Dopo quattro anni spostata da un manicomio all’altro, nel febbraio del 1917 la scultrice Camille Claudel scrisse una lettera straziante al medico che l’aveva in cura, il dott. Michaux. Accusava la sua famiglia di averla abbandonata, sotto l’influenza delle dicerie di estranei.
Mi si rimprovera (crimine orribile!) di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata per cinque anni e mezzo come una criminale, privata della libertà, privata del cibo, del fuoco e dei più elementari conforti.
Le accuse di Camille erano rivolte soprattutto alla madre e alla sorella, colpevoli di averla rinchiusa contro la sua volontà e contro i consigli dei medici. Nemmeno il fratello, il noto scrittore Paul Claudel, era riuscito a fare qualcosa per lei.
La mia famiglia non si occupa di me e non risponde alle mie proteste che con il mutismo più assoluto, così vien fatto di me quel che si vuole. È orribile essere abbandonata in questo modo, non posso impedirmi di essere sopraffatta dal dolore.
Musa, amante e assistente di Auguste Rodin, uno dei massimi scultori dell’Ottocento, Camille Claudel era una scultrice eccezionale. La sua vita, raccontata da Anna Maria Panzera in una dettaglia biografia, è comune a quella di tante altre artiste del passato: messe da parte, dimenticate e derise, perché considerate troppo lontane dal canone ideale di madre e moglie, dedita solo alla famiglia.
Camille Claudel
Sono caduta nell’abisso. Vivo in un mondo così strano, così estraneo. Del sogno che fu la mia vita, questo è l’incubo.
Camille Claudel rimase per trent’anni in manicomio, fino alla morte. Nel 1927 aveva tentato nuovamente di convincere la madre a farla uscire, senza ottenere risposta.
Mia cara mamma, sei davvero cinica nel negarmi riparo a Villeneuve. Non darei scandalo come tu immagini. Riprendere l’esistenza normale mi darebbe una gioia tale che non farei nient’altro. Non mi muoverei neppure, tanta è stata la sofferenza.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la vita di Camille Claudel…
Victor Étienne Cesson, "Ritratto di Camille Claudel"
Nata l’8 dicembre 1864 a Fère-en-Tardenois, una cittadina in Champagne, Camille Claudel mostrò una grande attitudine all’arte fin da piccola. Sapeva disegnare benissimo, ma era l’argilla ad affascinarla di più: così convinceva gli amici a posare per lei e con cura plasmava i loro visi.
Camille Claudel nel suo atelier
Dopo il trasferimento a Nogent-sur-Seine, si fece notare dallo scultore Alfred Boucher, che le consigliò di frequentare la scuola d’arte dove lavorava. Camille supplicò il padre, che infine acconsentì alla sua iscrizione all’Académie Colarossi. Negli stessi anni affittò un atelier a Parigi insieme ad altre due scultrici.
L'incontro fatale con Auguste Rodin
Intorno al 1883 Bouchon si fece sostituire nel corso di scultura dall’amico e collega quarantenne Auguste Rodin. La passione tra il nuovo maestro e Camille esplose poco dopo, tanto da spingerla a lasciare il suo atelier per andare a lavorare da lui. Rodin, però, continuava a restare legato alla compagna Rose Beuret.
L'opera di Camille Claudel
Spinta dall’opera dell’amante, Camille intensificò la produzione di sculture. Nel 1883 espose per la prima volta al Salon des Artistes Français e continuò a farlo fino al 1889 per passare poi alla Société Nationale. Il difficile rapporto amoroso con Rodin era fonte di ispirazione per entrambi.
Camille Claudel, "L'âge mûr" (1902 )
Nel 1892-93 circa, dopo un aborto volontario, la storia con Rodin si complicò ulteriormente e Camille comprese che lui non l’avrebbe mai scelta. Nacque così l’idea per la sua scultura più famosa, L‘Âge Mûr, che faceva riferimento all’amante indeciso tra la compagna Rose e Camille.
Camille Claudel, "L'Implorante" (1899)
Nel dettaglio del gruppo scultoreo, Camille era simboleggiata dalla figura implorante che cercava di trattenere l’esitante innamorato. Rodin non la prese bene e bloccò a lungo la fusione in bronzo dell’opera. Qualche anno dopo sposò Rose e abbandonò Camille al suo destino, bloccando gli aiuti economici con cui l’aveva sostenuta in quegli anni.
Camille Claudel, "La valse"
Dopo il 1905 la salute mentale di Camille Claudel peggiorò. Distrusse diverse sue opere, accusò Rodin di averle rubato le idee e sparì a lungo. Le diagnosticarono la schizofrenia: la madre e la sorella decisero così di chiuderla in manicomio.
Camille Claudel, "Les Causeuses" (1897)
I medici che l’avevano in cura provarono ripetutamente a convincere la famiglia di Camille che non era necessario rinchiuderla così a lungo, ma non furono ascoltati.
La fine di Camille Claudel
Camille Claudel morì il 19 ottobre del 1943, dopo 30 anni in manicomio. I responsabili dell’istituto Monfavet, in cui era rimasta rinchiusa per decenni, provarono ad avvertire il fratello del peggioramento delle sue condizioni, ma a causa del clima di guerra lui non fece in tempo a raggiungerla prima della sua morte.
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