Per dj Fabo, che ci ha insegnato il diritto di scegliere di morire con dignità

Era il 27 febbraio 2017 quando dj Fabo moriva nella clinica svizzera dove era stato portato per avere l'eutanasia. La sua è stata una battaglia dura e dolorosa, conclusa però come voleva lui. A Fabo è stato dato il permesso di tornare libero, e di scegliere con dignità di porre fine a una vita che non considerava più tale.

Il 27 febbraio 2017 moriva Fabiano Antoniani. Forse il suo nome, così, vi ricorderà poco, ma la sua storia è stata sulle prime pagine dei giornali e sui social per svariati mesi, fino a quando dj Fabo – come tutti lo conoscevano – non è riuscito a realizzare le sue ultime volontà, quelle di morire come lui voleva.

Fabiano aveva quella che non considerava più una vita degna di essere vissuta: lui, amante della musica, delle moto, dei viaggi, reso tetraplegico e cieco dopo un incidente nel 2014, non aveva voluto arrendersi a un destino ineluttabile che lo avrebbe voluto vivo ancora a lungo, ma non come desiderava, e per questo è andato in Svizzera, aiutato da Marco Cappato, dell’Associazione Luca Coscioni, e da Valeria, la donna che gli è stata accanto nei tempi felici e non lo ha lasciato in quelli bui, per morire.

Ha dovuto scegliere un Paese straniero, dj Fabo, nonostante la sua speranza era che gli fosse lasciata l’opportunità di dire addio alla vita nella sua Italia; lo ha dovuto fare perché qui l’eutanasia non è prevista dalla legge, e per questo Cappato è andato incontro a un processo per “aiuto al suicidio”, così come previsto dall’articolo 580 del codice penale, che prevede una pena dai 5 ai 12 anni di carcere, da cui è stato assolto solo nel dicembre del 2019, dopo poco più di due anni.

Ha morso un pulsante per attivare l’immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci.

Disse Cappato dando l’annuncio della sua morte; ma il calvario di Fabo è durato tanto, troppo a lungo, fino a quando la sua storia non è balzata all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, colpiti soprattutto dal videomessaggio che il ragazzo, attraverso la voce di Valeria, aveva indirizzato via Facebook al Presidente della Repubblica Mattarella.

Un messaggio che era un appello accorato, pieno di umanità, di dignità, per chiedere che gli fosse lasciata la possibilità di porre fine a una vita che lui non voleva più.

La vicenda di Fabo ha ovviamente scosso molto le persone, e riaperto un dibattito mai sopito sulla questione del fine vita e sul diritto, di ciascuno di noi, di scegliere quando e come morire; che non significa togliersi la vita per una delusione amorosa o un momento di depressione, ma avere la libertà di essere artefici del proprio destino, se quel destino non è lo stesso che avremmo voluto e che non ci rassegniamo ad accettare passivamente.

Prometto di perderti

Del resto, già a partire da vicende come quella di Terri Schiavo, Eluana Englaro, o Piergiorgio Welby, si discute su dove si trovi il confine tra ciò che si può definire ancora “vita”, sul rispetto del termine naturale della stessa, o su quello, piuttosto, delle volontà di chi non vorrebbe trovarsi in una condizione irreversibile. Ci sono ragioni etiche, religiose, morali, per cui stabilire una “giustezza” di pensiero è impossibile, ma ciò che conta davvero, in fondo, è che nessuno dovrebbe poter giudicare o, peggio, decidere per qualcun altro.

Sia questo “qualcun altro” il diretto interessato, come nel caso di Fabo, o chi, come invece nel caso di Beppino Englaro, conosce la posizione del malato rispetto al fine vita e la sofferenza di passare anni vedendo sfiorire un caro che non ha neppure la possibilità di accorgersi di crescere, o di invecchiare.

Fabo, dopo aver lottato tanto per pretendere il suo diritto a morire, ce l’ha fatta: è stato libero di scrivere la parola “fine” alla sua vita, proprio come voleva lui.

In gallery abbiamo ripercorso tutta la sua vicenda, dagli inizi fino all’assoluzione di Marco Cappato.

Per dj Fabo, che ci ha insegnato il diritto di scegliere di morire con dignità
Fonte: web
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