La notte tra il 16 e il 17 luglio 1942 avvenne la più grande retata di ebrei condotta sul suolo francese. Il rastrellamento del Velodromo d’inverno, comunemente chiamato Rafle du Vel’ d’Hiv, è ancora oggi uno degli episodi più neri della storia di Parigi e della Francia intera, anche perché furono proprio le milizie francesi e il Governo di Vichy a condurre l’operazione.
Secondo i dati della prefettura, quella maledetta notte vennero arrestate 13.152 persone (tra cui oltre 4.000 bambini), che furono poi imprigionate al Velodromo d’Hiver o internate nel campo di Drancy, prima di essere trasportate in treno ad Auschwitz. La retata coinvolse ebrei di diverse nazionalità e di ogni età.
Pochi sopravvissero al rastrellamento del velodromo: Annette Muller (Parigi, 15 marzo 1933), di famiglia ebraica, fu una delle poche bambine a salvarsi. La sua autobiografia, pubblicata per la prima volta nel 1991, è una delle rare testimonianze di quanto accaduto. La sua voce, così come è accaduto per i diari di Anna Frank e di Etty Hillesum, merita di essere letta e riletta.
La petite fille du Vel d'Hiv'
La Famiglia Muller (mamma Rachel e i 4 figli)
Annette Muller era figlia di ebrei polacchi, provenienti da Tarnów. I suoi genitori si erano trasferiti a Parigi nel 1929, appena ventenni, per sfuggire alla povertà e all’antisemitismo crescente. Rachel (1907-1942) proveniva da una famiglia povera e molto religiosa, mentre il padre Manek (1909-2002) era un militante comunista e un apprendista sarto. Oltre ad Annette, i Muller ebbero altri tre figli.
Manek Muller nel 1944 a Tolosa
Con l’occupazione tedesca della Francia nel 1940 e l’inizio delle persecuzioni antisemite, il padre di Annette perse il lavoro. La notte del rastrellamento del Velodromo, però, Manek Muller era fuori Parigi, in attesa di entrare nel campo di lavoro per ebrei immigrati a Creil (dipartimento dell’Oise). Avvisato dell’operazione in corso, riuscì a nascondersi fino alla fine delle persecuzioni.
Il rastrellamento del Velodromo del 1942
All’arrivo della polizia francese, i due fratelli maggiori di Annette (Henri e Jean, di 10 e 11 anni) riuscirono a fuggire e raggiunsero il padre, nascondendosi presso l’Orfanotrofio di Neuilly-sur-Seine. Annette (che allora aveva 9 anni), la madre Rachel e il piccolo Michel (di 7 anni) furono prelevati, condotti prima al Vélodrome d’Hiver e, dopo sei giorni, deportati nel centro di detenzione di Beaune-la-Rolande. Qui tutti i bambini furono presto separati dai genitori e lasciati in balìa delle guardie.
La targa commemorativa del rastrellamento del velodromo
All’improvviso ho sentito dei colpi terribili contro la porta. Ci siamo alzate, con il cuore in gola. Due uomini sono entrati nella stanza, grandi, con degli impermeabili beige. Sbrigatevi, vestitevi! ci hanno ordinato, Vi portiamo via. Di colpo, ho visto mia madre mettersi in ginocchio, strisciare, afferrare le gambe degli uomini beige, singhiozzare e pregare: Per favore, prendete me, ma non i miei figli. Loro la spinsero via.
(da “La petite fille du Vel d’Hiv” di Annette Muller)
Sopravvissuta grazie all'intervento del padre
All’interno del campo di Beaune-la-Rolande, la madre di Annette Muller riuscì a corrompere una guardia e a inviare una lettera al marito per informarlo della situazione. Poi, come tutti gli adulti, fu trasferita ad Auschwitz, dove morì poco dopo. Annette e suo fratello, invece, furono portati nel campo di internamento di Drancy. Nel frattempo, però, il papà era riuscito a convincere un ricco ebreo polacco a intercedere per i due piccoli, che vennero quindi fatti trasferire fuori dal campo come lavoratori destinati a un’azienda della lavorazione del pellame. Una volta fuori, riuscì a farli ricongiungere con i due fratelli maggiori nell’Orfanotrofio di Neuilly-sur-Seine.
La locandina del film che ricorda il rastrellamento del velodromo
Dal libro di Annette Muller, nel 2010 è stato tratto un film, intitolato La Rafle (“Vento di primavera” nella versione italiana).
Una scena del film "La Rafle"
Eravamo attanagliati dalla fame. Una fame insaziabile, costante. Ci davano dell’acqua con dei fagiolini, dentro un barattolo. Mi dava il voltastomaco. Ero in preda alla febbre. Mamma metteva la mano sulla mia fronte e sospirava.
(da “La petite fille du Vel d’Hiv” di Annette Muller)
Il libro scritto da Annette Muller
Io e Michel, dandoci la mano, in silenzio e fermi, con le lacrime che si asciugavano sui nostri visi, guardavamo la mamma, immobile, nella prima fila del gruppo davanti a noi. Da lontano ho visto il suo sorriso, il suo sguardo dolce. Con la mano ha accennato un saluto. Poi hanno portato via il suo gruppo e siamo rimasti soli.
(da “La petite fille du Vel d’Hiv” di Annette Muller)
Il libro scritto da Annette Muller
Per molti anni, dopo la guerra, mio papà è stato tormentato dalla paura. Ha continuato a temere che il razzismo potesse tornare così violento proprio come era successo durante la guerra.
(da “La petite fille du Vel d’Hiv” di Annette Muller)
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