Una minoranza. È così che le donne vengono definite. Proprio come i migranti, le persone Lgbt, i disabili. Ed è un po’ insolito perché il concetto di minoranza ha a che fare con i numeri. E stando alle ultime stime dell’Onu, che risalgono al 2019, il rapporto numerico è quasi paritario: ci sono in tutto il pianeta 3,82 miliardi di donne e 3,89 miliardi di uomini. E allora perché questo termine, minoranza?
La questione è semplice: le condizioni di vita non sono paritarie per uomini e donne. Nel nostro Occidente riguarda il modo in cui le donne sono state relegate per secoli a ruoli subordinati e solo in tempi relativamente recenti stanno riuscendo a emergere in massa; in molti Paesi che hanno una cultura differente dalla nostra e sono molto carenti in quanto a diritti umani, ancora oggi le donne lottano per cose che noi diamo per scontate, come uscire da sole la sera, vestirci nel modo che preferiamo, usare uno smartphone o guidare l’automobile.
In molti Paesi del mondo non è facile essere una donna libera. In alcuni di essi è quasi impossibile, nonostante tante ragazze e donne cerchino di ribellarsi, partendo dalla loro vita quotidiana. Ma quali sono questi Paesi? A dirlo è un report che esce ogni anno, il Women, Peace and Security Index. Si tratta di una classifica, che si basa su 11 parametri, tra cui le discriminazioni contro le donne, l’accesso alla tecnologia, l’occupazione femminile, la rappresentanza delle donne nei luoghi di potere e la loro sicurezza.
Il fanalino di coda di questa classifica della condizione femminile è lo Yemen, che risulta all’ultimo posto. Nella top ten delle nazioni virtuose invece risultano, nell’ordine: Norvegia, Svizzera, Danimarca e Finlandia a pari merito, Islanda, Austria, Regno Unito, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia a pari merito, Canada, Estonia.
Il National Geographic ha riportato i dati di questo studio, realizzato dal Georgetown Institute for Women, Peace and Security e dal Peace Research Institute Oslo. I ricercatori hanno analizzato 167 nazioni, e la testata ha riportato una storia significativa di una donna che proviene da uno dei Paesi in fondo alla classifica.
La storia è quella di Gulalai Ismail, attivista pakistana che oggi vive negli Stati Uniti. Quando viveva nel suo Paese, le forze di polizia le entravano in casa per molestarla. Lei ha preso un foglio e, poiché era analfabeta, ha tracciato una riga per ogni molestia. Ha iniziato a documentare, perché i dati sono necessari alla ricerca del cambiamento.
Sfogliamo insieme la gallery per scoprire la nazione più virtuosa, quelle dove le donne vivono in condizioni peggiori e la posizione dell’Italia, che non rientra nemmeno nelle prime 20.
Norvegia (numero 1 nella classifica)
La Norvegia raccoglie un punteggio di 0,904 – il punteggio è compreso tra 0 e 1, dove 0 è il minimo. Si trova al primo posto perché ha raggiunto alte o altissime percentuali nell’istruzione delle donne, nella loro inclusione economica, nell’uso della tecnologia, nella rappresentanza parlamentare, nella percezione di sicurezza nella propria comunità e nei confronti della violenza organizzata (gang, malavita e naturalmente guerre, che in Norvegia sono assenti).
Le sole percentuali lievemente più basse si registrano sull’eventuale custodia paritaria dei figli. Tuttavia è stato registrato che anche in Norvegia le paghe di uomini e donne per gli stessi lavori non siano completamente paritarie. Tuttavia in questa nazione esistono politiche molto forti di contrasto alla violenza di genere.
Yemen (numero 167 in classifica, l'ultimo)
In questo stato, solo l’1,7% delle donne ha un conto in banca personale. Solo 4 seggi su 412 in Parlamento sono occupati da donne. Solo il 5% delle donne ha un impiego.
Italia (numero 28 in classifica)
L’Italia non è ai primi posti in classifica perché presenta grosse criticità nell’impiego femminile. Percentuali basse a sfavore delle donne si registrano nella custodia paritaria dei figli o nel senso di sicurezza all’interno della propria comunità. Nella nostra nazione il gap degli stipendi tra uomini e donne è ancora molto alto inoltre – tanto che si trova a metà strada tra le nazioni che hanno adottato politiche migliori in tal senso e altre nazioni che invece non sembrano affatto interessate a ridurre la sperequazione.
Afganistan (numero 166 in classifica)
In questa nazione, il tasso di violenza sulle donne da parte del partner è del 46%.
Siria (numero 165 in classifica)
Ad avere un impiego è il 12% delle donne.
Pakistan (numero 164 in classifica)
Solo il 7% delle donne ha un suo conto in banca. Lo scorso marzo è sorto un dibattito sugli abusi famigliari, dopo che un uomo ha picchiato la moglie e le ha rasato la testa, quando lei si è rifiutata di ballare per lui e i suoi amici.
Sud Sudan (numero 163 in classifica)
La percentuale di violenze domestiche contro le donne è qui del 47%. La forma più diffusa di violenza è quella sessuale. Una donna su 3 utilizza il cellulare.
Iraq (numero 162 in classifica)
Circa metà degli uomini iracheni ritiene inaccettabile che una donna lavori. Le violenze in famiglia contro le donne sono oltre il 40%.
Repubblica Democratica del Congo (numero 161 in classifica)
In Congo, che è terra di conflitti, la violenza sessuale contro le donne resta un’arma per la guerra civile.
Repubblica Centrafricana (numero 160 in classifica)
La nazione presenta vari problemi riguardo l’inclusione delle donne, la possibilità per loro di avere una giustizia equa e di vivere in sicurezza.
Mali (numero 159 in classifica)
Qui la situazione della sicurezza per le donne è peggiorata negli anni. Il 60% delle donne non si sente sicura nella propria comunità.
Libia (numero 158 in classifica)
Meno del 25% delle donne ha un lavoro. Esistono qui 39 leggi che discriminano le donne.
Sudan (numero 157 in classifica)
È una delle nazioni in cui la discriminazione femminile è maggiormente legalizzata. E le donne sono sempre meno rappresentate in politica.
Ciad (numero 156 in classifica)
In Ciad, le donne sposate hanno bisogno del permesso del marito per aprire un proprio conto in banca.
Cosa ne pensi?