Per anni siamo rimasti imprigionati in stereotipi improntati esclusivamente a esaltare presunte differenze tra ciò che è considerato “maschile” e “femminile”; cliché, insomma, basati solo sulla sfera sessuale, ma tesi a evidenziare chiaramente che nel mondo ci sono cose che gli uomini e le donne possono o non possono fare, in base al proprio genere di appartenenza.
Verrebbe da dire – e senza effettivamente essere lontani dalla verità – che, in realtà, non siamo ancora riusciti a liberarci del tutto di questa mentalità retrograda e piuttosto settaria, per cui è logico inquadrare gusti, aspettative e anche ambizioni di una persona puramente sulla base dei propri organi genitali e di ciò di cui anatomicamente si è stati dotati. Per quanto appaia in maniera evidente quanto tutto ciò possa essere riduttivo e banalizzante rispetto all’essere umano nel suo complesso, indipendentemente dal sesso di appartenenza, non è difficile trovare tutt’oggi manifestazioni inequivocabili di una filosofia ancora fin troppo radicata, a partire dai giocattoli per bambini, dichiaratamente divisi in “da femmina” e “da maschio”, passando per i libri, fino, ovviamente, a cose più specifiche e che iconicamente, nell’immaginario culturale intero, hanno da sempre caratterizzato un sesso o l’altro, ovvero vestiti, accessori e trucco.
Una cosa, però, va detta: sbagliamo se pensiamo che l’idealizzazione di uno stereotipo sociale sia univoco e vada sempre e solo nella direzione delle donne. Insomma, per quanto sia evidente – e triste – che ancora oggi molte donne si vedono escluse dalle sfere più alte dei ruoli professionali e dirigenziali, pagate di meno rispetto ai colleghi maschi, ridicolizzate se dicono di aspirare a fare mestieri “da uomo”, o almeno non prese seriamente in considerazione (ditelo a Samantha Cristoforetti, e poi ne riparliamo!), e addirittura colpevolizzate di fronte a episodi di molestia o violenza – non c’è solo la frase “Se l’è cercata”, ma c’è anche quella sensazione drammaticamente frustrante che un uomo sia in qualche modo sempre più credibile rispetto a una donna – è vero anche che gli stereotipi legati alla sfera sessuale non escludono gli uomini.
Cosa direbbe la maggior parte delle persone, ad esempio, di fronte a un uomo sui tacchi, o con un make up perfetto? L’associazione immediata e spontanea che sorgerebbe è “è gay”. Ma perché? Perché diamo per scontato, sopraffatti da anni e anni di indottrinamento culturale e sessuale, che stiletto e rimmel siano prerogativa esclusiva delle donne; che gli uomini possano sì curarsi, ma “nei limiti della decenza”, senza tramutarsi in effeminati esseri senza traccia di virilità.
Il concetto sembra piuttosto chiaro ed eloquente, ed è quello del maschio Alpha, tenace retaggio di anni passati a vivere nel patriarcato e nella figura del padre-padrone.
E che dire, invece, delle drag queen? Tutti danno per scontato che in un uomo che ama travestirsi sia un omosessuale, perché, sempre collegandosi al discorso precedente, lustrini e paillettes sono appannaggio esclusivo femminile.
Solo pochi anni fa, inoltre, è stato – in verità mai del tutto – estirpato l’odioso pregiudizio verso i ballerini; se ripensiamo al film Billy Elliott, e al padre di lui che alle scarpette a punta del figlio preferiva i guantoni della boxe, non possiamo certo affermare che veicolasse un messaggio inesistente. L’associazione ballerino=gay esisteva, in parte esiste tuttora.
E sia chiaro, ciò non vuole in alcun modo dire che i ballerini gay non vadano bene, solo che non sempre è vero, e chiamare tutti i ballerini di danza classica omosessuali ha lo stesso significato piatto, riduttivo e mortificante del ritenere che “tutte le donne debbano stare in cucina”.
Per questo, in gallery abbiamo voluto raccogliere storie di uomini che hanno sfidato gli stereotipi, per essere semplicemente quello che sono.
Yanis ama ballare sui tacchi
Il coreografo francese Yanis Marshall ama ballare sui tacchi a spillo. Grande fan di Madonna, è diventato famoso grazie a Beyoncè, perché è proprio sui brani della pop star che le sue perfomance sono diventate virali sul web.
Lo stilista Laurentin Cosmos
Il designer danese Klaus Vemme, questo il suo vero nome, è assolutamente etero, solo non capisce perché alle donne sia concesso scegliere cosa indossare e agli uomini no. Per questo, sfoggia spesso degli stupendi tacchi.
Laurentin Cosmos: "Perché un uomo etero come me vive sui tacchi a spillo'
Laurentin Cosmos, il designer che indossa sempre i tacchi e ha lanciato una collezione di scarpe gender-free, dove non c'è più nessuna differenza...
Richard Schaefer si trasforma nelle principesse Disney
Ama il make up, e ama la Disney: per questo, il ventiduenne californiano ha deciso di unire le due passioni e di diventare un cosplayer delle principesse protagoniste dei cartoni animati.
Adam Christensen
L’artista londinese è famoso, ma il suo alter ego femminile, Madam, lo è decisamente di più. È una perfomer apprezzata in tutto il mondo e protagonista di moltissime mostre.
Chicco
L’alter ego dell’italianissimo Chicco è la drag queen Monique De Torbel.
Chicco è assolutamente eterosessuale, come spiega in questa intervista, e fa la drag queen solo per passione, che vede il suo ruolo come quello di un attore. Si è sposato a 30 anni ed è rimasto con sua moglie per 15, ha due figli e quando ha iniziato a interpretare Monique loro erano molto piccoli.
Papà è colorato, mi dicevano. Ma io ho cercato di fargliela vivere nel modo più normale possibile. […] Non ho mai avuto dubbi sul mio orientamento sessuale, semmai li hanno avuti i miei familiari.
Tatuato non significa gangster
Un altro stereotipo molto diffuso riguarda la presenza di molti tatuaggi sparsi sul corpo; è un cliché differente, certo, ma comunque resta un pregiudizio sia sull’onestà dell’individuo che li ha, sia, di nuovo, sull’orientamento sessuale. Molti tattoo non equivalgono a una spiccata virilità, e non sono simbolo dell’essere per forza eterosessuale.
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