Fino a non molti anni fa la legislazione italiana comprendeva nel proprio ordinamento il delitto d’onore, ovvero il particolare reato commesso con la motivazione di riparare al danno cagionato alla reputazione di un familiare dalla condotta di una persona. Retaggio del codice Rocco fascista, ma che rimase fra le nostre leggi fino a meno di quarant’anni fa.
Quello del delitto d’onore è un concetto piuttosto generico, che potrebbe riguardare fattispecie diverse, ma, nell’ordinamento in vigore nel nostro Paese, in realtà, era considerato la risposta a un solo tipo di offesa, ovvero quello legato alle relazioni amorose.
Delitto d’onore in Italia: storia e abolizione
Secondo il codice penale italiano, all’art.587, veniva punito con la reclusione da tre a sette anni chi cagionava la morte del coniuge, della figlia o della sorella, dopo aver scoperto un’illegittima relazione carnale e come conseguenza dell’ira determinata dall’offesa recata al suo onore o a quello della famiglia. La stessa pena si applicava se a essere uccisa era la persona trovata in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella. Se la vittima non veniva uccisa, ma le veniva causata una lesione personale, le pene previste per il delitto di lesioni venivano ridotte a un terzo, mentre se dalla lesione personale derivava la morte la pena era della reclusione da due a cinque anni.
Veniva definito come un reato proprio, ovvero che poteva essere commesso solo da chi si trovava in una particolare relazione con la vittima: la norma, perciò, all’atto dell’identificazione della vittima come coniuge, figlia o sorella, ammetteva come autore del delitto d’onore solo il congiunto, non persone estranee.
L’ordinamento italiano non prevedeva restrizioni rispetto agli autori del delitto, nel senso che a commetterlo poteva essere indistintamente un uomo o un donna, eppure la prerogativa maschilista è piuttosto esplicita nel fatto che tale fattispecie si configurava quando a essere coinvolte nell’unione carnale – coniugi a parte – erano sorelle o figlie, non fratelli o figli.
Perché potesse scattare il delitto d’onore la norma richiedeva tuttavia almeno due condizioni, ovvero che l’autore cogliesse il coniuge, la figlia o la sorella in “flagranza di reato“, e che da questa scoperta scaturisse uno stato d’ira implacabile. Ma, chiaramente, soprattutto quest’ultimo punto lasciava davvero molta discrezionalità ai giudici.
Nel nostro paese il delitto d’onore, e una delle sue conseguenze naturali, il matrimonio riparatore (che veniva officiato per preservare la “purezza” di figlie e sorelle vittime di stupro) sono stati aboliti solo con la legge n. 442 del 10 agosto 1981, anni dopo il referendum sul divorzio e sull’aborto, per citare alcuni dei momenti storici più importanti del nostro paese. Sintomo che la mentalità maschilista si è abbandonata con molta reticenza e, forse, non ancora del tutto.
In compenso, ci sono ancora tantissimi paesi nel mondo in cui il delitto d’onore è considerato di prassi: sono soprattutto gli stati asiatici, in cui la cultura patriarcale è ancora una componente rilevante della comunità, ma i numeri forniti dalle organizzazioni umanitarie in proposito sono davvero sconcertanti.
Il delitto d’onore nel mondo
Solo nel 2000, come riporta un documento del 2010, le Nazioni Unite hanno stimato 5000 delitti d’onore, tanto che nel 2002 e 2004 è stata presentata una risoluzione per eliminare definitivamente la pratica. Il problema è che la maggior parte dei delitti d’onore non viene classificata in quanto tale, perciò o non vengono effettuati processi per tali reati o, qualora i procedimenti giudiziari esistano, si risolvono con pene molto blande.
Uno studio ha rilevato che, in un periodo di 20 anni, fra il 1989 e il 2009, i delitti d’onore sono addirittura cresciuti, l’età media delle vittime? Circa 23 anni. Più della metà di queste vittime sono figlie e sorelle, un quarto mogli e fidanzate.
Hina Saleem e Sana Cheema, ragazze uccise per aver detto "no" al matrimonio combinato
Il dramma delle ragazze uccise perché volevano scegliere come vivere, e chi amare, porta con sé una lunga scia di sangue.
I dati forniscono altri dati agghiaccianti: molte delle vittime, prima di morire, sono state torturate o stuprate, e ben il 58% di loro ha trovato la morte solo per la volontà di voler vivere “all’occidentale”. Meno della metà (il 42%) per aver commesso presunte “inadeguatezze sessuali”; con ciò ci si riferisce indistintamente a chi è stata stuprata o a chi è stata infedele o ha avuto relazioni omosessuali.
Con riferimento solo al Pakistan, che sembra essere il paese in cui vengono perpetrati più delitti d’onore, secondo la Commissione indipendente per i diritti umani del paese, almeno 1.100 pakistane sono state uccise nel 2015 da genitori o parenti, con la colpa di aver disonorato le famiglie.
Nonostante numerosi passi avanti siano stati fatti in tema, ad esempio, di matrimonio minorile e sfruttamento dei bambini, nel paese asiatico a tutt’oggi è concesso uccidere le donne di famiglia se sorprese in atti sessuali giudicati “disonorevoli”. Soprattutto perché, nonostante questo tipo di omicidi non sia regolato da norme ufficiali, trova ampio consenso nella consuetudine e l’approvazione del popolo. Con tutte le problematiche del caso legate, ancora una volta, all’alta discrezionalità concessa rispetto a cosa possa essere considerato “disonorevole”.
Nella provincia settentrionale del Gilgit-Baltistan, ad esempio, su 23 casi di omicidio registrati nel 2016, ben 13 sono stati classificati come “delitti d’onore”, mentre, in generale, delle 187 uccise nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa, al confine con l’Afghanistan, nei primi 10 mesi dello stesso anno, almeno 40 di queste donne sono vittime di proprio di delitti d’onore.
A ottobre del 2016 il parlamento di Islamabad ha approvato una modifica del codice penale in vigore nel paese che, nei casi di delitti d’onore, permetteva la liberazione dell’omicida in caso di perdono da parte della famiglia della vittima; un piccolo passo verso l’abolizione della pratica, che tuttavia resta troppo poco rispetto a tutto quello che ancora c’è da fare per porvi davvero fine.
L’altra faccia del delitto d’onore: il matrimonio riparatore
Come detto, spesso in Italia il concetto di delitto d’onore si accompagnava a quello di matrimonio riparatore, un’altra prassi odiosa che costringeva le vittime di stupro a sposare il loro aguzzino, per avere salvo appunto “l’onore”. Franca Viola fu la prima, coraggiosissima ragazza a ribellarsi, e con lei ebbe inizio quel movimento di protesta silenzioso che portò alla cessazione della norma. Ci vollero 15 anni prima che l’Italia la abolisse, ma il suo gesto fu certamente l’input di cui le donne italiane necessitavano per alzare la testa.
Franca Viola, la ragazza che mise fine al matrimonio riparatore dopo lo stupro
La storia di Franca Viola parla di coraggio e di ribellione: stuprata, ha scelto di rifiutare il matrimonio riparatore contribuendo a far abrogare ...
Del suo atto di ribellione, Franca dirà in un’intervista concessa a Riccardo Vescovo:
Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori.
In gallery, ripercorriamo la sua storia e anche quelle, meno fortunate, di molte altre ragazze che, nel mondo, sono vittime di delitti d’onore e matrimoni riparatori.
Il coraggio di Franca Viola
Franca Viola è stata rapita e ha subito uno stupro nel 1966. Ha rifiutato di sposare il ragazzo che l’ha violentata. Abbiamo dedicato un articolo alla sua storia bellissima.
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Sana, i parenti sono stati assolti
È recente la notizia dell’assoluzione del padre, del fratello e dello zio di Sana, la ragazza pakistana ma residente a Brescia che sarebbe stata uccisa durante un viaggio nel paese d’origine per il rifiuto al matrimonio combinato e la volontà di sposare un ragazzo italiano. Il tribunale pakistano che ha seguito il caso ha giudicato le prove “insufficienti”, nonostante l’autopsia abbia stabilito che la ragazza avesse l’osso del collo spezzato, e nonostante l’iniziale confessione del padre, poi ritrattata.
Costretta a sposare il suo stupratore a 13 anni
Nel 2016, in Tunisia, una ragazzina di appena 13 anni, violentata da un suo cugino ventenne e rimasta incinta è stata obbligata a sposare lo stupratore, come riporta questo articolo di Vanity Fair.
Secondo l’articolo 227 bis del vecchio Codice penale in vigore nel paese, il giudice ha deciso per le “nozze riparatrici” al posto della galera per l’uomo, senza prendere minimamente in considerazione la volontà della ragazza.
Il tribunale tunisino che ha esaminato il caso ha stabilito che il rapporto fosse “consenziente” e che l’età della ragazza non fosse troppo bassa per poter parlare di “stupro su minore”. Alla fine, però, il tribunale di El Kef ha sospeso il matrimonio.
Saadia, uccisa per essersi legata a un altro uomo (assieme a zia e cugina)
In Pakistan, nel 2013, un delitto d’onore ha coinvolto tre donne: Saadia, sposa 22enne, che avrebbe abbandonato il marito per legarsi a un altro uomo, aiutata dalla zia e da una cugina di 20 anni. Tutte e tre le donne sono state uccise dai parenti, a colpi d’arma da fuoco.
Solitamente i delitti d’onore, conosciuti in Pakistan si risolvono con il pagamento di un compenso in denaro alla famiglia. Poco importa se dal 2004 siano state inasprite le pene nel paese, che a quanto pare non hanno avuto alcun effetto deterrente.
Hiyam, uccisa davanti alla madre da padre e fratello
Sempre nel 2013 Hiyam, una donna palestinese di 23 anni, è stata uccisa per mano del padre e del fratello, all’alba. La sua storia è stata raccontata dala madre Souad, nel campo profughi Nuseirat, nel cuore della Striscia di Gaza, dove la famiglia risiedeva.
Hanno trattato ingiustamente mia figlia Hiyam. Lei era la figlia maggiore e la più dolce di tutte. Possa Dio vendicarsi del padre e del fratello.
Souad ha raccontato:
Ero in visita ai miei genitori, e ho dormito da loro. Intorno alle tre del mattino, ho ricevuto una telefonata dal mio figlio maggiore, Adham, che mi diceva di correre a casa. Sentivo che c’era qualcosa di molto brutto. Quando sono arrivata a casa ho trovato mia figlia in piedi in silenzio. Adham ha detto che avevano trovato il nostro giovane vicino Ahmed all’interno della casa. Ho chiesto a mia figlia, e lei ha detto che era un ladro che è saltato fuori dalla finestra. Non le ha dato la possibilità di parlare. Mia figlia era timida per natura. Non si è nemmeno difesa. Sapevo che stavano per ucciderla. Ho urlato e pianto, e poi non mi ricordo nulla, se non che mi svegliai in una stanza chiusa con i miei bambini.
Nel paese, gli imputati per delitti d’onore erano solitamente condannati a pene di massimo 3 anni, per via dell’articolo 18 del Codice penale n. 74 del 1936, che ha come titolo “Necessità”. L’articolo prevede “clemenza nella punizione dei crimini che hanno commesso i colpevoli al fine di evitare conseguenze che potrebbero causare danni irreparabili al loro onore, denaro, o all’onore che chi ha commesso il crimine,è obbligato a proteggere.”
Ahmet, ucciso perché omosessuale
I delitti d’onore riguardano però anche i ragazzi omosessuali: come Ahmet, studente di fisica turco, ucciso con dei colpi d’arma da fuoco nel 2008 mentre usciva da un cafè di Istanbul. Gli amici e le persone vicine ad Ahmet si sono dette convinte che si sia trattato di un delitto d’onore commesso dai membri della sua stessa famiglia, incapaci di accettare il desiderio del figlio di vivere alla luce del sole la propria omosessualità.
Dawn Tyree, sposò l'uomo che l'aveva aggredita da ragazzina
Se pensiamo che il matrimonio riparatore sia un’usanza ancora in voga solo nei paesi orientali o africani, sbagliamo di grosso: l’americana Dawn Tyree, infatti, fu obbligata dalla famiglia a sposare l’uomo – un amico dei genitori – che l’aveva stuprata e sottoposta a una vera e propria manipolazione mentale nel 1985, perché rimasta incinta.
La sua storia è raccontata in questo articolo.
Dawn Tyree: “I miei genitori mi costrinsero a sposare il mio stupratore a 13 anni”
Costretta a sposarsi a 13 anni dopo essere stata stuprata da un amico di famiglia, oggi Dawn Tyree ha deciso di raccontare la sua storia al New Yor...
Amina, che ha preferito uccidersi
Anche Amina Filali è stata costretta al matrimonio con il suo stupratore, di 11 anni più grande, in virtù dell’articolo 475 del codice penale marocchino che consente al violentatore di sposare la vittima. Lei, però, appena sedicenne, preferisce ingerire del veleno per topi e togliersi la vita.
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