"Una persona disabile non è perfetta in assoluto, ma in fondo chi lo è?"

"Una persona disabile non è perfetta in assoluto, ma in fondo chi lo è?"
Fonte: foto inviata da Francesca Benedetti
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Negli ultimi tempi stiamo assistendo sempre più a un vasto movimento che, soprattutto sui social, parla di inclusività e di body acceptance verso qualunque forma di fisicità, compresa la disabilità.

Esempi eccellenti come quello di Benedetta De Luca o Chiara Bersani ci fanno capire che molto spesso le limitazioni e le barriere, oltre che fisiche, esistono solo negli occhi di chi non riesce a capire che le disabilità non sono necessariamente condanne.

Francesca Benedetti, ad esempio, trentenne versiliese, ha la SMA, l’atrofia muscolare spinale, ma questo non le ha mai impedito di avere una vita piena di impegni, interessi e passioni, che lei segue con grande dedizione. L’abbiamo intervistata per conoscere qualcosa in più della sua storia, e soprattutto per gettare una luce nuova sulla percezione che le persone con disabilità hanno di sé e della propria persona, anche dal punto di vista estetico.

Ho un carattere timido – ci racconta Francesca – non amo espormi, ma se è per una causa che ritengo importante non mi tiro indietro. Per quanto riguarda la malattia, è stato molto importante ricevere da piccolissima la diagnosi di SMA, perché ha consentito a me e alla mia famiglia di capire cosa fare. Mi sono diplomata al turistico e frequentato per poco la facoltà di Filosofia a Pisa, ma non era la mia strada. Ho svolto un anno di servizio civile con l’associazione Fratres, una bella esperienza.

L’anno scorso ho aderito al progetto PLUS di UILDM, per l’inclusione lavorativa di persone con disabilità: ho svolto il mio tirocinio alla sezione UILDM di Pisa, dove mi sono occupata di segreteria, e stavo quasi per terminarlo ma si è messo di mezzo il Coronavirus! Mi piacerebbe poter continuare a lavorare in ambito di segreteria, un domani“.

Anche perché questo significherebbe raccogliere l’eredità di mamma Deanna, ex presidente della sezione Versilia di UILDM, l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare fondata a Trieste nel 1961 da Federico Milcovich che promuove la ricerca scientifica e l’informazione sanitaria sulla distrofia muscolare e le altre malattie neuromuscolari. Pur così giovane, e a dispetto della malattia, Francesca ha già raccolto un discreto bagaglio di esperienze.

Forse l’esperienza che mi ha cambiata di più è stata diventare la presidente dei Sea Wolf, la prima squadra di wheelchair hockey della Versilia. Ho iniziato a giocare con i Lupi Toscani, a Scandicci, circa 5 anni fa, quasi per caso. Giocare a hockey è capitato in un momento in cui non sapevo cosa fare della mia vita, che lavoro fare, se continuare l’università.

Grazie a questo gioco sono uscita dalla mia zona di comfort, mi sono buttata! Fare un’ora di strada, allenarsi con persone che non conoscevo, fare uno sport mai fatto prima: ecco, tutto questo mi ha, diciamo, stabilizzata. Spero che tante altre persone possano avvicinarsi all’hockey. Il ruolo da presidente poi mi fa collaborare molto di più con la Sezione UILDM della Versilia, perché tra volontari ci coordiniamo con le varie attività”.

Così intraprendente e desiderosa di fare esperienze, Francesca non nega, però, che dal punto di vista estetico l’autostima non sia sempre stata dalla sua parte.

Mi sono sentita meno donna, meno femminile, sì. Il ‘processo per arrivare ad accettarmi nella mia femminilità è stato abbastanza lungo e complesso. Forse la cosa più difficile è stata capire cosa fa sentire me femminile e accettare e cercare di far capire agli altri che per ognuno di noi è diverso, ma comunque non meno importante.

Cos’è che oggi ti fa sentire bella? 

Mi fa sentire bella essere a mio agio con me stessa: truccarmi, prendermi cura di me, cercare di ‘nascondere’ e togliere importanza alle cose che non mi piacciono ed esaltare quelle che invece mi piacciono di me. La cosa che mi ferisce di più è quando le persone sminuiscono quello che faccio proprio per sentirmi a mio agio con me stessa, perché magari per loro è una cosa ‘superficiale’ e perciò non importante, invece che capire e accettare che ognuno di noi è diverso a modo suo e in quanto tale può avere punti di vista diversi“.

Sono diversa da chi riesce a camminare con le proprie gambe, sono diversa da chi riesce a essere autosufficiente, e sono diversa anche da chi non ha gli occhi verdi.

Eppure, la discriminazione non sembra tuttora un brutto ricordo lasciato alle spalle…

Purtroppo sì, credo ci sia ancora troppa discriminazione, e che questo sia legato all’ignoranza. E al concetto di ‘diverso’. E finché la diversità sarà vista come ‘anormalità’, e non come caratteristica che può avere ognuno di noi, ci sarà sempre.

E per quanto ti riguarda? Tu hai mai subito episodi di discriminazione?

 Personalmente che io ricordi no. Niente di particolare almeno, ma probabilmente questo è dovuto anche al mio carattere, in genere tendo a ironizzare su queste cose. In generale però credo che anche solo un atteggiamento di pietà verso una persona disabile sia discriminatorio, e che tante volte purtroppo le persone nemmeno se ne rendono conto.

Perché ancora troppo spesso per qualcuno disabilità è associato a non bellezza? Come si abbatte un cliché tanto ostinato?

Per buttare giù questo cliché è importante prima di tutto buttare giù anche quell’ignoranza legata alla disabilità vista come ‘anormalità’, come ho detto, il concetto di ‘diverso’ e quello di ‘perfezione assoluta’, perché spesso le barriere più grosse da abbattere non sono quelle architettoniche ma quelle mentali“.

Penso che il concetto di disabilità sia associato a ‘non bellezza’ perché purtroppo la bellezza è troppo spesso ancora associata a degli standard di perfezione assoluta. Una persona disabile non è perfetta in assoluto, come dice già la parola; ma in fondo chi lo è?

Sfogliate la gallery per conoscere meglio Francesca.

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