Il nome di Gino Girolimoni, in Italia, ha una duplice valenza nell’immaginario collettivo. Indica infatti al tempo stesso il “mostro” capace di fare del male ai bambini e la persona accusata ingiustamente di un reato molto grave – terribile anche sul piano etico, non solo giuridico.
Oggi lo sappiamo, lo diamo per assodato: Girolimoni non ha mai stuprato né ucciso bambine, come spiega un articolo storico de Il Tempo. Eppure ancora oggi “Girolimoni” si usa per indicare un assassino pedofilo o qualcosa di affine – viene nominato, per esempio, anche nella celeberrima pellicola Parenti Serpenti di Mario Monicelli proprio con quest’accezione.
Ma chi era Gino Girolimoni e che cosa gli accadde? L’Italia è piena di storie giudiziarie in cui gli errori la fecero da padrone. Ma forse questa è forse la più famosa. Inizia a Roma, nel triennio 1924-27, quando alcuni quartieri della città furono sconvolti da una serie di stupri e omicidi di bimbe.
Proviamo a immaginare: c’è qualcuno in città che violenta e uccide le bambine, come reagiremmo noi? Sicuramente la pancia della gente ebbe un peso in quello che accadde dopo
Le vittime
La prima vittima del mostro si chiamava Emma Giacomini, che però sopravvisse alla violenza. Ne seguirono altre, uccise a seguito della violenza, tra cui Bianca Carlieri (detta la «biocchetta» per via di una menomazione alla mano), il cui delitto riuscì a sollevare l’opinione pubblica.
Il capro espiatorio
La pressione divenne in breve tantissima: sembrò quasi che si cercasse un capro espiatorio e non un vero colpevole. Teniamo presente che eravamo in pieno periodo fascista: il Fascismo cercava di occultare tali storie di cronaca nera e, quando trapelavano, si provava a trovare una soluzione che non necessariamente fosse quella giusta, ma che invece ridesse un’immagine di ordine e pulizia al regime. Questo capro espiatorio fu trovato in Gino Girolimoni, che fu arrestato nel maggio 1927 a seguito di una testimonianza cui si aggiunsero degli studi lombrosiani – ossia quegli studi che vedono nella fisionomia di una persona il germe del crimine e che fortunatamente sono teorie confutate da molto tempo.
Il reverendo
Le testimonianze contro Gino Girolimoni però furono discordanti e questo fece buon gioco alla difesa. In più si cominciò a indagare su Ralph Lyonel Brydges, un pastore britannico sul quale furono ritrovate varie prove, ma che divenne intoccabile per la giustizia italiana per ragioni diplomatiche.
Il danno e la beffa
“Solo” un anno più tardi Girolimoni fu prosciolto, pur restando, come dicevamo prima, nell’immaginario collettivo, l’archetipo del mostro assassino stupra bambine. Tanto più che neppure la stampa diede alla notizia il giusto risalto – ma questo, appunto, durante il Fascismo, non deve stupirci più di tanto – e intanto il commissario Giuseppe Dosi che ci aveva visto giusto sull’innocenza di Girolimoni e che volle inseguire piste alternative fu incarcerato in manicomio criminale: potè tornare a fare il commissario solo dopo la caduta del Fascismo. Un destino simile toccò a Gino Girolimoni, che finì a fare il ciabattino o il riparatore di biciclette finché non morì in miseria nel 1961.
L'informazione di regime
Una piccola riflessione è doverosa da parte nostra che ci occupiamo di fare informazione. Trovare il “mostro”, sbattere il mostro in prima pagina non deve essere mai una priorità. Fermarlo, trovare giustizia – non vendetta, anche se quando il crimine coinvolge dei bambini l’istinto è dei peggiori nei confronti dei presunti colpevoli – per le vittime è la priorità. Oggi i tempi sono decisamente cambiati, anche se naturalmente i magistrati sono persone e potrebbero sbagliare anche loro. Ma errori giudiziari del genere non si sono più registrati negli ultimi decenni di Italia democratica. Perché il principio per cui tutti noi abbiamo diritto a un giusto processo non serve a salvaguardare i colpevoli, ma a tutelare gli innocenti come Girolimoni.
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