“Bel tipo, affascinante seppur lievemente sovrappeso. Appassionato dei personaggi solo all’apparenza di contorno, marginali: il ragazzo alle tastiere, il tecnico del suono”.
Questa è la definizione che a Vanity Fair da di sé Brunori Sas, pseudonimo di Dario Brunori, cantautore cosentino che nel suo talk show televisivo. Brunori Sa, andato in onda nel 2018, ha affrontato il tema della sua generazione, quella dei trentenni e quarantenni cresciuti con l’ambizione del posto fisso e della stabilità monetaria e che oggi si ritrovano a fare i conti con bel altro tipo di realtà.
Siamo nella terra di mezzo, con punti interrogativi giganti, divisi tra la tentazione delusa della serenità domestica e qualcosa che si agita in noi e persevera nel rompere quello schema, la linearità di sequenze già viste – spiega lui, che ha cominciato a fare musica a 30 anni, dopo la morte del padre, parlando a Vanity dell’epoca complicata dei suoi coetanei – Vorremmo star tranquilli, ma in un percorso non tracciato. Perché guardando indietro lo sappiamo: per quell’epoca felice qualcosa della nostra libertà personale andava sacrificato.
Lui che si definisce “il vecchio che avanza”, scherzando sui suoi modi pacati, sul suo essere posato come un uomo d’altri tempi, ironizzando persino, durante un’intervista con Manuel Agnelli, sulla “pesantezza” dei suoi testi, in realtà è uno dei più apprezzati cantautori degli ultimi anni; ne è passato di tempo da Vol.1, album d’esordio del 2009, un canzoniere italiano composto da brani semplici e diretti, pieni di quell’immaginario di ricordi dei trentenni dell’epoca, con chiari rimandi ai primi anni ’90. A casa tutto bene, uscito nel 2017, è senz’altro un disco più maturo, che raccoglie la disillusione non solo dei giovani privati delle speranze con cui sono diventati adulti, ma di chi fa i conti con la mancanza di umanità che sembra diventato il triste valore fondante della società. L’ultimo album, però, è Cip, del 2020.
Volevo rappresentare un’amarezza di fondo che viene fuori da quello che vediamo, dalla realtà mediata – ha spiegato a Il Fatto Quotidiano – È un sentimento che può essere simile a quello che Battiato esprimeva in Povera Patria: è il guardare alla perdita di umanità, a quello che io considero il lato umano degli umani. E poi ci sono io, io che mi domando come mi stia comportando di fronte a tutto questo. E c’è l’amarezza del confronto con i miei coetanei, il capire che a volte preferiamo non vedere quello che ci circonda, guardare oltre.
Se ancora non conoscete Brunori Sas e il suo percorso, nella gallery vi raccontiamo chi è.
Nato a Cosenza, la musica per lui è sempre stata una cosa "intima"
Brunori Sas ricorda a Vanity Fair la sua infanzia “Alla Heidi, tra i ruscelli della campagna calabrese. In cortile, la tuta con le toppe al ginocchio: giochiamo a pistoleri con i rami. Non voglio sparare all’altro, ma unirci contro nemici immaginari. Ero il più piccolo di tutti, cugini compresi. Si cresce male senza avere qualcuno su cui esercitare le angherie che esercitano su di te. Mi rubavano la merenda“.
La musica, ha raccontato a Manuel Agnelli, l’ha sempre vissuta come una passione personale, da tenere per sé, da non svelare a nessuno.
La morte del padre l'ha spinto verso la musica
Come ogni adulto che resta un po’ bambino, credevo che [la morte] di mio padre non sarebbe arrivata mai, che quel mio babbo vecchia maniera che diceva ‘ti voglio bene’ cucinando una bistecca di maiale mi sarebbe rimasto dietro, permettendomi di cadere in piedi. Avevo 30 anni, e non me l’aspettavo. Ma devo ringraziarla: mi ha acceso una reazione, svegliato, orientato bene. Insegnato, forzatamente, che non potevo più sempre rimandare. Allora per mantenermi facevo il parcheggiatore a Siena dopo la laurea in Economia, e a volte sul palco mi commuovo accarezzando l’impossibilità di averlo lì in platea nel minuto degli applausi.
Dopo la sua morte Dario si è occupato della ditta di mattoni di famiglia. “Ma i miei fratelli mi hanno detto ‘Dario, datti alla musica che è meglio!’“, ha scherzato lui con Agnelli. A 32 anni, nel 2009, il suo album d’esordio, Vol.1.
Ha esordito nel 2009
Dopo l’esordio nel 2009, nel 2011 Brunori Sas torna con Vol.2 – Poveri Cristi, un lavoro più articolato che segue le vite degli altri abbandonando il racconto autobiografico.
Nel 2014, invece, è la volta di Vol.3- Il cammino di Santiago in taxi.
Il successo di A casa tutto bene
In un’intervista rilasciata a La Stampa Brunori Sas ha parlato del suo ultimo disco, uscito nel 2017.
È un disco del presente, perché ho voluto parlare dell’oggi. Nei miei tre dischi precedenti guardavo al passato, ora no. Al centro mi sono messo io e ho parlato della mia generazione, una generazione di mezzo che prova a lasciare la comodità domestica per avventurarsi fuori. Vuole essere un disco maturo, adulto. Parlo della contemporaneità che ho metaforicamente indicato nella tratta Lamezia-Milano.
Con L'uomo nero ha vinto il Premio Amnesty International
Il cantautore si è aggiudicato il premio creato nel 2003 da Amnesty International Italia e dall’associazione culturale Voci per la Libertà con un brano tratto dal suo ultimo album. Il premio va alla migliore canzone sui diritti umani pubblicato nel corso dell’anno precedente. La canzone di Brunori, che parla di intolleranza, dice, tra le altre cose
Hai notato che l’uomo nero spesso ha un debole per i cani/ pubblica foto coi suoi bambini vestito in abiti militari/ hai notato che spesso dice che noi siamo troppo buoni e che a esser tolleranti poi si passa per coglioni/ hai notato che gli argomenti sono sempre più o meno quelli: rubano, sporcano, puzzano e allora olio di ricino e manganelli/ hai notato che parla ancora di razza pura, di razza ariana ma poi spesso è un po’ meno ortodosso quando si tratta di una puttana.
Non credo nel matrimonio, ma un figlio mio sarebbe bellissimo!
A Vanity Brunori ha parlato anche della sua vita privata; di Simona, conosciuta mentre studiava Giurisprudenza a Siena e sua compagna da 20 anni, ma anche del matrimonio.
Non ci ho mai creduto: il contratto presuppone un obbligo. E io, dove non sono obbligato, obblighi non ne voglio. Come nel mio Secondo me: ‘A che ci serve un prete o un messo comunale / Se c’è una cosa innaturale / È doversi dare un bacio / Davanti a un pubblico ufficiale’.
Per quanto riguarda un figlio, scherzando dice:
Provenendo da questa radice, sarebbe una creatura bellissima. Mi sento cattivo nel non concedere questo regalo alla Terra ma una parte di me è spaventata proprio da quello che brilla negli occhi degli amici quando ti dicono: ‘Guarda che ti cambia la vita!’.
Di se stesso dice...
Bel tipo, affascinante seppur lievemente sovrappeso. Appassionato dei personaggi solo all’apparenza di contorno, marginali: il ragazzo alle tastiere, il tecnico del suono. Che non prevedono esposizione diretta agli sguardi altrui. Indole vanitosa, s’intende d’inerzia.
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