“Siamo immersi in una notte profonda, non sappiamo dove stiamo andando”: con queste ferali parole si chiude Pays Barbare, l’ultimo lungometraggio girato da Angela Ricci Lucchi insieme al compagno Yervant Gianikian. Un sodalizio, quello dei due cineasti, proseguito fino alla scomparsa di lei nel febbraio del 2018. La loro storia di artisti, di cercatori di memoria e di coppia è stata ripresa e scandagliata in un documentario diviso in due parti e intitolato I diari di Angela / Noi due cineasti.
Selezionato fuori concorso alla 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il secondo capitolo riprende il filo narrativo iniziato dalla prima parte, presentata durante la kermesse del 2018, “il mio disperato tentativo di riportarla al mio fianco”, così ha definito Yervant questo lavoro. Un excursus poetico e intenso sul lavoro di una donna che è stata un’artista completa e stoica. Intervistata da Filmdoc un anno prima della sua morte, Angela Ricci Lucchi raccontava così il suo lavoro contro il tempo e contro la dittatura delle immagini televisive.
In tanti ci dicono che oggi l’immagine viene bruciata da quella successiva, continuamente, mentre ciò non accade nei nostri film, a causa dei tempi lunghi, del rallentamento. La televisione ci ha disabituati a riflettere, a decodificare quello che ci viene rifilato. A volte, scherzando con Yervant, dico che forse la gente ci odia perché la costringiamo a pensare.
Il ricordo dell’artista porta la firma di Gianikian, che ha voluto omaggiare la compagna di lavoro e di vita, ma anche della stessa Ricci Lucchi, come era accaduto per tutte le loro opere. Vengono riprese e montate le immagini e i frammenti di una lunga carriera artistica, intervallate dai disegni con cui lei raccontava quotidianamente quello che le accadeva, fin dal suo esordio con il corto sperimentale Alice profumata di rosa, in cui accompagnava alla proiezione anche la vaporizzazione di essenze per completare l’esperienza sensoriale.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la vita di Angela Ricci Lucchi…
Angela Ricci Lucchi in un frammento del documentario
Nata a Lugo di Romagna nel 1942, Angela Ricci Lucchi si forma come pittrice, studiando in Austria con il grande artista Oskar Kokoschka. Presto, però, si accorge di essere interessata anche ad altre espressioni multimediali, come raccontato nella biografia a Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi a cura di Sergio Toffetti.
Il percorso artistico di Angela Ricci Lucchi
Ho studiato con Kokoschka a Salisburgo e nel 1972 ho fatto una mostra a Ferrara, presentata da Renato Barilli. Ero già molto interessata all’uso dei media e ho iniziato una specie di “inchiesta”, poi pubblicata per le edizioni Pari & Dispari, che consisteva nel porre a tutti una serie di domande essenziali: che cos’è la rosa per te? L’ho chiesto tra gli altri a Zavattini, che mi mandò una bellissima lettera. E l’ho chiesto anche a Yervant che avevo appena conosciuto.
L'incontro con Yervant Gianikian
Negli Anni Settanta conosce Yervant Gianikian, architetto italiano di origini armene, che diventa suo compagno di lavoro e di vita. Insieme recuperano materiali filmici del passato, foto e pellicole, diventando esploratori e rielaboratori di memorie che altrimenti avrebbero rischiato di scomparire.
Lui aveva già fatto degli 8 mm, aveva esposto alla Galleria Cavallino di Venezia. Insieme abbiamo girato, a quattro mani, un film sui “pilastrini”, cioè sui piccoli altari dedicati alla Madonna disseminati nella campagna romagnola. E da lì tutto è cominciato.
Un disegno di Angela Ricci Lucchi
Oltre a tenere quaderni pieni di disegni che raccontano il suo quotidiano, a partire dal 1975 Angela Ricci Lucchi firma alcuni corti sperimentali, esplorando non solo un territorio visivo, ma anche olfattivo. I suoi cosiddetti “film profumati” mettono lo spettatore davanti a qualcosa che non è più solo un’esperienza visiva. Nascono così Alice profumata di rosa, Catalogo comparativo, Catalogo della scomposizione, Del sonno e dei sogni di rosa limitata al senso dell’odorato, Non cercare il profumo di Buñuel e altri corti.
Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian
Negli Anni Ottanta passa ai lungometraggi, concentrandosi con il compagno sul recupero di immagini legate soprattutto al colonialismo e alla guerra. I vecchi fotogrammi, montati sapientemente, diventano così qualcosa di nuovo, che va al di là del semplice film o documentario e che li porta a diventare oggetto di retrospettive in alcuni dei musei più importanti al mondo, come il MOMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi.
Yervant Gianikian a Venezia nel 2018
Angela Ricci Lucchi muore a Milano il 28 febbraio 2018, dopo una breve malattia. Il compagno si mette subito al lavoro per riportare alla luce anni di collaborazione artistica. A Venezia già nel 2018, Gianikian ha spiegato la decisione di proporre il documentario.
Il mio disperato tentativo di riportarla al mio fianco, di farla rivivere, la continuazione del nostro lavoro come scopo, missione attraverso i suoi quaderni e disegni, una sorta di mappa per l’agire ora, che ne contiene le linee direttrici e ne prevede la continuazione.
Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi
Angela e io abbiamo predisposto nuovi e importanti progetti da compiere. La promessa, il giuramento, di continuare l’opera.
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