Ilaria Alpi e altre 10 donne brutalmente assassinate per metterle a tacere
Anna Politkovskaja , Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, e molte altre donne coraggiose che hanno pagato con la vita il coraggio di dire la verità
Anna Politkovskaja , Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, e molte altre donne coraggiose che hanno pagato con la vita il coraggio di dire la verità
Il giornalismo d’inchiesta è ancora una professione rischiosa. Nel 2018 sono 80 i giornalisti rimasti uccisi in tutto il mondo, con un incremento rispetto all’anno precedente del 15%. Fra di loro, ovviamente, ci sono anche moltissime donne.
Rispetto ai colleghi uomini, essere inviate in paesi in guerra o in contesti pericolosi comporta maggiori rischi. Inoltre, la minaccia peggiore arriva proprio dalle persone che dovrebbero proteggerle, come guardie e autisti. Secondo Courtney Radsch, direttrice del CPJ (Committee to Protect Journalists), “stiamo assistendo a un deterioramento di proporzioni globali in materia di libertà di stampa”.
Nella storia italiana abbiamo avuto i casi drammatici di Graziella De Palo, Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, ma sono moltissime le donne uccise in tutto il mondo solo per aver tentato di svelare quanto nascosto dai potenti o dalla criminalità, come la russa Anna Politkovskaja. Giornaliste, ma anche attiviste per i diritti civili: una lunga lista che purtroppo non sembra fermarsi.
Sfogliate la gallery per leggere le storie di donne coraggiose che hanno perso la vita per raccontare la verità…
Nata il 30 agosto 1958 a New York, Anna Politkovskaja era figlia di due diplomatici russi. Dopo la laurea in giornalismo nel 1980, iniziò a collaborare per il giornale moscovita Izvestija, poi come cronista per la Obščaja Gazeta e altre radio e TV libere. A partire dal 1998 si occupò della situazione in Cecenia e nel giugno 1999 cominciò a lavorare per la Novaja Gazeta. Denunciò pubblicamente la posizione di Vladimir Putin sulla guerra in Cecenia, Daghestan e Inguscezia, ricevendo diverse minacce di morte. Venne ritrovata morta il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno di Putin, nell’ascensore del suo palazzo a Mosca. Le avevano sparato alla testa. Il mandante e l’esecutore sono ancora oggi sconosciuti.
Nel 2018 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per non “avere messo in atto le indagini appropriate per indentificare i mandanti” dell’omicidio della giornalista.
Nata a Sliema (Malta) il 26 agosto 1964, dopo la laurea in archeologia Daphne Caruana Galizia iniziò a lavorare come giornalista per The Sunday Times e The Malta Independent. Nel 2008 aprì un blog di grande successo, chiamato Running Commentary, dando spazio a segnalazioni investigative e commenti personali. Fu la prima a parlare del coinvolgimento di alcuni politici maltesi nei cosiddetti Panama Papers, il fascicolo contenente informazioni dettagliate su diverse società offshore. Il 16 ottobre 2017 morì in seguito all’esplosione di un’autobomba appena fuori casa, vicino a Musta. Due settimane prima della sua morte aveva presentato una denuncia alla polizia per minacce. Le indagini, a cui ha partecipato anche l’FBI, hanno portato all’arresto di tre persone accusate di essere gli esecutori materiali dell’attentato dinamitardo, ma molti sostengano che il vero mandante sia protetto dall’alto.
Nata a Roma il 17 giugno 1956, Graziella De Palo iniziò a lavorare come giornalista a vent’anni, mentre ancora frequentava l’università. Nel 1980 scrisse diversi pezzi per Paese Sera: il suo nome si era già fatto notare per le sue inchieste sul traffico d’armi. Nello stesso anno, il 22 agosto, partì con il collega Italo Toni per Damasco, dove volevano realizzare un reportage sui campi palestinesi in Siria e in Libano. Entrambi sparirono nel nulla e i loro corpi non vennero mai ritrovati, nonostante diverse segnalazioni. Persino Arafat nel 1981 si impegnò con il nostro paese, promettendo una liberazione dei due giornalisti, ma il presunto rapimento venne presto smentito. Dopo le indagini, che non portarono a nulla, nel 1984 il presidente del consiglio Bettino Craxi appose il segreto di Stato sulla vicenda, scaduto nel 2014 come prevede la legge, dopo 30 anni.
Il caso di Ilaria Alpi rimane ancora uno dei grandi misteri italiani. Giornalista e fotoreporter del TG3, è stata assassinata il 20 marzo 1994 a Mogadiscio insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin. Nonostante le lunghe indagini, ancora oggi non sappiamo chi li abbia uccisi e perché.
Nata a Catania il 26 ottobre 1962, dopo la laurea in filosofia Maria Grazia Cutuli iniziò la carriera di giornalista scrivendo di teatro per la testata La Sicilia. Dopo il trasferimento a Milano, scrisse reportage su Bosnia, Congo, Sierra Leone e Cambogia per il settimanale Epoca. Alla chiusura della testata. Maria Grazia Cutuli si specializzò presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, frequentando un corso di peacekeeping.
Dopo essere stata volontaria in Ruanda per le Nazioni Unite, nel 1997 tornò a fare la giornalista per il Corriere della sera. Nel 2001, durante una visita in Pakistan per indagare dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York, scoprì un deposito di fiale di Sarin, potente gas nervino, che poteva essere collegato all’esercito americano. Due giorni dopo, mentre si dirigeva da Jalalabad a Kabul accompagnata da altri tre colleghi, il convoglio dei giornalisti venne fermato e crivellato di colpi di Kalashikov. Furono identificati tre colpevoli, poi condannati alla pena capitale del 2005. Sentenza a cui la famiglia della Cutuli si è sempre opposta.
Nata il 26 maggio 1967 a Tsuru, in Giappone, Mika Yamamoto iniziò a lavorare come giornalista nel 1990, per la TV Asahi. Diventata poi corrispondente di guerra da Kosovo, Bosnia, Cecenia, Indonesia, Afghanistan, Iraq e Uganda, il 3 aprile 2003 scampò all’attacco aereo del Palestine Hotel di Baghdad nel quale persero la vita un cronista spagnolo e due giornalisti dell’agenzia Reuters. Il 20 agosto 2012, mentre si trovava in Siria per testimoniare la guerra civile in atto, venne raggiunta al collo da diversi colpi, dopo essere rimasta coinvolta in uno scontro fra le truppe ribelli e quelle governative.
Nata a Dublino il 5 luglio 1958, Veronica Guerin è si fece notare come giornalista per la sua lotta al narcotraffico negli anni Novanta, quando l’Irlanda si trovava all’apice del consumo di droga. Dopo diverse minacce di morte, nell’ottobre del 1994 vennero sparati due colpi di pistola contro la sua casa, ma lei non diede molta importanza a quanto accaduto. L’Independent Newspapers, per cui lavorava, installò un sistema di sicurezza per proteggerla e venne scortata dalla polizia irlandese sia di giorno che di notte. Il 26 giugno del 1996, mentre era ferma al semaforo nella periferia di Dublino, vicino alla sua macchina apparve una motocicletta, con a bordo due uomini. Uno dei due sparò sei colpi di pistola, che la uccisero. Due giorni dopo l’omicidio la Guerin avrebbe dovuto parlare al Freedom Forum, a Londra: l’argomento del suo intervento era “Morire per dire la verità: giornalisti in pericolo”.
Marielle Franco, attivista e consigliera comunale brasiliana, aveva solo 38 anni quando è stata uccisa, nella notte tra il 14 e il 15 marzo 2018. Stava tornando nella sua casa nel Complexo do Maré, un agglomerato di favelas a Rio de Janeiro, dopo una riunione di lavoro per discutere della violenza contro le donne nere. Un’auto si è affiancata alla sua e ha sparato tredici colpi, uccidendo lei e il suo autista.
L’attivista turca Hande Kader, che si occupava della tutela dei diritti LGBT, scomparve dalla sua casa a Istanbul nell’estate del 2016. Il suo corpo fu trovato mutilato e carbonizzato, sul ciglio di una strada di Istanbul il 12 agosto del 2016. Aveva solo 23 anni ed era stata un’icona del Pride di Istanbul del 2015, durante il quale si era scontrata con la polizia turca che cercava di fermare la parata.
Salwa Bugaighis, avvocatessa e attivista in prima fila nella difesa dei prigionieri politici durante il regime di Gheddafi, fu assassinata il 26 giugno 2016 nella sua abitazione di Bengasi. Era vice presidente della Commissione per il Dialogo nazionale in Libia: con l’ascesa degli islamisti moderati al potere, Bugaighis si era più volte espressa contro il pericolo posto da gruppi islamisti radicali e moderati per il processo di costruzione nazionale.
Yelena è stata ritrovata morta nel luglio del 2019. Il suo nome era sulla lista pubblicata sul sito russo Saw, che invitava alla “caccia” degli attivisti della comunità LGBT.
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