Cosa faresti se vedessi maltrattare una donna?

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ma sono 365 i giorni in cui chiunque, uomo o donna, vittima o meno, ha il dovere di agire per contrastare questa piaga. Così abbiamo chiesto e ci siamo chiesti, tu cosa faresti se vedessi maltrattare una donna?

Vi è mai capitato di sentire per caso un litigio particolarmente violento? Magari tra i vicini o colto per caso passando per strada davanti a una casa?
Non normali discussioni, s’intende. Ma parole pesanti, minacce, rumori inequivocabili di schiaffi o “mi fai male!” per cui non ci sono scuse.

Vi è mai capitato di conoscere qualcuno che sapete, per certo o per diretta confessione, essere vittima di violenza?

Se vi è capitato, cosa avete fatto? E se non vi è mai capitato, cosa faresti se vedessi maltrattare una donna?

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Ma sono 365 all’anno, i giorni in cui le donne vengono massacrate. Spesso da chi avrebbe dovuto amarle.

Eppure, ancora troppo spesso si ha la percezione che quello della violenza sia un problema astratto, che riguarda le altre, quelle che la violenza la subiscono, quelle che tacciono pur essendone vittime. Perché è chiaro, a noi non capiterebbe mai.

Niente di più sbagliato. Può capitare a tutte, così come è capitato ad altre donne che un tempo avrebbero detto “a me non capiterà mai”. E anche se non capita, la violenza sulle donne è una ferita aperta, viva, che riguarda tutti, uomini e donne indistintamente, e per cui tutti abbiamo delle responsabilità precise.

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Sì, i dati della violenza sono in calo, ma è una diminuzione all’interno di un bollettino di guerra giornaliero inaccettabile. Di esempi di donne violentate, maltrattate, uccise, purtroppo, ce ne sono ancora: da Sara a Noemi, da Pamela a Desirée, fino a Gessica Notaro, viva e oggi simbolo della lotta di tutte quelle donne coraggiose e libere.

È una guerra ancora tutta da combattere e da vincere. Che riguarda ognuno di noi.
Quindi, affinché il 25 Novembre non sia solo una Giornata vana, cominciamo a chiederci cosa ognuno di noi può fare per fermare questa piaga sociale.

I dati del Ministero dell’Interno

La violenza non è un’eccezione, ma un fatto, che ci deve vedere impegnati tutti affinché sia sconfitta. Anche se i dati relativi al 2018 hanno registrato un trend positivo, perché registrano un calo importante degli episodi di violenza, il problema non può e non deve comunque essere sottovalutato.

Nei primi 9 mesi del 2018, come riporta il sito del Ministero dell’Interno, si è assistito a una diminuzione del 19% degli omicidi volontari, passati da da 286 a 231, ma con un dato indicativo: mentre il numero delle donne uccise è diminuito di sole 3 unità (da 97 a 94 casi), quello degli uomini del 28%.
Tra questi 32 casi registrati come femminicidi, per i quali è necessario notare che il 78% delle uccisioni di donne avviene tra le mura domestiche.

Anche i cosiddetti “reati spia“, ovvero i maltrattamenti in famiglia, lo stalking, le percosse, o le violenze sessuali, hanno registrato una diminuzione nel quadriennio 2014-2017 e nei primi 8 mesi del 2018, rispetto ad alcuni aspetti, confrontati con lo stesso periodo dell’anno precedente.

Questi, nel dettaglio, i numeri forniti dal Ministero.

  • atti persecutori : 8.414 casi di stalking a fronte di 9.905 (-15,05%); 9.351 presunti autori di reato segnalati all’autorità giudiziaria a fronte di 8.949 (+4,49%); 827 ammoniti per stalking a fronte di 672 (+23%).
  • maltrattamenti in famiglia: 10.204 casi a fronte di 10.682 ( -4,47%); 11.801 presunti autori di reato segnalati a fronte di 10.644 (+10,87%); 538 ammoniti per violenza domestica a fronte di 409 (+31,5%).
  • violenze sessuali: 2.977 casi a fronte di 3.189 (-6,65%); 3.217 presunti autori di reato segnalati a fronte di 3.011 (+6,84%).
  • percosse: 8.718 casi a fronte di 9.823 (-11,25%); 6.346 presunti autori di reato segnalati a fronte di 6.545 (-3,04%).
[Fonte: http://www.interno.gov.it/it/notizie/questo-non-e-amore-polizia-nelle-piazze-italiane-contro-violenza-genere]

Nel frattempo, sul fronte della prevenzione, da gennaio 2017 tutte le questure applicano il protocollo EVA (Esame delle Violenze Agite), che permette di codificare le modalità di intervento nei casi di liti in famiglia, e di inserire nello Sdi – la banca dati delle Forze di Polizia – le informazioni che possono aiutare a ricostruire gli episodi di violenza domestica in un nucleo familiare, indipendentemente dalla presentazione di una denuncia.
Grazie al protocollo EVA finora sono state gestite e analizzate oltre 9.000 segnalazioni, con 159 arresti in flagranza, 261 casi di denuncia e 81 di allontanamento dalla casa familiare.

Sempre in tema di prevenzione in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha lanciato la campagna di comunicazione istituzionale #LAPARTITADITUTTI.
Ecco il video della campagna:

Posso denunciare per un’altra persona?

Questa è una domanda cui la maggior parte di noi probabilmente non sa rispondere.
Se si desidera aiutare una persona che si sa essere vittima di una violenza occorre necessariamente individuare e distinguere il tipo di reato commesso ai suoi danni: non sempre, infatti, è possibile che a denunciare sia una persona diversa dalla vittima.

Quando si può denunciare per un’altra persona

In caso di maltrattamenti, la procedibilità è d’ufficio, ovvero non è necessaria la denuncia della persona offesa, e per far partire il procedimento penale è sufficiente la segnalazione di un vicino di casa o di un altro familiare, oppure che la vittima stessa vada in ospedale e ci siano elementi sospetti.

Quando non si può denunciare al posto della vittima

Per quanto riguarda i reati di violenza sessuale e gli atti persecutori – con alcune eccezioni per casi gravi -, invece, non è possibile denunciare per terze persone, e si procede a querela, ovvero deve essere la vittima a denunciare affinché si dia il via al procedimento.
La querela deve essere presentata entro 6 mesi, ed è irrevocabile nel caso di violenza sessuale. In alternativa a questa strada si può chiedere l’ammonimento da parte del Questore, il quale, dopo aver effettuato alcuni accertamenti, inviterà la persona accusata a mantenere una condotta conforme alla legge. Si ha, appunto, un’ammonizione orale. Qualora l’accusato dovesse proseguire negli atti persecutori, allora il reato diventa perseguibile d’ufficio e la pena si aggrava.

La flagranza di reato

Fattispecie diversa è quella della flagranza di reato, per cui si può procedere all’arresto, mentre, qualora non ci si trovasse in questa circostanza, in presenza dei presupposto l’autorità giudiziaria può adottare, o chiedere che siano adottate, misure cautelari: fra tutte l’ingiunzione di allontanamento, o, nei casi particolarmente gravi, l’arresto domiciliare o la custodia cautelare in carcere.

Come aiutare una donna vittima di violenza?

Dalla campagna #LAPARTITADITUTTI

Ma cosa fare per aiutare una donna vittima di violenza che ci chiede aiuto.
Il percorso che porta a una denuncia è spesso lungo, tortuoso e richiede una presa di consapevolezza importante.
È fondamentale pertanto che la donna vittima di violenza riceva il nostro totale e pieno supporto, a prescindere dalle sue scelte.

Come agire?

  • Una persona che vede un’amica, o una familiare, in difficoltà, deve instaurare con quest’ultima un rapporto totalmente fiduciario che la metta a proprio agio e nelle condizioni migliori e più serene per parlare. La cosa migliore è che una persona esterna possa fare è ascoltare senza giudicare, facendo percepire alla vittima di essere con altre persone che la comprendono, non che vogliono farla sentire minacciata né che vogliono imporle di prendere direzioni nette anche contro la sua volontà.
  • Per aiutare una vittima di violenza senza dubbio è opportuno informarsi e contattare un centro antiviolenza, per avere una conoscenza non superficiale dell’argomento che potrebbe involontariamente dare luogo a situazioni di pericolo.
  • La disponibilità all’ascolto è la carta vincente per cominciare un processo di presa di consapevolezza che è comunque lungo e tortuoso; alcune domande, da quanto tempo dura, se è aumentata o diminuita, se il partner custodisce armi in casa, possono essere considerate safe dalla vittima e, al contempo, fornire informazioni importanti a chi ascolta.
  • Anche rivolgere domande come “Perché non lo lasci? Perché non hai denunciato?” potrebbero far sentire la vittima incompresa e giudicata, e quindi spingerla nuovamente verso la chiusura.
  • Farla sentire una brava madre, grazie all’atteggiamento di protezione che ha verso i figli, la farà sentire più rilassata rispetto al timore che il partner possa fare delle ritorsioni proprio approfittando di loro; al tempo stesso, però, è importante ricordare alla vittime che le violenze, e le scene a cui assistono in famiglia, possono essere estremamente dannose per loro, anche a livello psicologico.
  • Va da sé, naturalmente, invitarla, quando si sentirà pronta, a rivolgersi alle forze dell’ordine, ma come detto nessun passo deve essere percepito dalla vittima come “imposto”.

A chi rivolgersi?

Le vittime di violenza possono rivolgersi a qualsiasi ufficio di polizia; qualora si abbia a che fare con dei minorenni, si ha subito l’autorizzazione del magistrato per l’ascolto protetto, ovvero in presenza di uno psicologo, che può essere richiesto anche nel caso di donne maggiorenni, in situazioni di particolare vulnerabilità.

In caso di maltrattamenti, si mette in contatto la vittima con il centro antiviolenza più vicino, mentre la polizia prosegue con le sue indagini; nei centri la persona che subisce violenza troverà a sua disposizione un medico legale, un ginecologo, uno psicologo, un assistente sociale e degli avvocati.

Naturalmente, la strada è meno semplice di quanto sembri, perché, anche una volta che una vittima accetti di denunciare il partner violento, non è detto che in seguito riesca a sostenere le conseguenze della sua scelta. Entrano in gioco delle componenti psicologiche di non facile risoluzione, a partire dall’umiliazione nel percepirsi – ed essere percepiti – come vittime, fino al timore per la denuncia nei confronti del proprio compagno, verso cui (può sembrare assurdo ma non lo è) si prova ancora amore. Alla base, talvolta, c’è anche la chimerica speranza che lui possa cambiare, cosa che rende estremamente complessa la separazione e la scelta di denunciare.

Per tutte le donne che riescono a compiere questo passo importantissimo i numeri utili a cui rivolgersi sono:

Numero di pubblica utilità gratuito attivo 24 ore su 24: 1522

Carabinieri: 112

Polizia: 113

Emergenza sanitaria: 118

Per trovare il centro antiviolenza più vicino, invece, si può cercare sulla pagina Comecitrovi, creata come database Web prendendo spunto dall’omonima guida pubblicata nel 1991 dalla Casa delle Donne di Bologna, poi ripubblicata nel 1996 e nel 2000.

Non solo stupri e femminicidi: tutti i reati compresi alla voce “violenza”

Non solo femminicidi e stupri sono da considerarsi atti di violenza verso le donne: nella definizione possono essere compresi molti altri reati, come elencati sul sito dei Carabinieri. Fra questi:

  • art. 570 – Violazione degli obblighi di assistenza familiare.
  • art. 571 – Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.
  • art. 572 – Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli.
  • art. 575 – Omicidio.
  • art. 580 – Istigazione o aiuto al suicidio.
    art. 581 – Percosse.
  • art. 582 – Lesione personale.
  • art. 583 bis -Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili.
  • art. 594 – Ingiuria.
  • art. 595 – Diffamazione.
  • art. 605 – Sequestro di persona.
  • art. 609 bis -Violenza sessuale.
  • art. 609 octies -Violenza sessuale di gruppo.
  • art. 610 – Violenza privata.
  • art. 612 – Minaccia.
  • art. 612 bis – Atti persecutori (stalking).
  • art. 616 – Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza.
  • art. 617 – Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche.
  • art. 617 bis -Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche.
  • art. 660 – Molestia o disturbo alle persone.
[Fonte:http://www.carabinieri.it/cittadino/consigli/tematici/questioni-di-vita/violenza/violenza-domestica]

Vediamo alcuni di questi reati:

Atti persecutori/stalking (art. 612 bis)

Si tratta di atti, reiterati nel tempo, che manifestano una condotta persecutoria nei confronti della vittima, che ne induce lo stato d’ansia o di paura per l’incolumità propria e dei propri cari, o le impone un’alterazione nello stile di vita.

Maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572)

Anche in questa fattispecie la condotta deve essere reiterata e tale da determinare uno stato di mortificazione e subordinazione della vittima come conseguenza delle vessazioni.
Alla fattispecie appartiene però anche la violenza psicologica, deleteria come quella fisica, fatta di umiliazioni morali di carattere economico e che mirano a ledere la dignità e l’individualità della persona. Si passa dall’uomo che picchia la moglie al partner che rifiuta di concedere l’indipendenza economica, o che denigra la moglie anche in presenza di altre persone, che la insulta o la minaccia ripetutamente. Naturalmente, quest’ultima tipologia di maltrattamento è più difficilmente dimostrabile.

La violenza sessuale (art. 609 bis)

Rispetto a qualche anno fa, quando veniva fatta una distinzione fra atti di libidine e la congiunzione carnale violenta, oggi appartengono alla nomenclatura di violenza sessuale tutti gli atti di natura sessuale, non solo la congiunzione carnale, che la vittima è costretta o indotta a subire o compiere senza il suo consenso.

Val la pena sottolineare che stupro, molestie o palpeggiamenti hanno tuttavia pene previste diverse nonostante rientrino nella medesima tipologia di reato.
In tale contesto lo stupro, il palpeggiamento o le molestie di natura sessuale rientrano sì sotto lo stesso tipo di reato, ma sono ovviamente distinti a livello di pene previste.

Non esiste invece a livello giuridico il reato di femminicidio, essendo il termine entrato, purtroppo, nel lessico comune, ma non avendo alcuna valenza giuridica.

Con la legge 119/2013 sono poi state introdotte alcune aggravanti per taluni reati: ad esempio, se la violenza sessuale è commessa ai danni di una donna in gravidanza o se il colpevole è un convivente, familiare o divorziato o comunque legato da una relazione affettiva, anche senza convivenza.

Articolo realizzato in collaborazione con il Dipartimento
delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri

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