Cindy Sherman odia i selfie e lo dimostra tramite un account Instagram in cui ci sono quasi esclusivamente autoritratti grotteschi. Per l’artista di New York, che dal 1976 fotografa solo se stessa, mascherandosi dietro infiniti personaggi immaginari, è un’accusa alla vacua wasteland iconografica dei social media.
“I selfie sono una richiesta d’aiuto”, ha spiegato in un’intervista a WSJ. “Ho amici che seguo e di cui posso percepire in qualche modo l’insicurezza e la vulnerabilità, perché improvvisamente hanno iniziato a pubblicare solo foto carine di se stessi”.
Per realizzare i selfie, Cindy Sherman utilizza Facetune, un’app molto popolare tra gli influencer. Non lo fa per rendersi più bella, ma per creare ritratti mostruosi e ipnotici, seguendo lo stesso fil rouge che ha segnato tutta la sua carriera artistica. Una, nessuna, centomila Cindy Sherman.
Oggi i suoi scatti vengono venduti per mezzo milione di dollari e il suo status, nel mondo dell’arte, è quello della star. Come racconta un articolo di qualche tempo fa del New York Times, era inevitabile che la natura mutevole dell’artista entrasse in contatto con quella effimera dei social media.
“Mi sembra tutto così volgare”, ha commentato Cindy Sherman, parlando delle foto ai tempi di Instagram. Eppure i suoi scatti hanno qualcosa in comune con i selfie patinati e irrealistici delle nuove e sfuggenti dive digitali, divise tra un tutorial di make-up, un outfit in ascensore, una ricetta di cucina e un accorato appello benefico.
L’ossessione per l’auto-rappresentazione, una costante fin dagli inizi della sua attività di artista, affonda le radici nel rapporto complicato con la famiglia. Solo dopo lunghi anni di terapia, ha compreso che crescere in una famiglia in cui lei era la più piccola di cinque figli l’ha spinta a cercare un modo creativo per attirare attenzione.
Mi sentivo come una persona disperata, quasi li rincorressi dicendo “Ehi, ti ricordi di me? Non dimenticarti di me!” Era più semplice cancellare me stessa e mettermi il volto di qualcun altro, per poi dire “Forse ora vi ricorderete di me” o “Che ne dite di questa faccia o di questo personaggio?”
Sfogliate la gallery per ripercorrere la carriera di Cindy Sherman…
Cindy Sherman, "Not a big deal"
Più giovane o più anziana, al parco o in ospedale con una flebo al braccio: attraverso il suo divertissement mediatico, Cindy Sherman non fa altro che portare avanti il lavoro iniziato come artista negli anni Settanta.
Cindy Sherman, "Spa time"
Nata il 19 gennaio del 1959 in New Jersey, ultima dei cinque figli di un ingegnere e di una maestra, Cindy Sherman impara fin da piccola a giocare con la sua immagine.
Cindy Sherman, "Outside in"
A quindici anni uno dei fratelli si toglie la vita: per elaborare il lutto, si avvicina all’arte. Durante gli studi artistici al Buffalo State College si dedica alla pittura, iniziando a esplorare le tematiche che diventeranno un suo tratto distintivo: diventa modella di se stessa e inventa personaggi sempre nuovi.
Cindy Sherman, "Smile"
Insoddisfatta, abbandona la pittura per dedicarsi alla fotografia, che considera più creativa: è stanca di lezioni in cui le viene chiesto di dipingere qualcosa di preciso, che sia una cascata o un vaso di fiori.
Cindy Sherman, "Bookish"
Durante il college incontra l’artista Robert Longo, che la incoraggia a trovare una sua strada. I suoi scatti nascono in studio, quando è sola: si serve di costumi e abiti per diventare tante donne diverse. I suoi primi lavori risalgono al 1975, ma è solo dopo la laurea, un anno dopo, che iniziano a nascere le sue serie di fotografie più celebri.
Cindy Sherman, "Transfusion time"
In un’intervista al Guardian, Cindy Sherman spiega qual è lo scopo delle sue fotografie.
Voglio che ci siano tracce di narrativa ovunque nell’immagine così da permettere alle persone di creare la loro storia al riguardo. Ma non voglio avere la mia storia e imporla a tutti. Voglio trascendere il tempo in un certo senso.
Cindy Sherman, "Just felt like it"
A Manhattan, dove si traferisce subito dopo la laurea, Cindy Sherman lavora alla serie Untitled Film Stills (1977-1980), ispirata ai film noir di serie B degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta. Dalla casalinga alla femme fatale, dietro la maschera c’è sempre lei. Gli scatti attirano l’attenzione e l’intera serie di 69 stampe in bianco e nero viene poi acquistata dal MOMA per un milione di dollari.
Cindy Sherman, "I'm ready"
Ci ho messo molto tempo per capire chi ero, quali erano i miei bisogni. Per molto tempo i personaggi chiedevano la stessa cosa: forse è questo che voglio essere?
Cindy Sherman, "Spring look"
Negli anni Ottanta Cindy Sherman sperimenta nuovi formati e usa il colore. In Fairy Tales introduce un altro elemento chiave dei suoi scatti, il manichino. Diventa un’icona femminista: molti critici e studiosi le riconoscono l’abilità di indagare l’idea di mercificazione del corpo femminile.
Cindy Sherman, "Hello fall"
Nella serie Centerfolds, ispirata ai paginoni centrali delle riviste pornografiche, si cala nei panni di un’adolescente annoiata: la bizzarra intimità evocata dagli scatti provoca e li porta a essere più volte scartati da grandi riviste.
Cindy Sherman, "Chill"
Corteggiata dai grandi marchi della moda e dal cinema, oggi Cindy Sherman è una delle artiste più celebri al mondo. Ma c’è una cosa che ancora la stimola: capita, nelle sue trasformazioni, che nemmeno lei si riconosca allo specchio.
Adoro quando succede. Sono estasiata che questa apparizione sia stata creata.
- Storie di Donne
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