Ermal Meta, la "Lettera a un padre violento" e il contrasto alla mascolinità tossica

Il cantautore è arrivato in Italia dall'Albania a soli 13 anni, portato dalla madre con i fratelli per sfuggire a un padre violento con cui lui, oggi padre a sua volta, non ha più alcun rapporto.

“Non ho dimenticato l’istante in cui mi sono fatto grande

per difenderti da quelle mani

anche se portavo i pantaloncini”

Era una storia di violenza, di abusi domestici e di un figlio pronto a difendere a tutti i costi la madre quella di Vietato morire con cui Ermal Meta si aggiudicò il terzo posto al Festival di Sanremo 2017; una storia che può essere fatta propria, purtroppo, da molti di quei figli che vivono in ambienti familiari violenti, con genitori pronti ad alzare le mani e madri – o padri – spesso incapaci di reagire ai maltrattamenti. Ma era anche la sua storia, quella di un ragazzino andato via dal suo paese, l’Albania, a soli 13 anni, assieme alla mamma (lei sì, abbastanza coraggiosa da desiderare un futuro migliore e più sereno per i figli) e ai fratelli, lasciando un padre da lui definito “una bestia”.

Oggi il cantautore con l’aria da eroe dei film di Tim Burton, a metà tra il gotico e il romantico, è uno dei più apprezzati sulla scena musicale italiana; si è fatto strada pian piano, prima in gruppo con gli Ameba 4 e con La fame di Camilla, con cui ha partecipato nel 2010 a Sanremo Giovani, poi da solo: il cantautorato, i pezzi scritti per Annalisa, Marco Mengoni, Chiara, quindi il desiderio, crescente, di smetterla di muoversi dietro le quinte, di metterci la faccia e la voce per mostrare quanto è grande la sua bravura.

Dopo il terzo posto nel 2017, per Ermal arriva anche la notorietà come volto televisivo di Amici, dove ha il ruolo di giudice riflessivo e morigerato, quindi il trionfo definitivo, di nuovo a Sanremo, stavolta in coppia con Fabrizio Moro, un altro con un passato piuttosto complesso alle spalle.

Non mi avete fatto niente, brano che è un inno a non arrendersi al terrorismo, è, ancora una volta, anche uno schiaffo agli incubi della sua infanzia, a quell’esperienza di violenza vissuta appena bambino.

Quando ho cantato per la prima volta il ritornello mi è venuta in mente la mia infanzia – ha spiegato Ermal al Dopofestival – Volevo cantare: ‘Bastardo, non mi hai fatto niente’.

E, in fondo, non c’è nulla che possa guarire dalle cicatrici di quei ricordi terribili; lo sa lui per primo, che però ha l’ottimismo sufficiente per cantare, nel toccante brano Lettera a mio padre, contenuto nel suo primo cd da solista, Umano, del 2016

Sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le ali.

Nel brano emerge chiaramente il rapporto turbolento con la figura paterna, definita assente. Il cantautore ha più volte affermato che del padre gli rimangono solo alcuni tratti somatici e il cognome; e nel brano promette che, se un giorno sarà lui ad avere un figlio, sarà del tutto diverso, e gli darà quell’affetto che lui non ha ricevuto.

Oggi Ermal Meta, con un nome che significa “vento di montagna – “da noi è tipico come i vostri Carlo o Alessandro“, spiegà in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni – è il papà orgoglioso di Fortuna Marie, nata lo scorso 19 giugno dall’amore con la compagna Chiara Sturdà, e naturalmente intende essere un padre diverso da quello che ha avuto.

“Io non ho avuto quell’esempio da seguire perché mamma è stata anche un papà per me – ha detto di recente ospite di Verissimo –  La paternità è un territorio nuovo e inesplorato […] Dopo essere diventato papà sono cambiato un po’. Diventare padri è un’emozione troppo grande da contenere, tutti i miei amici me lo dicevano ma finché non lo vivi, non lo capisci, avere un figlio ti sposta proprio dal centro della tua vita e, a volte, ‘andare un po’ in periferia’ è salutare perché riesci a rivedere tutto attraverso un altro punto di vista. Mia figlia ha curato tutte le mie vecchie ferite: quando è nata lei, è come se fossi rinato anche io. Mi sono riscoperto diverso e anche molto più paziente”.

Cresciuto a Fier, nell’entroterra albanese, Meta è stato portato via a 13 anni dalla mamma, assieme al fratello e alla sorella, e fatto salire con loro su un traghetto per Bari, per fuggire da un padre che lui ha sempre definito violento e con cui non ha più rapporti dall’adolescenza.

Ermal Meta è la prova provata che tutto questo può accadere. Da quell’infanzia spezzata a metà, in cui ha dovuto farsi grande per forza, a oggi, il suo talento e la sua forza di volontà hanno cambiato davvero le sue stelle. Le sue cicatrici hanno messo le ali.

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