Le donne-cadavere di David Lynch
La violenza di genere è uno degli argomenti di cui parla spesso il cinema di David Lynch: ecco i suoi film significativi.
La violenza di genere è uno degli argomenti di cui parla spesso il cinema di David Lynch: ecco i suoi film significativi.
Un uomo va a pescare. Saluta una moglie algida e scostante e prende la porta. Sulla battigia viene attirato da un “dettaglio”: il cadavere di una donna, nuda, avvolta nella plastica (letteralmente «wrapped in plastic»).
Il volto di quella donna cadavere è il più iconico della storia della televisione: è quello di Laura Palmer, la giovane intorno alla quale David Lynch e Mark Frost hanno costruito un’intera mitologia, un sistema di credenze che i fan studiano e analizzano e che affonda le sue radici nella dea madre Babalon. Per tutti, questa scena è l’inizio di una magia, una magia che si chiama Twin Peaks.
Passano oltre 25 anni, il volto di Laura è sempre più oggetto di citazioni e parodie – da Topolino e i dolci segreti di Twin Pipps all’ultima stagione di Orange Is the New Black, fino a un’intera puntata tributo di Psych – ma per David Lynch non è cambiato niente. Il volto di Laura è simbolico, in quel quarto di secolo si è aggirato nelle “acque profonde” della mente del regista e quindi è tornato a galla, per dare un nuovo senso a tutto. Il senso delle cose, del ruolo di Laura, della donna cadavere più famosa al mondo, viene svelato nell’ottavo episodio della terza stagione di Twin Peaks: Laura è stata mandata sulla Terra per salvarla, per orientarla verso il bene.
David Lynch è un uomo molto spirituale, che nelle sue opere si occupa moltissimo della questione femminile, ma è impossibile non iniziare a spiegare il suo “femminismo” se non a partire da Laura Palmer e da Twin Peaks. Una città che non esiste sulle carte geografiche, ma nella quale accadono delle cose comuni a luoghi reali nel mondo. Si parte con un femminicidio, ma ci sono violenze domestiche – con storie famigliari che si ripetono con cadenze inquietanti – c’è sfruttamento della prostituzione, ci sono inganni che gli uomini perpetrano ai danni delle donne.
È un fil rouge quello della violenza fisica e psicologica ai danni delle donne che percorre l’intero cinema di David Lynch. Anche per quelle donne, per quei personaggi femminili che riscontriamo come negativi nel suo cinema (ma che non sempre lo sono dalla nascita). Per fare qualche esempio, vediamo Juana in Cuore Selvaggio come sanguinaria e malvagia – ma è diventata così, come sua sorella Perdita, solo a seguito delle violenze, degli abusi e dei tradimenti del marito. C’è Diane in Mulholland Drive, che arriva al punto di ingaggiare un sicario per uccidere il suo amore, mentre è sopraffatta e pazza dal dolore.
La violenza contro le donne è un punto fermo del cinema di David Lynch, tanto che è presente praticamente in ogni sua opera. Non solo: la fondazione fondata dal regista si occupa di sostegno alle donne su molti livelli. Si va dal contrasto alla violenza di genere alle azioni per l’empowerment femminile e di sostegno all’istruzione delle ragazze – naturalmente anche grazie alla meditazione trascendentale, che la fondazione rende gratuita per le persone che normalmente non potrebbero permettersela.
Le donne del cinema di Lynch, oltre che oggetto di una sensibilizzazione sono anche e soprattutto oggetto di una celebrazione. La celebrazione avviene su più piani, quello fisico a quello spirituale in dettaglio. Le donne mostrate e raccontate dal regista di Missoula sono bellissime certo, sono delle muse conturbanti perché sono soprattutto piene di fascino e nascondono tanti segreti. Il mistero è una parte fondante della cinematografia di David Lynch, che fa vedere allo spettatore un mondo violento e strano, ma solo per fargli notare la poesia che fino a quel momento aveva ignorato.
Esploriamo insieme la gallery per conoscere meglio il cinema di David Lynch.
Alla fine del 2019, gli è stato conferito l’Oscar onorario alla carriera – è un premio minore legato agli Academy Awards, in questo caso quelli del 2020, e che li precede. Lynch non ha mai vinto un premio Oscar per il miglior film o la migliore regia. Diverso il discorso sui riconoscimenti in Europa: un Premio Cesar, due volte Palma d’oro a Cannes, un Leone d’Oro a Venezia e per Cahiers du Cinema è suo il film più bello del terzo millennio – Mulholland Drive.
L’ultimo lavoro di Lynch in ordine di tempo risale al 2017 ed è il più compiuto sotto molti punti di vista. È la terza stagione di Twin Peaks, concepita e girata come un film di 18 ore, il capitolo finale di un’idea che Lynch ha rincorso per tutta la vita – e per la prima volta la sua creatività ha ricevuto dalla produzione la libertà necessaria.
In Twin Peaks 3 – accennavamo prima – la figura femminile è fondamentale. Una donna salva il mondo e una donna permette alla salvatrice di arrivare sulla Terra e per questo diventa ricettacolo del Male: più o meno è questa la trama fondamentale che collega l’intera storia. In tutto questo, esiste una sconfinata gallery femminile, in cui le muse – anche quelle storiche – di Lynch non mancano.
Viene posto l’accento sulla violenza domestica di genere attraverso la storyline di Becky – come sua madre Shelley alla sua età, oggetto della violenza del marito. Si parla anche di violenza sessuale, attraverso la testimonianza di Diane – la mitica assistente di Dale Cooper interpretata da un’altrettanto mitica Laura Dern. Si parla delle donne che non vengono credute, ritenute pazze, come Margaret Lanterman, che compie un’azione mai fatta in televisione: nell’ultima scena trasmessa annuncia l’imminenza della sua morte – avvenimento che lo spettatore sa essere accaduto alcuni mesi prima, nella realtà dell’attrice Catherine E. Coulson.
Non manca neppure la donna sottovalutata, Lucy, che però riesce a ribaltare una situazione disperata. E infine Tammy Preston, bellissima, giovane e affascinante agente dell’Fbi interpretata da Chrysta Bell – un’artista con cui Lynch aveva collaborato peraltro in passato – che nella finzione diventa la curatrice di due dossier che il co-autore di Twin Peaks Mark Frost ha dato alle stampe prima e dopo la messa in onda della serie.
Nel libro autobiografico In acque profonde, Lynch racconta di una storia accaduta quando aveva 9 anni. Il suo amico del cuore gli parlò del padre, dicendogli che era un pittore: Lynch capì che il padre dell’amico fosse un imbianchino e questo gli aprì la mente al tema del doppio, al modo in cui ognuno di noi può essere percepito come se stesso o come altro. (Poi che questo padre pittore abbia anche avviato, in un certo senso, Lynch a una carriera d’artista è tutt’altro che secondario).
Il tema del doppio è molto ricorrente – e lo è soprattutto in chiave femminile – in tre film fondamentali di Lynch: Inland Empire, Mulholland Drive e Strade perdute. In Inland Empire, il personaggio dell’attrice Nikki Grace si confonde e viene inglobato nel suo alter ego cinematografico, Sue Blue. In Mulholland Drive, la mente di Diane partorisce una storia per sfuggire all’orrore: nella sua storia salva la sua amata Camilla, in realtà mandata a morte proprio da Diane grazie a un sicario. In Strade perdute, si parla di un femminicidio: di fronte al tema dello sdoppiamento dell’uomo che compie il delitto, avviene anche uno sdoppiamento della donna uccisa. Il tema del femminicidio è palese, soprattutto per la frase pronunciata dal personaggio di Alice all’uomo che crede di amarla:
Tu non mi avrai mai.
È la storia di Alvin Straight, che a 73 anni fece un viaggio di 240 miglia in trattore pur di rivedere il fratello, con cui non parlava da anni, che era stato colpito da un infarto.
Barry Gifford è uno scrittore statunitense: se avete mai letto i suoi libri, come Gente di notte per esempio, sapete quando in quegli scritti ci sia un’atmosfera molto simile a quella dei film di Lynch. Non è un caso che Lynch abbia diretto la trasposizione cinematografica di un romanzo di Gifford, Cuore selvaggio. E poi in seguito, Gifford ha dato una mano alla sceneggiatura di Strade perdute.
Fino all’uscita della terza stagione di Twin Peaks avremmo potuto parlare dell’opera come della grande incompiuta di Lynch. Che all’inizio degli anni ’90, dopo che la serie non è stata realizzata come avrebbe voluto – ci sono varie ragioni per cui questo accadde, ormai è diventato quasi una leggenda – realizzò un prequel per raccontare agli spettatori altri dettagli, aggiungere tasselli alla storia.
Anche il film Fuoco cammina con me però mancò di qualcosa (e anche di esso esiste più di una versione), l’ironia e il grottesco che rendono il cinema di Lynch tanto leggero anche quando dice cose molto importanti. Per fortuna, nel 2014 molti di noi hanno scoperto che forse il film non era stato concepito nello stesso modo in cui è stato distribuito: nei Missing Pieces, Lynch ha riunito le scene tagliate dal film, che avrebbe voluto invece inserire: vediamo un litigio surreale per la lunghezza di un pezzo di legno, una scazzottata tra lo sceriffo di Dear Meadow e l’agente Chet Desmond, delle scene in cui Phillip Jeffries (interpretato da David Bowie) si trova a Buenos Aires e così via.
Parlare di trasposizione dal romanzo di Gifford non è proprio esatto: quello di Lynch è stato un adattamento libero, a partire dal finale, che va a pescare in quello che Gifford ha scritto sì, ma solo in uno dei romanzi successivi del ciclo su Sailor & Lula. In pratica, il finale di Cuore selvaggio film non è il finale di Cuore selvaggio romanzo (che non era un lieto fine).
Naturalmente, i protagonisti del film sono stati anagraficamente invecchiati (nel libro Sailor e Lula sono davvero troppo giovani) ed è stato aggiunto un dettaglio importante che percorre l’intera opera di Lynch: la citazione di una delle fiabe simbolo per il regista, ossia Il mago di Oz (la troviamo con un milione di varianti, compreso il fatto che in Twin Peaks esiste una divinità chiamata Judy, come Judy Garland, l’interprete di Dorothy).
In Cuore selvaggio, Dorothy è incarnata dal personaggio di Lula, che con il suo Sailor vive una relazione alla pari e che indossa le scarpe rosse. Di contro c’è sua madre, Marietta alias la Strega Cattiva, che ostacola il loro amore per via di una strana faccenda di gangster risalente ad anni prima. Altre figure femminili di spicco sono quelle di due sicarie, le sorelle Juana e Perdita Durango. Juana ci appare quasi in preda al delirio di piacere quando uccide Johnny Farragut – nella sua backstory, Juana è stata a sua volta oggetto di turpi violenze da parte dell’ex marito.
Ancora violenze contro le donne al centro di Velluto blu: alla cantante Dorothy Vallens (sì, un’altra Dorothy) viene ucciso il marito e sottratto il figlio da un uomo molto pericoloso che la ricatta a fini sessuali. Lo scopre un giovane curioso, che ingaggia con Dorothy una relazione sana e protettiva.
Dune è ritenuto dai fan l’unico film minore di Lynch. Anche qui la figura femminile è preponderante – anche perché concepita come tale nel romanzo di Frank Herbert. Gli esseri più forti dell’universo sono infatti le donne, le Streghe Bene Gesserit che da sempre conducono esperimenti di eugenetica per impedire una profezia. Tra le Streghe Bene Gesserit spuntano due personaggi estremamente positivi: Lady Gessica e Alia, rispettivamente madre e sorella del protagonista Paul Atreides.
Una storia intensa di diversità. Alla fine dell’800, John Merrick, afflitto da una patologia congenita che gli aveva causato una deformità, viene sottratto da un circo di fenomeni da baraccone e curato da un medico, che ne diventa il migliore amico.
Molte tra noi hanno conosciuto questo film grazie a Una mamma per amica: è infatti il film preferito di Kirk. Quello che non tutti sanno è che era anche il film preferito di Stanley Kubrick, che lo fece vedere e rivedere agli interpreti di Shining per provocare in loro una sensazione di straniamento. È la storia di un tipografo che scopre che una sua ex è rimasta incinta dopo un rapporto e ha dato alla luce uno strano essere.
Classe 1946, Lynch nasce a Missoula e si sposta spesso durante le sua infanzia a causa dell’impiego del padre, ricercatore al Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Ha studiato alla Corcoran School of Art di Washington D.C., alla School of the Museum of Fine Arts di Boston, poi alla Pennsylvania Academy of Fine Arts di Philadelphia – dove inizia a girare i primi corti e mediometraggi, come The Grandmother – e infine all’American Film Institute di Los Angeles, città in cui resterà e lavorerà per il resto della sua vita.
Negli anni ’70, come riporta In acque profonde, Lynch si è accostato alla meditazione trascendentale. La disciplina gli consente di non riuscire a raggiungere solo le idee in superficie, ma anche quelle che sono maggiormente in profondità. Molti dei suoi attori hanno iniziato a praticarla anche loro, a partire da Sherilyn Fenn e Sheryl Lee.
Lynch non è solo regista, ma anche e soprattutto pittore e musicista. Quando effettua delle riprese, tiene su un orecchio una cuffia per la trasmissione dell’eventuale colonna sonora, per controllare se una musica sta bene su una determinata scena. Quella che vedete è una sua opera particolarmente importante: è un disegno realizzato nel 1979 che poi sarebbe diventato una parte della Loggia Bianca in Twin Peaks nel 2017.
Ci sono diverse pubblicazioni in cui Lynch parla di sé in prima persona. C’è In acque profonde, i cui proventi tra l’altro finanziano la fondazione del regista, e che è una specie di autobiografia, ma ci sono anche lunghe interviste come Io vedo me stesso e Lynch secondo Lynch. Nel 2018 è uscito Lo spazio dei sogni che è un’autobiografia più compiuta, completa e aggiornata.
Lynch, come accade a molti altri registi, si serve spesso di attori e attrici con cui ha già lavorato. Molto importanti sono per lui le attrici, che svolgono contemporaneamente il ruolo di muse ispiratrici, a partire da Isabella Rossellini, con cui il regista ebbe anche una lunga relazione.
Altra importantissima attrice feticcio è Laura Dern – Lynch la volle addirittura insieme a sua madre Diane Ladd, per un’interpretazione madre-figlia in Cuore selvaggio (con grande stupore del co-protagonista Nicholas Cage, che con Dern avrebbe interpretato numerose scene di sesso). Non si può tralasciare il nome di Sheryl Lee (alla sua destra), chiamata a interpretare il cadavere di Laura Palmer, ma poi fortemente ri-voluta da Lynch nel ruolo di Maddy Ferguson e chiamata anche nel cast di Cuore selvaggio. Tra le altre attrici più importanti del cinema di Lynch, ci sono Frances Bay, Grace Zabriskie (alla sua sinistra), Sherilyn Fenn, Naomi Watts. Un discorso a parte va fatto forse per Alicia Witt, che è stata interprete di tre opere di Lynch in periodi diversi della propria vita: a 9 anni in Dune, a 15 e poi a 42 in Twin Peaks.
Tra i quattro figli di Lynch, tre sono ben noti ai fan di Twin Peaks. La prima è Jennifer Lynch, che oltre a essere regista è autrice del libro Il diario segreto di Laura Palmer. C’è poi Austin Jack Lynch, che nella seconda stagione di Twin Peaks interpreta il personaggio di Pierre Tremond. Infine, nella terza stagione, Riley Lynch (a sinistra) suona nella band che si esibisce alla Road House.
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