Il 31 gennaio 2018 Eva Mozes Kor ha compiuto 84 anni, ma c’è una data che per lei è molto più importante. Il 17 gennaio del 1945 veniva infatti liberata da Auschwitz insieme alla sorella Miriam, con cui era stata sottoposta agli esperimenti del dottor Josef Mengele, una delle figure più inquietanti e mefistofeliche della Seconda Guerra Mondiale.
Uniche sopravvissute della loro famiglia, Eva e Miriam erano infatti “preziose” per il medico più tristemente noto del Terzo Reich. Passato alla storia come l’angelo della morte, Mengele aveva rivolto gran parte delle sue attenzioni allo studio dei gemelli e all’eugenetica. Eva Mozes Kor ha raccontato la sua storia nel libro Ad Auschwitz ho imparato il perdono e, in occasione della Giornata della Memoria del 27 gennaio 2018, ha raccontato a Donna Moderna la sua esperienza.
Amavo le bombe che fischiavano sopra la mia testa perché sentirle significava che sarebbero venuti a liberarci. Io e Miriam avevamo dieci anni ed eravamo le gemelle del dottor Josef Mengele, il cosiddetto “angelo della morte” che durante l’Olocausto fece esperimenti genetici su oltre 1.500 coppie di gemelli deportati al campo. Di queste, solo 100 hanno raggiunto, vive, il giorno della liberazione. Dopo una manciata di minuti dall’arrivo ad Auschwitz, ci hanno strappate da nostra madre, nostro padre e dalle nostre sorelle. Da quel giorno non li abbiamo più rivisti.
Laureato in antropologia all’Università Ludwig Maximilian di Monaco e in medicina all’Università Goethe di Francoforte, Josef Mengele usava i deportati come cavie umane, soprattutto i bambini. Sopravvissuto alla caduta del regime nazista, riuscì a sottrarsi al processo di Norimberga rifugiandosi in Sud America, grazie a documenti falsi rilasciati in Alto Adige. Nonostante fosse ricercato come criminale di guerra, il medico sfuggì alla cattura per il resto della sua vita.
Sfogliate la gallery per leggere la storia e le parole di Eva Mozes Kor…
Eva Mozes Kor (a destra) nel campo di concentramento
“La violenza che ho subito e gli orrori ai quali ho assistito nei dieci mesi successivi, hanno cancellato per sempre la mia infanzia. Al campo mi ero assuefatta all’atrocità e, con la stessa naturalezza con cui respiravo, provavo terrore”, ha raccontato Eva Mozes Kor.
La famiglia di Eva Mozes Kor
“Il dottor Mengele iniettò nel mio corpo sostanze misteriose, che nessuno riuscì mai a comprendere fino in fondo e che ancora oggi mi provocano problemi di salute. Al contrario, il veleno che mi ha trasfuso nell’anima lo riconobbi presto: la forza distruttiva dell’odio e della paura ha marchiato a fuoco quasi tutta la mia vita. Per molto tempo dopo la liberazione, rimasta orfana e senza casa, fui perseguitata da feroci incubi notturni e ovunque trovassi rifugio mi sentivo indesiderata. Il mondo scoprì la portata delle crudeltà dell’Olocausto dopo decenni di silenzio, durante i quali venni offesa ed emarginata perché ebrea. Un’ingiustizia che alimentò la mia rabbia e sete di vendetta.”
Eva Mozes Kor con la gemella Miriam (a destra) il giorno della liberazione
“Per quasi cinquanta anni ho lottato per ritrovare la voglia di vivere che avevo da bambina, eppure mi sentivo sempre più fragile. Poco dopo la scomparsa di mia sorella Miriam, conobbi il Dottor Münch, un medico nazista pentito. Inaspettatamente accettò di firmare una dichiarazione sull’esistenza delle camere a gas e i crimini che vi furono commessi. La sua fu una testimonianza fondamentale sia per mettere a tacere chi ancora sminuiva le atrocità dell’Olocausto sia per me. La gratitudine che provai per lui riuscì pian piano a cancellare il risentimento e lasciò spazio al perdono.”
L'infermiera che salvò Eva e la sua gemella
L’infermiera Rosalia Csengeri aiutò Eva e Miriam a tornare “a casa” dopo la liberazione. Sono tante le persone che hanno permesso la sua liberazione, ma Eva ha avuto parole di perdono anche per chi non l’aiutò affatto.
Le pietre d'inciampo della famiglia di Eva Mozes Kor
“Il mio concetto di perdono non rimuove i ricordi, ne elimina il peso. Non equivale a condonare i delitti, perché la giustizia riguarda i colpevoli e deve fare il suo corso; il perdono serve a noi, per liberarci dalle catene che ci legano a loro. Negli ultimi vent’anni, da quando ho imparato a perdonare, dormo e respiro meglio ma la cosa più importante è che riesco a esaminare il passato, ricordarlo in ogni dettaglio e parlarne senza esserne sopraffatta. È una distanza essenziale per non sentirmi più vittima e riacquistare forza emotiva.”
Eva Mozes Kor ad Auschwitz
Nel 2015 Eva Mozes Kor ha partecipato come testimone al processo ad Amburgo, in Germania, contro Oskar Groening, un uomo di 93 anni che lavorava al campo di concentramento di Auschwitz, accusato di avere contribuito alla morte di 300.000. Il 23 aprile 2015, dopo aver testimoniato, la Mozes Kor ha voluto stringere la mano all’uomo, che le ha dato un bacio sulla guancia. Il gesto ha attirato qualche critica, che lei ha respinto con fermezza.
Eva Mozes Kor con Oskar Groening
“Conosco molte persone che mi criticheranno per questa foto, ma non mi importa”, ha detto Eva in una lettera scritta per Quora. “Si è trattato di due esseri umani che si incontrano settant’anni dopo. Per come sono fatta, non capirò mai perché alcune persone preferiscano la rabbia a un gesto di buona volontà. Dalla rabbia non proviene mai nulla di buono. L’energia generata dalla rabbia è di tipo violento. Vi faccio una domanda: cosa desideriamo per il futuro? Vogliamo continuare ad accusarci a vicenda, senza che gli accusatori e gli accusati abbiano mai una relazione? In che modo potrebbe funzionare? Osservate il mondo di oggi: questo metodo non sta funzionando. Tutto quello che abbiamo è un mucchio di gente piena di rabbia.”
Eva Mozes Kor
Nel 2013 Eva ha incontrato ad Auschwitz Rainer Hoss, nipote del comandante del lager durante gli anni in cui lei fu tenuta prigioniera. Rainer oggi si occupa di educare le nuove generazioni e far conoscere le conseguenze del nazismo. Nel 2014 Eva gli ha chiesto se voleva essere adottato da lei e tra i due si è formato un fortissimo e simbolico rapporto.
Eva Mozes Kor
Di origine rumena, dopo la guerra Eva ha scelto di vivere prima in Romania, insieme alla zia, poi in Israele e infine insieme al marito (anche lui sopravvissuto all’Olocausto) negli Stati Uniti, dove ancora oggi gira di scuola in scuola per raccontare la sua storia. Negli Anni 80 ha fondato l’associazione CANDLES (acronimo di “Children of Auschwitz Nazi Deadly Lab Experiments Survivors”), che si occupa dei sopravvissuti agli esperimenti sugli esseri umani portati avanti dai nazisti. Sua sorella Miriam è morta nel 1993.
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