C’è un polmone verde, sul nostro pianeta, tanto importante quanto a rischio.
Parliamo della foresta Amazzonica, la più estesa foresta pluviale del mondo, che si estende per più di 7 milioni di km² tra Brasile (per il 65%), Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese.
Nel corso degli anni questa immensa area verde ha subito una deforestazione sanguinosa e senza precedenti, soprattutto per lasciare spazio all’allevamento e per lo sfruttamento del territorio per fini agricoli (principalmente soia e olio di palma), minerari o legato al mercato del legname.
Il tasso annuale di deforestazione nella regione amazzonica è aumentato con un ritmo spaventoso e inesorabile, tanto che si stima che l’area disboscata sia passata da 419.010 a 575.903 km² con un’impennata tra il 1991 e il 2000. Nel 2017 i dati parlavano di più del 20% dell’intera superficie forestale disboscata, con 783,828 km²(ovvero più del doppio della superficie dell’Italia) di aree boschive in meno rispetto al 1970.
L’importanza di mantenere in vita la foresta Amazzonica è sotto gli occhi di tutti, eppure tutti i governi coinvolti, pur riducendo talvolta la velocità di disboscamento, non sembrano mai aver avuto davvero a cuore la causa ambientale, forse non consapevoli del fatto che privare la Terra di una simile risorsa verde non farebbe altro che accelerarne inquinamento e logoramento. Con l’elezione a presidente di Brasile di Bolsonaro, poi, le cose sono ulteriormente peggiorate, dato che la deforestazione è ripresa a ritmi piuttosto alti.
Per questo, c’è chi da anni lotta per la salvaguardia della foresta e, indirettamente, anche della nostra vita sul pianeta; sono le donne indigene che mettono a repentaglio le proprie vite, e spesso vivono sotto la minaccia di essere addirittura uccise a causa del loro impegno, per cercare di fermare il disboscamento indiscriminato della zona.
Amnesty International ha dedicato loro un reportage davvero suggestivo, raccontando chi sono e quali sono le minacce con cui convivono quasi quotidianamente proprio per via del loro tentativo appassionato di non togliere alla Terra questo fondamentale tesoro naturale.
Sfogliate la gallery (in cui abbiamo usato foto generiche) per conoscere le loro storie.
Patricia, aggredita in piena notte
Patricia Gualinga è una leader indigena del popolo Kichwa della comunità di Sarayaku, in Ecuador, e prova a preservare il suo popolo dal grave impatto dell’industria petrolifera.
Nel 2018 ha subito una feroce aggressione: mentre si trovava a casa, uno sconosciuto in piena notte l’ha attaccata con delle pietre. Patricia ha cercato di scorgere nel buio il suo assalitore, ma ha sentito solo una voce urlarle
La prossima volta ti uccideremo!
È stata costretta a cambiare casa con la famiglia, perché il proprietario dell’appartamento, terrorizzato da ciò che sarebbe potuto accadere, li ha invitati a lasciarlo.
Nema, destituita dal ruolo di leader della sua comunità
Nema Grefa, di origine Sápara, viene dall’Ecuador. Lei era a capo della sua comunità, ma è stata spodestata dall’opposizione di un gruppo favorevole all’insediamento dell’industria petrolifera nel territorio dei Sàpara.
Sui social media un uomo armato di lancia ha pubblicato un video in cui minacciava
I qui presenti sono uniti nel respingerla e stanno per uccidere Nema Grefa; lei non ha territorio.
Salomé, aggredita in casa, i responsabili non hanno un volto
Salomé Aranda è la leader delle donne e della famiglia in una comunità della provincia di Pastaza, la più estesa delle ventiquattro province dell’Ecuador. Ha denunciato pubblicamente i potenziali impatti ambientali dell’industria petrolifera nel territorio in cui vive, nonché i casi di abusi sessuali contro le donne native.
È stata aggredita con la sua famiglia a casa, da ignoti che hanno tirato loro delle pietre. Nonostante abbia sporto una formale denuncia, nessuna autorità ha fatto progressi significativi per trovare i responsabili, e non sono state messe in atto misure di protezione per prevenire altri attacchi.
Margoth, ha perso tutto nell'incendio della sua casa
Margoth Escobar ha dedicato la sua vita alla difesa dell’ambiente e ai diritti dei popoli indigeni. Anni addietro, alcuni agenti di polizia l’hanno aggredita mentre partecipava uno sciopero nazionale di protesta.
Più recentemente, degli sconosciuti hanno appiccato il fuoco alla sua casa; Margoth, che ha perso tutto, ha presentato denuncia, ma nessun aggressore è stato identificato.
Non ha fiducia nell’imparzialità dei giudici ecuadoriani, né nelle forze dell’ordine.
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