Gala Éluard Dalí, "pura forza sessuale"
La storia di Gala Éluard Dalí, la musa e l'ossessione di Salvador Dalí: il pittore accettò di buon grado le sue infedeltà, amandola fino alla morte
La storia di Gala Éluard Dalí, la musa e l'ossessione di Salvador Dalí: il pittore accettò di buon grado le sue infedeltà, amandola fino alla morte
“Come chiamo mia moglie: Gala, Galushka, Gradiva; Oliva, per la forma ovale del suo viso e il colore della pelle; Oliveta, diminutivo di Olive; e i suoi deliranti derivati Oliueta, Oriueta, Buribeta, Buriueteta, Suliueta, Solibubuleta, Oliburibuleta, Ciueta, Liueta. La chiamo anche Lionette, perché quando si arrabbia ruggisce come il leone della Metro-Goldwyn-Mayer”. Con questi nomignoli Salvador Dalí si rivolgeva alla moglie e musa, Gala Éluard Dalí, come raccontato nell’autobiografia Diario di un Genio.
Gala Éluard Dalí era una donna misteriosa e acuta, abilissima nel riconoscere un artista geniale al primo sguardo. Di lei, ispiratrice e incantatrice, restano racconti ombrosi e ricordi frammentati, che contribuiscono ad alimentare i contorni quasi mitologici della sua vita. Prima moglie del poeta francese Paul Éluard, fu anche amante dell’artista surrealista Max Ernst e infine moglie e unica donna di Salvador Dalí, che lei tradì copiosamente con amanti ancor più giovani. Un’abitudine forse gradita, visto che il celebre pittore catalano sembrava apprezzare il candualismo.
Lo storico americano John Richardson arrivò a definirla una “dominatrice diabolica”, come ricorda il sito The Paris Review. Sessualmente vorace, intimidiva, sottometteva e terrorizzava i suoi uomini. Secondo la scrittrice francese Dominique Bona, che ha rivissuto i suoi fulgidi e spregiudicati giorni nella biografia Une vie de Gala, era “una pura forza sessuale”.
Considerata da molti un’astuta e cinica manipolatrice, colpevole della deriva commerciale dell’opera del secondo marito, Gala Éluard Dalí riuscì a piegare alle sue volontà alcuni tra gli uomini più in vista nella scena culturale del Novecento. Ne è una dimostrazione lampante la lettera inviata da Salvador Dalí al suo rivale, Paul Éluard, dopo aver scoperto che l’uomo cercava di convincere la moglie a restare con lui.
Ho intercettato, tra le numerose carte segrete di cui Gala si circonda, questi fogli a tratti invadenti e imbarazzanti seppur sinceri. Come uomo dovrei chiederne ragione, sfidarti a duello forse, ma in quanto poeta, artista, poiché voglio sopravanzare la misura comune degli esseri ed elevarmi dal branco, ti giustifico e ti perdono caro Paul.
Gala, infatti, ora vive in ragione di me, della mia bizzarria, del mio estro ineguagliabile, del successo cui sono predestinato. Dalí sarà il nome che per secoli i pittori e gli appassionati d’arte pronunceranno ogni qualvolta penseranno a chi ha davvero cambiato le sorti dell’estetica del nostro secolo. E anche del modo di vivere: il poeta non sarà più figura marginale, sofferente, destinata a una ristretta élite di pensatori chiusi nel loro circolo vizioso.
Dalí, che pure negli anni si invaghì di Amanda Lear, facendone la sua musa soprattutto nell’ultimo periodo artistico, provava molto più che semplice amore per quella che di lì a poco sarebbe diventata ufficialmente la sua compagna di vita. Lei nutriva la sua immaginazione, il suo estro. Era come una madre, una divinità, anzi, era la sua Madonna. Intuiva già che il suo futuro sarebbe stato quello di un uomo tradito, come anticipato proprio dalla missiva inviata al primo marito di Gala, ma aveva deciso scientemente di andare incontro al suo fato. O, più semplicemente, non era la fedeltà che cercava in lei.
Tu, Paul, cosa avresti potuto prometterle? Un’oscura vita dietro le quinte insieme ai tuoi amici surrealisti? No, amico, Gala non è fatta per questo. A lei non interessa vivere sotto luce riflessa e vuole stare al centro della scena, ci sarà un momento in cui ci identificheranno come una cosa sola, al di sopra delle convenzioni borghesi, di quei piccoli sentimenti di possesso e gelosia che non dovrebbero appartenere agli artisti.
Staremo sempre insieme pur non condividendo sempre lo stesso letto, inseguiremo noi stessi attraverso altri sguardi, altri corpi. Avremo amanti e saremo amati, in un cortocircuito dove tutto si confonde pur restando fedele a se stesso. Il nostro è un progetto, il vostro è stato un amore come tanti e Salvador Dalí sarà per sempre l’unico uomo che sarà riuscito a renderla felice. E soprattutto donna.
Sfogliate la gallery per leggere la storia di Gala Éluard Dalí…
Elena Dmitrievna D’jakonova, nome da nubile di Gala Éluard Dalí, nacque a Kazan, in Russia, il 7 settembre 1894. Istruita e colta, nonostante vivesse in una regione in cui l’educazione era vietata alle donne, fin da piccola ebbe gravi problemi di salute.
Malata di tubercolosi, nel 1912 venne mandata dalla famiglia in un sanatorio in Svizzera, dove conobbe il poeta francese Paul Éluard, che nel 1917 divenne suo marito, oltre che padre della sua unica figlia, Cécile. Insieme al marito, Gala divenne protagonista della scena surrealista di Parigi.
(nella foto: Max Morise, Max Ernst, Simone Breton, Paul Éluard, Joseph Delteil, Gala Éluard, Robert Desnos e André Breton nel 1923)
Nel 1922 Gala iniziò una relazione extraconiugale con l’artista Max Ernst, amico del marito, che la ritrasse più volte.
Nel 1929 Gala visitò Cadaqués, in Spagna, e per la prima volta incontrò Salvador Dalí, a quel tempo ancora un artista emergente e più giovane di lei di undici anni. Ci fu subito un’istantanea alchimia tra i due, come più avanti descritto dal pittore nella sua autobiografia: “Era destinata a essere la mia Gradiva, ‘colei che avanza’, la mia vittoria, mia moglie”. Gala lasciò Éluard e nel 1932 divenne ufficialmente la moglie di Dalí.
Nel 1937 Gala divenne la manager e agente di Dalí, occupandosi dei conti e trattando con le gallerie e con i mercanti. Lo incoraggiò a dipingere ed ebbe enorme influenza sulla sua produzione artistica. Viaggiarono molto negli Stati Uniti, d’inverno conducendo affari al St. Regis Hotel di New York, d’estate trasferendosi in California.
Negli Anni Cinquanta sorsero primi contrasti per la coppia, molto probabilmente causati dalle numerose relazioni di Gala con amanti più giovani. Nonostante ciò, la coppia si sposò anche con rito cattolico nel 1958, presso la Capela de la Mare de Deu dels Angels a Girona, in Spagna.
Nel 1968 Dalí regalò alla moglie un castello medievale a Púbol, dove lei trascorse gran parte del suo tempo, soprattutto durante l’ultimo decennio della sua vita. Pur essendo un suo dono, l’artista aveva bisogno del permesso scritto della moglie per entrare nel castello.
Gala morì il 10 giugno del 1982, in seguito al peggioramento della sua demenza senile e a fratture alle costole e al bacino. Venne sepolta nella cripta del castello di Púbol e accanto a lei l’artista fece preparare uno spazio anche per sé. Dopo la morte di Gala, Dalí si ritirò dalla vita pubblica e morì nel 1989 per un attacco di cuore.
Gala posò come modella per Dalí in numerose occasioni, ma il ritratto più famoso resta l’olio su tela intitolato Ritratto di Galarina (1945).
Dalí descrisse così la moglie nell’autobiografia Diario di un Genio: “L’amo più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso, e perfino più del denaro”.
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