It’s liking things“.

Così Andy Warhol rispose alla domanda “Cos’è la Pop Art”: è “farsi piacere le cose”. Istintivamente, quando sentiamo parlare di cultura pop nella nostra testa scatta immediata l’associazione ai suoi celebri dipinti, alla serigrafia di Marilyn Monroe o all’iconica Campbell Soup. Ma la cultura popolare, o pop che dir si voglia, ha una storia praticamente centenaria, e ha interessato quasi ogni campo dell’attività umana.

La nascita della cultura pop

Per cultura popolare, in generale, si intende quell’insieme di tradizioni, saperi, idee, usanze, che interessano la gran parte della comunità (mainstream), caratterizzati da un modello o paradigma socio-culturale ben definito.

Se dovessimo risalire alle origini della cultura pop dovremmo andare a ritroso addirittura fino all’epoca romantica, ovvero nel XIX secolo, epoca in cui il mondo contadino e rurale si contrapponeva a quello, più agiato, dei ceti borghesi; se ne ritrovano cenni in ambito marxista, soprattutto nell’accezione di Antonio Gramsci, come tratto distintivo delle classi subalterne in aperto contrasto con quelle dominanti.

A partire dal ’45 in poi, antropologi come Ernesto De Martino, Alberto Cirese e Alfonso Maria di Nola hanno sostenuto la teoria secondo cui la cultura pop sarebbe estranea anche dalla cultura di massa, più legata a conformismo e ai pattern dettati dai mass media.

Una differenza, questa, che si è sempre più assottigliata con il tempo, tanto che negli anni ’70 i due concetti sono andati spesso di pari passo, anche perché la cultura pop ha perso il suo “appeal” di voce delle contrapposizioni di classe, per andare a identificarsi come una sorta di controcultura, con proprie forme, anche di fruizione dei mezzi di comunicazione di massa.

Spesso ci si è riferiti alla cultura pop anche in accezione negativa, a indicare un ridimensionamento del livello intellettuale di una persona o una banalizzazione di un concetto, ben sintetizzata in un’espressione inglese, dumbing down (ovvero buttato giù).

La cultura pop nella storia

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Fonte: flickr

Storicamente la vera cultura pop, per come la intendiamo oggi, nasce negli anni ’60, in un mondo, quello occidentale, ricco di cambiamenti sociali, caratterizzato dalla voglia di ritorno alla normalità delle persone dopo la guerra prima, e dalle rivolte studentesche dopo; è anche il periodo in cui la tv comincia a diventare un elemento comune nelle case delle persone, che hanno quindi accesso a un tipo di intrattenimento più semplice, e di conseguenza anche la pubblicità si fa più ammiccante e mainstream.

Per questo Andy Warhol incarna appieno lo spirito della cultura pop del periodo; nelle sue opere raffigurò cose e persone facilmente riconoscibili dalla gran parte della popolazione, quella del ceto medio, delle classi operaie. Ecco il perché dell’interesse per Marilyn, per le scatole di zuppa e per i detersivi (Brillo Box, per essere precisi); anche l’Italia risentì dell’influenza americana, così come gran parte degli europei, adottando mode e costumi lontani dalle proprie tradizioni, e abbracciando quindi una cultura diversa che, in breve tempo, diventò praticamente universale.

Molte furono le figure che della cultura pop incarnarono un vero e proprio status symbol; da Bob Dylan a John Lennon, possiamo andare avanti nei decenni e ritrovare, ad esempio, Madonna, Michael Jackson, ma anche personaggi di fantasia, come i Simpson.

La cultura pop oggi

In tempi più recenti si è associata la cultura pop a quella occidentale del XX secolo, e anche al concetto di globalizzazione; in generale, la cultura pop di oggi è fortemente influenzata da Internet – soprattutto dai social media – televisione, editoria, e presenta al suo interno anche subculture, come quella giovanile, ad esempio; anche per questo nel tempo è andata ad assumere sempre più i contorni di un concetto diverso da quello di folklore, con cui in origine era intesa.

Ma oggi la cultura pop affronta anche altre tematiche, come quella femminista, ad esempio, anche se in realtà la quarta ondata del femminismo non si occupa solo di donne, ma di tutte le minoranze oppresse, in nome del concetto chiave dell’inclusività.

In questo senso i mass media, pur a fatica, si stanno aprendo sempre più a una rappresentazione di questo tipo, cercando di includere al proprio interno rappresentazioni non stereotipate di persone disabili, nere, o appartenenti alla comunità LGBTQ, siano esse gay, lesbiche, bisessuali, pansessuali o queer.

Donne, femminismo e cultura pop

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Fonte: Brett Sayles per Pexels

L’analisi femminista della cultura pop pone l’attenzione sul fatto che che i testi popolari riflettano la società o agiscano come parte di mediazione nella vita sociale; in questo modo, sarebbe intrinsecamente collegata ai modi di agire, pensare e sentire. In questo senso, come detto, è molto importante aprire il proprio orizzonte a tematiche storicamente “difficili” da trattare per i media mainstream, ma che oggi, riflettendo appunto la diversa prospettiva proposta dalla quarta ondata femminista e non solo, fanno parte del dibattito culturale e devono quindi trovare spazio anche in strumenti di facile fruizione, come appunto la televisione o Internet.

È importante, soprattutto, che a questa nuova rappresentazione si venga abituati fin da piccoli, perché è chiaro che il discorso dell’inclusività sia un costante “work in progress” che deve essere migliorato, partendo dalle basi, e quindi dalla cultura pop, che è quella da cui attinge la maggior parte delle persone. Se pensiamo alle sole rappresentazioni femminili di 30 o 40 anni e le confrontiamo con quelle proposte in anni più recenti al cinema, o nelle serie tv, capiamo che sono stati fatti passi avanti notevoli, ma che non ci si può fermare qui.

Questo genere di cambiamento nella raffigurazione femminile deve combattere decenni di ferreo patriarcato e di male gaze, che certo non è facile da superare; ma se oggi abbiamo serie o film in cui le donne siano pienamente protagoniste e non semplici corollari, e soprattutto abbiamo rappresentazioni di donne non univoche, ma diverse (la donna in carriera, la mamma single, la donna lesbica, la childfree) è proprio perché qualcosa, nella percezione delle donne, è cambiato, e gli strumenti di comunicazione della cultura pop riflettono il mutamento.

Allo stesso modo la rappresentazione di altre minoranze, come neri, persone con disabilità o LGBT, deve superare logiche di predominanza, complessi del salvatore, abilismo o rifiuto, per comprenderle solo come per ciò che effettivamente sono, ovvero parti della società che non possono e non devono essere ignorate, o rappresentate in maniera stereotipata o con accezione negativa.

In gallery abbiamo riassunto alcuni dei momenti più iconici della nuova cultura pop che hanno saputo presentare una versione diversa, più inclusiva, più sfaccettata e più versatile della donna in serie tv e al cinema, ma non solo.

La cultura pop non è cultura di serie B. Qui si fa la rivoluzione
Fonte: instagram @rupaulofficial
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