, una donna straordinaria e che ha cambiato il mondo: ecco la vita, la carriera e i perchè della sua scelta childfree, un esempio di determinazione e passione per le nuove generazioni

Se si pensa a una personalità, una donna, che ha lasciato un segno indelebile in ambito medico/scientifico e nella storia del nostro Paese, Rita Levi Montalcini è senza dubbio il primo nome (o tra i primi) che vengono alle mente. Una donna che ha vissuto e dedicato la sua vita interamente allo studio, alla ricerca e alla medicina. Un matrimonio con la scienza, nonché l’unico matrimonio che la Montalcini decise di stringere nel corso di suoi lunghi 103 anni di vita, ma da cui sono nate alcune delle scoperte e delle ricerche di maggior interesse e importanza del panorama scientifico italiano e mondiale.

Chi era Rita Levi-Montalcini: vita e carriera

Rita Levi Montalcini era una donna straordinaria, nata a Torino il 22 Aprile del 1909 da una famiglia ebrea sefardita, ovvero gli ebrei della penisola iberica. Il padre, Adamo, era un ingegnere elettrotecnico, mentre la madre, Adele, fu una pittrice. Rita aveva tre fratelli, Gino, Anna e una sorella gemella, Paola.

Una famiglia in cui la cultura, l’arte, la conoscenza e lo studio abbondavano. Tutte cose che permisero a Rita di crescere in un ambiente più che stimolante a livello intellettuale, unendo alla perfezione il lato più razionale e un’attitudine matematica paterna, con la passione e l’amore per la materia, un coinvolgimento totale tipico dell’arte datole dalla madre. Un connubio perfetto, che si rispecchia nel doppio cognome di Rita Levi Montalcini e nella totale dedizione che ebbe per la scienza e la ricerca. Un amore che la portò a decidere, fin dalla tenera età, di voler studiare medicina, e che la portò nel 1930 a iscriversi all’Università di Torino, seppur contro il volere paterno.

Adamo Levi, infatti, aveva incentrato tutta la vita famigliare sulla concezione vittoriana, in cui a prevalere erano la personalità e volontà del padre, in cui il ruolo della donna era limitato a quello di madre e moglie e in cui i rapporti con i figli erano incentrati al massimo e assoluto rispetto.

Pe questo, il padre di Rita Levi Montalcini aveva inizialmente previsto per lei e le sorelle un’educazione e un futuro legato alla famiglia, come una sorta di angelo del focolare, tra marito e figli, mentre la carriera accademica era stata riservata unicamente al figlio maschio, Gino.

Tutti aspetti, soprattutto la visione patriarcale della donna, relegata ai soli ruoli di moglie e madre, che Rita non sentiva essere adatti a sé, sapendo fin da giovane che non avrebbe mai indossato quei panni. Niente per lei avrebbe mai avuto un posto più importante della scienza, nemmeno l’amore per un uomo o per un figlio.

Come raccontato da lei stessa in un’intervista alla Rai “Mio padre reputava difficile conciliare la vita di madre e di moglie, con una vita di lavoro. Era contrario, non lo accettava. Un giorno gli ho detto che non volevo diventare né moglie, né madre e gli chiesi il permesso di fare quello che volevo. Mi disse: ‘Non ti approvo, ma non posso impedirtelo’”.

Dopo diversi sforzi e tentativi a vuoto, quindi, il padre di Rita Levi Montalcini acconsentì a malincuore alla sua iscrizione all’università, e la giovane iniziò la sua carriera accademica alla facoltà di medicina della scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi, dove iniziò gli studi sul sistema nervoso, che avrebbe portato avanti per tutto il resto della sua vita, e dove si laureò in Medicina e Chirurgia con 110 e lode nel 1936.

La scoperta dell’NGF e il Premio Nobel

Una laurea da cui prese il via la lunga e proficua carriera di Rita Levi Montalcini. Dopo una specializzazione in neurologia e psichiatria, e ancora nell’incertezza se dedicarsi alla carriera medica o scientifica, nel 1938 dovette emigrare in Belgio a causa delle leggi razziali, e qui fu ospite all’istituto di Neurologia dell’Università di Bruxelles per proseguire i suoi studi.

Una volta tornata a Torino, nel 1940, la Levi Montalcini allestì un laboratorio nella sua camera da letto, un’attività che dovette interrompere a causa dei bombardamenti in corso per la guerra, che la costrinsero a fuggire verso le colline astigiane e, in seguito, a Firenze.

Una volta che i tedeschi lasciarono Firenze, venne assegnata a un campo di rifugiati di guerra dagli Alleati, facendo da medico, portantina e infermiera durante una massiccia epidemia di tifo, di cui non si ammalò ma che le fece capire che la carriera medica non era quello che faceva per lei, preferendo di gran lunga la ricerca.

Per questo, una volta terminata la guerra, Rita Levi Montalcini venne mandata negli Stati Uniti, a Saint Louis, per poter proseguire le sue ricerche. Un breve soggiorno di qualche mese, che si trasformò in 30 anni di intensa attività scientifica, fino al 1977.

Un lungo periodo di studi e analisi che la portò, nel corso degli anni ’50, a una scoperta straordinaria e che ha letteralmente rivoluzionato la medicina, il fattore di crescita della fibra nervosa (Nerve Growth Factor – NGF), ovvero una proteina essenziale per la crescita e la differenziazione delle cellule nervose nell’organismo.

Una scoperta che la portò a un ulteriore passo avanti negli anni ‘70, quando capì che questo fattore influiva anche sui neuroni del cervello. Un aspetto sufficiente per intuire l’importanza della proteina nella cura delle malattie cerebrali degenerative, scopo principale di tutta la sua vita.

Un contribuito talmente eccezionale dato alle neuroscienze che la portò a vincere il premio Nobel per la Medicina nel 1986.

Un premio che, però, pur riconoscente, ebbe un risvolto negativo sulla scienziata che visse un periodo di crisi subito dopo, incredula che la scelta fosse caduta su di lei e sui motivi di questa decisione.

Una carriera che ha portato alla nascita di importanti istituzioni in ambito medico e scientifico. Come l’istituzione, negli anni Sessanta del laboratorio di biologia cellulare del Cnr, che non solo fondò ma che diresse nel corso della sua lunga vita. Nel 1980, poi, Rita Levi Montalcini venne nominata presidente di Aism, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, una malattia che la Levi Montalcini ha cercato di sconfiggere e per cui si è spesa per tutta la vita, ricerca su ricerca, cercando anche di far crescere e conoscere l’associazione e promuovendo metodi innovativi per la raccolta fondi e il finanziamento alla ricerca.

Ma non solo, nel 1998 fonda la sezione italiana della Green Cross International, riconosciuta dalle Nazioni Unite e presieduta da Michail Gorbaciov, mentre nel 2002 infatti, fonda l’EBRI (European Brain Research Institute) a Roma.

Una personalità di spicco e di grandissimo valore, cosa che la portò a essere nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il 1º agosto 2001, “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”.

Un ruolo che la scienziata portò avanti con determinazione e impegno fino alla sua morte a 103 anni il 30 dicembre 2012, battendosi sempre per il diritto allo studio e la leadership delle donne, per la presa di responsabilità sociale degli scienziati, contro le mine anti-uomo e contro lo sfruttamento smodato e dissennato delle risorse naturali.

Mai madre e mai moglie: la scelta childfree di Rita Levi-Montalcini

Una carriera ricchissima a cui Rita Levi Montalcini ha dedicato tutta la vita e ogni energia e pensiero. E di cui è stata certa fin da giovanissima, quando decise e comunicò al padre la sua volontà di non essere mai né madre né moglie. Due “figure” a cui non si sentiva affine e che le avrebbero impedito di portare avanti in modo totale la sua vocazione per la scienza.
Una scelta childfree e totalmente controcorrente rispetto all’epoca in cui venne presa, ma che per la Levi Montalcini non fu mai vista o vissuta come un sacrificio, ma come una decisione imprescindibile per se stessa e per ciò che sentiva di essere e voler fare della sua vita.

Una scelta “ribelle” per quei tempi, ma che di fatto è un perfetto esempio di forza, indipendenza, abnegazione ed emancipazione femminile a cui ogni donna dovrebbe ispirarsi. E non per il fatto di aver scelto di non sposarsi mai o di non avere figli, ma per avere inseguito e portato avanti i suoi sogni, desideri, la sua vocazione e realizzazione, con determinazione, fiducia in se stesse e passione, senza cedere alle convenzioni sociali e a ciò che, sapeva, non era ciò che voleva per se stessa.

I libri di e su Rita Levi-Montalcini: il suo messaggio alle nuove generazioni

Un esempio che ogni bambina dovrebbe leggere e seguire. E che di fatto è un messaggio forte e chiaro verso le nuove generazioni. Un rapporto con i giovani che Rita Levi Montalcini portò avanti nel tempo, anche attraverso progetti del CNR, affrontando diverse volte il tema del rapporto tra le nuove generazioni e lo sviluppo tecnologico, e sollecitando a non concentrare la propria attenzione solo su sé stessi, ma a diventare parte attiva e partecipativa ai problemi sociali, promuovendo nuove proposte per il miglioramento del mondo in cui viviamo.

Una missione nata dalla convinzione che il futuro della ricerca e dell’innovazione scientifica del Paese sia nelle mani delle nuove generazioni, cosa che per altro lo è davvero.

Convinzioni, vita, studi e memorie che si possono leggere e comprendere nei libri scritti dalla stessa scienziata e ricercatrice, una lunga bibliografia tra cui troviamo:

  • La galassia mente, Baldini & Castoldi, (1999)
  • Cronologia di una scoperta, Dalai Editore (2009)
  • Abbi il coraggio di conoscere, di Rizzoli (2013);
  • Elogio dell’imperfezione, Baldini & Castoldi (2017)
  • la molecola della vita, Treccani (2019)

Ma anche dei libri scritti su di lei e sulla sua personalità unica:

  • Rita Levi Montalcini: aggiungere vita ai giorni, a cura di Raffaella Ranise, Giuseppina Tripodi ed edito da Longanesi
  • Rita Levi Montalcini – L’irresistibile fascino del cervello, scritto da Battifoglia Enrica per Hoepli
  • Un sogno a microscopio, scritto a quattro mani dalla nipote Piera Levi-Montalcini, fondatrice e presidente dell’associazione omonima, e Alberto Cappio

E fino alle raccolte in cui si racconta di quelle personalità che, in un modo o nell’altro, hanno fatto e cambiato la storia, e in cui Rita Levi Montalcini è sempre, giustamente, presente.

Le frasi più famose di Rita Levi-Montalcini

Libri e lasciti che rendono facile la scoperta di questa donna straordinaria sotto molteplici aspetti. E che ci ha lasciato delle massime e delle frasi, che fanno riflettere, che accendono speranze e che ci fanno dire che si, una vita diversa è possibile, che la ricerca è importante, che i sogni si possono realizzare e che ogni donna può essere e diventare ciò che vuole, con passione e amore verso ciò che la anima.

“Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società.”

“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.”

“Rifiutate di accedere a una carriera solo perché vi assicura una pensione. La migliore pensione è il possesso di un cervello in piena attività che vi permetta di continuare a pensare ‘usque ad finem’, ‘fino alla fine’.” “Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita.”

“Qualunque decisione tu abbia preso per il tuo futuro, sei autorizzato, e direi incoraggiato, a sottoporla ad un continuo esame, pronto a cambiarla, se non risponde più ai tuoi desideri.”
“Rare sono le persone che usano la mente… poche coloro che usano il cuore… e uniche coloro che usano entrambi.”

“La ricerca intesa come strumento di conoscenza e non come oggetto di competizione e strumento di potere.”

“Le emozioni provate nei primi anni di vita, e altre sensazioni che hanno suscitato gioia o dolore, lasciano tracce indelebili che condizioneranno le nostre azioni e reazioni nell’intero corso dell’esistenza.”

“Non è l’assenza di difetti che conta, ma la passione, la generosità, la comprensione e simpatia del prossimo, e l’accettazione di noi stessi con i nostri errori, le nostre debolezze, le nostre tare e virtù, così simili a quelle dei nostri ascendenti e discendenti.”

“Non esistono le razze, il cervello degli uomini è lo stesso. Esistono i razzisti. Bisogna vincerli con le armi della sapienza.”

“Il corpo può morire. Ma restano i messaggi che abbiamo mandato in vita. Perciò il mio messaggio è questo: credete nei valori.”

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