Si chiamava Elsa von Freytag-Loringhoven, ma per il suo gruppo di amici, colleghi artisti e divertiti adoratori era semplicemente la Baronessa. Non aveva nemmeno una goccia di sangue blu in corpo, ma la sua presenza bastava di per sé a rendere ogni incontro un evento speciale. Si dipingeva di rosso la testa rasata, indossava un reggiseno fatto di lattine, orecchini fatti con i cucchiaini e al collo portava una piccola gabbietta con un canarino. Chi la incontrava per le strade di New York, all’inizio del Novecento, non poteva sicuramente fare a meno di notarla, come ricorda un articolo del New York Times a lei dedicato.
Avrebbe potuto essere un altro strano esemplare del Greenwich Village, di quelli che si buttavano su qualsiasi tipo di lavoro, pur di sopravvivere al clima delicato del primo dopoguerra. Elsa von Freytag-Loringhoven era invece un’artista e una poetessa avanguardista, oltre che fervente proto-femminista. Provocatrice e catalizzatrice di ogni tipo di energia culturale, prima fra tutte quella sprigionata dal nascente movimento dadaista, la Baronessa esplorò tutti in confini della femminilità e dettò nuovi standard su ciò che poteva essere considerato arte. Spazzatura compresa.
Provocatoria e spregiudicata, anche nella sua vita privata la Baronessa si scagliò contro tutto ciò che poteva essere considerato borghese. I suoi amori folli e disperati sono diventati anche un romanzo, intitolato Sante Gonne e scritto da René Steinke. Apertamente bisessuale, dopo un matrimonio sfortunato con il celebre architetto August Endell si gettò tra le braccia del traduttore Felix Paul Greve, con il beneplacito del marito. Abbandonata dall’amante e sola, si consolò con il Barone Leopold von Freytag-Loringhoven, che si suicidò dopo la Prima Guerra Mondiale, lasciandole solo il titolo.
Sante Gonne, la vita della baronessa Elsa
Elsa von Freytag-Loringhoven applicava i concetti dadaisti nelle sue opere, ma anche nell’abbigliamento, diventando una scultura in carne e ossa e facendo di ogni sua uscita pubblica una vera performance. La sua audacia, tuttavia, venne oscurata da quella dei colleghi maschi. Considerata semplicemente un’eccentrica, finì per essere solo una nota di contorno alla corrente Dada a New York, che proprio lei aveva contribuito a diffondere.
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Istrionica
Elsa Plötz, nome da nubile di Elsa von Freytag-Loringhoven, nacque nel 1874 a Swinemünde in Pomerania (Germania). La relazione con suo padre, un uomo collerico e crudele, segnò tutta la sua vita e la spinse a lottare contro la componente patriarcale della società di fine Ottocento (e non solo). Sua madre, invece, era una donna dolce e creativa, che amava utilizzare gli oggetti trovati in giro per farne di nuovi. Fu proprio questo, molto probabilmente, a influenzare le opere e l’atteggiamento di Elsa.
Elsa von Freytag-Loringhoven con il poeta Claude McKay
A vent’anni si trasferì a Berlino, dove iniziò a lavorare come attrice e performer vaudeville. Iniziò a frequentare l’artista Melchior Lechter, che la fece entrare nel circolo del carismatico poeta Stefan George, trasformandola in una musa, avvolta in velluti e ornata di gioielli. Dopo aver studiato arte a Dachau, vicino a Monaco, nel 1901 sposò civilmente l’architetto August Endell. Il loro era un matrimonio aperto: un anno dopo, Elsa cominciò a frequentare un amico del marito, il poeta e traduttore Felix Paul Greve. Nel 1903 il trio partì per un viaggio in Sicilia, che portò alla disintegrazione del matrimonio tra August ed Elsa. Dopo il divorzio ufficiale, nel 1906, lei e Greve tornarono a Berlino, dove si sposarono l’anno seguente.
Theresa Bernstein, "La Baronessa" (1917)
Nel 1909 il secondo marito si trovò in grossi guai finanziari e decise, d’accordo con Elsa, di fingere un suicidio e partire per il Nord America, usando un nuovo nome. Nel 1909 lei lo raggiunse e insieme aprirono una fattoria in Kentucky. L’idillio bucolico non durò molto: nel 1911 lui la abbandonò per cercare fortuna nel West. Nel 1913 conobbe il Barone Leopold von Freytag-Loringhoven, di dieci anni più giovane di lei, e i due si sposarono a New York. Da quel momento divenne la Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven. Per un breve e dorato periodo abitò al Ritz e condusse un’intensa vita mondana, ma allo scoppiare della guerra il maritò partì per la Germania. Non tornò mai più: il suicidio pose fine alla sua vita e al terzo matrimonio di Elsa.
Si vestiva di lattine e cucchiaini
Rimasta sola a New York, la Baronessa si mantenne grazie al lavoro in una fabbrica di sigarette e posando come modella per artisti del calibro di Louis Bouché, George Biddle e Man Ray. Alcune sue poesie vennero pubblicate in The Little Review, accanto ai capitoli dell’Ulysses di James Joyce. La maggior parte delle sue poesie, però, rimase inedita, anche se conservata dalla collaboratrice e amante Djuna Barnes. Iniziò così il periodo più folle ed eccentrico della Baronessa.
George Biddle, "La Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven" (1921)
Così la descrisse il pittore George Biddle, che la ritrasse nel 1921, nella sua autobiografia: “Con gesto regale, aprì i lembi dell’ impermeabile scarlatto. Era in piedi davanti a me, nuda o quasi. Sopra i capezzoli aveva due minuscole lattine di pomodoro legate da un cordino verde dietro la schiena. Tra le due lattine pendeva una piccolissima uccelliera con dentro un canarino desolato. Un braccio era coperto dal polso alla spalla da anelli di celluloide per tende, che poi confessò di aver rubato nel reparto di arredamento dei grandi magazzini Wanamaker. Si tolse il cappello che era stato decorato in modo grazioso ma poco appariscente con carote dorate, barbabietole e altri ortaggi”
Elsa von Freytag-Loringhoven, "Ritratto di Marcel Duchamp" (1920), foto di Charles Sheeler
Insieme all’amico francese Marcel Duchamp fu una pioniera del Readymade, un termine usato per la prima volta proprio dall’artista francese per la sua scultura Ruota di bicicletta posta su uno sgabello (1913). Entrambi prendevano oggetti di uso comune e, senza alcun intervento di carattere estetico, li trasformavano concettualmente in opere d’arte. “La Baronessa non è una futurista. Lei è il futuro”: così lui aveva descritto la collega, che lo amava (non ricambiato). Duchamp e Man Ray coinvolsero Elsa in un video, intitolato The Baroness shaves Her Public Hair (La baronessa si rade i peli pubici), di cui purtroppo sopravvivono solo pochi fotogrammi.
Elsa von Freytag-Loringhoven, "God" (1918)
Nel 1923 Elsa tornò a Berlino, ma era senza soldi. Dopo aver venduto giornali e aver passato un periodo in una clinica psichiatrica, nel 1926 l’amica Djuna Barnes si offrì di pagare l’affitto di un appartamento a Parigi. E fu proprio lì che, nel 1927, la Baronessa morì insieme ai suoi cani, soffocata dal gas lasciato aperto durante la notte. Suicidio o incidente domestico? Impossibile stabilirlo: la Barnes provò a scrivere una biografia, che però non vide mai la luce. Oggi in molti considerano Elsa von Freytag-Loringhoven come la vera ispiratrice del movimento Dada, sebbene il suo nome sia ancora oscuro ai più.
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