Generazione rubata: la vera storia dei bambini strappati alle famiglie in Australia

Chi è la generazione rubata, la stole generation australiana e la storia dei 100 mila bambini rubati alle loro famiglie di origine per cause razziali travestite da tutt'altro

Ci sono storie che vale la pena raccontare e conoscere. Aneddoti che svelano parti della storia di un popolo, anche quelle meno “belle”, più dolorose e, anche per questo, taciute. Ma che quando vengono svelate, diventano un monito per far si che non accadano più, o almeno così dovrebbe essere. Storie come quella della generazione rubata, anche nota come stolen generation, i bambini australiani aborigeni e isolani dello stretto di Torres che, in un passato nemmeno troppo lontano, venivano allontanati forzatamente dalle proprie famiglie a scopo rieducativo.

Chi sono i bambini della Generazione Rubata

Quando si parla di generazione rubata, si parla in modo specifico dei tantissimi bambini che, tra la fine dell’800 e l’inizio degli anni ’60, vennero sottratti con la forza dalle loro famiglie e messi sotto la “custodia” dello stato australiano.

Almeno 100 mila bambini aborigeni, isolani dello stretto di Torres e soprattutto meticci, bambini mezzosangue figli di madre aborigena e padre bianco, che nel corso degli anni vennero presi forzatamente e portati a crescere nelle missioni cattoliche o anche in famiglie affidatarie di bianchi. Il motivo? Assicurare ai bambini una maggiore e più adeguata “protezione morale”.

O almeno questa è la motivazione che venne dichiarata per mascherare quello che invece altro non era che un tentativo perpetrato dalle autorità australiane di negare l’identità aborigena, attraverso questo programma di assimilazione forzata e di educazione secondo gli stereotipi della civiltà occidentale. Un programma che ha del disumano e che lo stesso Onu ha definito come genocidio.

Le leggi che permisero gli allontanamenti forzati

Ma cos’è che ha permesso che si creasse questa deportazione e la conseguente nascita di una generazione rubata in Australia? Di fatto, la presa di posizione da parte dell’autorità parlamentari che suggerirono l’intenzione di far crescere in uno “stato sicuro”, intesa come condizione, i bambini aborigeni, tutelandola come una popolazione in declino, e che avrebbe, in caso di contatto con le persone bianche e di colore, trovato la morte.

Alla base di questo ragionamento, quindi, e di questo allontanamento forzato dei bambini dalle loro case natale, c’era la paura che la razza bianca e aborigena potessero mescolarsi, impedendo il raggiungimento di una purezza della classe bianca europea (dominante) rispetto a quella nativa.

Un timore e una netta distinzione che trova manifestazione anche in alcune leggi della Costituzione entrata di in vigore nel 1901, quando le colonie britanniche site in Australia su unirono in modo pacifico in una federazione. Nell’articolo 51 e 127, per esempio, si decise che, ad esclusione degli aborigeni, il governo federale potesse emanare delle leggi mirate verso tutte le minoranze etniche site su territorio australiano. E  ancora che gli indigeni aborigeni non dovessero essere calcolati nella popolazione durante i censimenti. Nel 1902, poi, agli aborigeni venne anche ufficialmente precluso il diritto di voto.

Tutti segni della profonda e radicata negazione di un popolo verso una parte di popolazione che per nascita, e quindi con il massimo diritto, vive sullo stesso territorio e nazione. E che mette in luce quanto la generazione rubata sia stata il frutto di una mentalità e visione completamente offuscata dagli stereotipi e dal razzismo e travestita ufficialmente da pratica necessaria per salvare gli aborigeni dall’estinzione.

Cosa succedeva ai bambini dopo la separazione

Una pratica terribile e portata avanti per un secolo, alimentata dalla paura di una mescolanza etnica e dalla presunzione di una superiorità della cultura bianca, volta al raggiungimento di una sorta di purezza razziale.

Le sorti dei bambini e bambine della generazione rubata, quindi, erano quelle di una vita all’interno di un orfanotrofio o di famiglie affidatarie di bianchi, seguendo un’educazione di tipo occidentale allo scopo di evitare che il modo di vivere indigeno, considerato primitivo, potesse danneggiarli, tutelandone un possibile (secondo le autorità del tempo) declino.

Ma cosa accadeva davvero a questi bambini? Secondo le ricerche fatte e attraverso un’inchiesta del 1995 da parte della Commissione per i Diritti Umani, si è potuto dare luce a questa pagina orribile dello stato Australiano e di ciò che la generazione rubata ha dovuto subire. Costrizioni come il divieto di parlare la propria lingua tradizionale, il distacco totale dai propri genitori, il cambio di nome come a volere rimuove in toto il passato di questi bambini. Ma anche la coercizione culturale e religiosa, i maltrattamenti fisici, lo sfruttamento o il lavoro obbligatorio, e fino allo stupro che venne praticato sul 90% delle bambine aborigene uscite dalle missioni da parte dei bianchi.

Tutte condizioni che hanno portato alla perdita del patrimonio culturale della comunità di nascita di questi bambini e bambine, e che nella maggior parte dei casi è stata irreparabile.

Un’inchiesta sconvolgente e che ha portato, pochi anni fa, alle scuse ufficiali del governo australiano verso gli indigeni, ammettendo l’orrore perpetrato per un secolo e considerato come uno dei maggiori e più tristi casi di razzismo nella storia moderna.

Le ferite ancora aperte nella comunità aborigena

Una pagina della storia australiana che non si è ancora conclusa, almeno non per le conseguenze dei sopravvissuti, vittime di un trauma collettivo tuttora esistente. Un trauma che si manifesta con disturbi psicologici e con un tasso di suicidio molto alto molto in chi fa parte della generazione rubata. Ma anche in una percentuale maggiore di alcolismo, dipendenza dalla pornografia, consumo di stupefacenti e violenza domestica.

Ma non solo. Perché le conseguenze sono presenti anche in coloro che sono rimasti nella propria comunità di origine, soprattutto in termini culturali, poiché impossibilitati a portare avanti le proprie tradizioni, costumi e usi.

Oltre al fatto che molti bambini aborigeni soffrono di patologie come il tracoma (un’infezione batterica a carico della congiuntiva e della cornea), ma si hanno anche un maggior numero di malati di cuore, di persone con malattie veneree e dei reni, che risultano esserci in un tasso più elevato della media.

Il riconoscimento ufficiale del governo australiano

Una macchia indelebile della storia australiana e che, grazie all’indagine fatta dalla Commissione per i diritti umani è stata portata alla luce. A metà anni Novanta, poi, è stata avviata un’inchiesta che ha definito la storia della generazione rubata e la procedura messa in atto dal governo negli anni come un “crimine contro l’umanità” e un “genocidio”.

E arrivando solo qualche anno fa alle scuse ufficiali del governo agli indigeni e alla predisposizione di un pacchetto di diversi milioni per il risarcimento verso la generazione rubata. Un risarcimento inserito in un piano volto alla riduzione delle disparità sociali che, ancora oggi, interessano le comunità indigene.

Libri, film e testimonianze per approfondire la storia della stolen generation

Una storia a lungo taciuta e spesso sconosciuta, ma che merita di essere scoperta e che si può ripercorrere anche grazie a film e testimonianze dei sopravvissuti.

Una storia che viene ripercorsa nel film del regista Phillip NoyceLa generazione rubata”, un riuscitissimo tentativo di dare visibilità agli aborigeni, alla loro storia e un’accusa ai danni subiti dagli indigeni.

Un film tratto dal libro “Barriera per conigli” di Doris Pilkington. Un titolo esplicativo e che si riferisce al recinto di migliaia di chilometri che venne posto per fermare i conigli che erano soliti devastare i raccolti e che, le bambine protagoniste della storia, seguono per scappare dai bianchi e tornare nella loro comunità di origine, lì dove erano nate e dove era giusto vivessero.

O ancora, altro libro che tratta questa pagina triste della storia australiana e della stolen generation è “Una vita migliore”, opera prima della scrittrice inglese Susan Allot (edito da HarperCollin). Un libro in cui viene affrontato il tema dei bambini aborigeni australiani sottratti alle loro famiglie. Una storia che tutti dovremmo leggere e non dimenticarci mai.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!