Essere omosessuali, o transessuali, in alcuni paesi significa ancora essere marchiati come reietti della società, e convivere non solo con il peso di pregiudizio e ignoranza, ma soprattutto con la paura di poter perdere la vita a causa della propria natura sessuale.

Se in certe aree del mondo l’omosessualità o la diversa identità di genere sono considerate letteralmente alla stregua di un crimine, punibile persino con la morte, anche in alcuni stati dove non ne è prevista l’illegalità la comunità LGBT non vive comunque serenamente, costantemente esposta a minacce, ritorsioni e atti violenti.

In Turchia, ad esempio, l’omosessualità è legale sin dalla nascita dello Stato turco, nel 1923, esattamente come lo era nel secolo precedente nell’impero Ottomano; eppure, incidenti, aggressioni e pesanti discriminazioni ai danni delle persone della comunità LGBT continuano a essere all’ordine del giorno in molte città turche, compresa Istanbul, città considerata più all’avanguardia dal punto di vista sociale. Secondo una recente ricerca del Centro Pew, riportata in un articolo di Repubblica, quasi l’80% dei turchi ritiene che l’omosessualità sia “moralmente inaccettabile”, mentre, stando a quanto riportano i dati di Human Rights Watch citati da Wikipedia, molte persone appartenenti alla comunità in Turchia hanno paura e spesso si trovano coinvolte in scontri anche con le forze dell’ordine.

Proprio in Turchia è avvenuto il brutale assassinio di Hande Kader, transessuale di 23 anni che era diventata non solo un’attivista, ma una vera e propria icona per tutta la comunità omosessuale e trans turca, dopo aver resistito agli agenti antisommossa che avevano caricato la folla radunata in Piazza Taksim durante il gay pride del 28 giugno 2015.

Hande era il simbolo della lotta di tutte le persone gay e trans per la conquista di pieni e veri diritti, di un’uguaglianza sociale e culturale completa tuttora soffocata dall’estremo conservatorismo e integralismo religioso,  contesto in cui la legalità dell’omosessualità rappresenta perciò solo una facciata di comodo.

Noi veniamo assassinati e loro non sentono le nostre voci, perché le regole in Turchia non ci proteggono“, ha dichiarato a gran voce Emirhan Deniz Celebi, direttore dell’organizzazione Lgbt SPoD di Istanbul. Le sue parole, riportate da Repubblica in un articolo del 2016, sono accompagnate da quelle dell’attivista e avvocato Levent Piskin, che ritiene che, in seguito alla repressione dopo il fallito golpe del 15 luglio, la comunità LGBT si senta ancora più vulnerabile, perché, “in realtà, non ha mai avuto diritti legali“.

L’omicidio orrendo di Hande, inoltre, è seguito a quello di Muhammad Wisam Sankari, giovane rifugiato siriano gay, ritrovato orribilmente decapitato e mutilato.

Insomma, il vero riconoscimento della legalità dell’omosessualità, in Turchia, sembra ancora una lontanissima chimera, ma nel frattempo, omosessuali e trans muoiono, oppressi dal peso di un fervore religioso atavico che non riesce ad accettare il “diverso” e sfocia in odio cruento.

Hande Kader, di cui vi raccontiamo la storia in gallery, è diventata una martire per la comunità LGBT turca, che ha pagato con la vita la volontà di non piegare la testa davanti al mondo e di mostrare con orgoglio chi era, anche se questo a molti poteva non piacere.

La disperata opposizione di Hande Kader e l'orrore della sua morte
askanews
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