“Avevo sei anni e non ero consapevole di quello che stava accadendo. L’unica cosa che i miei genitori mi avevano detto era che avrei frequentato una nuova scuola e che dovevo comportarmi bene”. Ormai adulta, Ruby Nell Bridges ha raccontato così alla National Public Radio quel lontano 14 novembre 1960, il giorno in cui entrò nella storia come una delle prime scolare afroamericane ammesse in una scuola di soli bianchi.
Fu un momento fondamentale e purtroppo allo stesso tempo anche vergognoso per la storia americana, segnato dalle proteste dei genitori che non volevano che la piccola frequentasse quell’istituto. Scortata da agenti federali, la piccola non poté frequentare alcuna lezione: gli altri bambini erano stati mandati a casa per protesta. Come Claudette Colvin o Rosa Parks, il suo gesto, seppur normale, visto con gli occhi di oggi, fu storico.
Mi ricordo il breve viaggio in auto verso la mia nuova scuola, ma non appena voltato l’angolo li vidi e sentii le loro urla. Pensavo fossimo finiti nel bel mezzo di una parata per il Mardi Gras. […] Sono stata portata dentro l’istituto in tutta fretta, verso l’ufficio del preside, dove io e mia madre siamo rimaste per quasi tutto il giorno. La maggior parte della gente che avevo visto fuori tra la folla ci aveva seguito dentro. Rimasi seduta dietro la finestra, vedendoli passare e indicarmi. Urlavano e sembravano davvero infuriati per qualcosa.
Non sapevo che fosse per colpa mia. E non sapevo che quelle persone stessero portando via i loro figli. Quando mi accompagnarono in classe, il secondo giorno, ricordo di aver pensato che mia mamma mi avesse portata troppo presto. Non c’era nessuno. E andò avanti così per mesi. Ero in un’aula vuota, solo io e la mia maestra, e continuavo a chiedermi perché fossi l’unica bambina in tutta la scuola.
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Ruby Nell Bridges
Ruby Nell Bridges è nata l’8 settembre 1954 a Tylertown, in Mississippi. Cresciuta nella fattoria dei nonni, a quattro anni si trasferì a New Orleans con i genitori, Abon e Lucille Bridges. Suo padre iniziò a lavorare a un distributore di benzina, mentre sua madre accettava qualsiasi impiego notturno per aiutare la famiglia, che stava crescendo: a Ruby si aggiunsero anche due fratellini e una sorellina.
Il primo giorno di scuola di Ruby Nell Bridges
Mentre frequentava l’asilo per i bambini neri, come tutti i suoi compagni, Ruby venne sottoposta al test per essere accettata in una scuola di bianchi. Si trattava di una prova particolarmente difficile, concepita per mettere i bastoni tra le ruote ai piccoli afroamericani. Suo padre si oppose, mentre sua madre credeva che rappresentasse la speranza di frequentare una scuola migliore e darle maggiori possibilità. Nel 1960 le autorità scolastiche annunciarono ai coniugi Bridges che Ruby aveva passato la prova (ce l’avevano fatta sei studenti in tutta la città). Fu così che poté iscriversi alla William Frantz School, vicino a casa sua, e diventare una delle prime alunne nere in una scuola di soli bianchi.
La polizia è costretta a intervenire
Il primo giorno di scuola, nel settembre del 1960, Ruby si trovava però ancora nella sua vecchia scuola, perché la legislatura dello stato della Louisiana aveva fatto tutto il possibile per opporsi alla legge federale e impedire che la piccola frequentasse un istituto per bianchi. Due dei sei bambini che avevano passato il test insieme a lei decisero di restare nella loro vecchia scuola, mentre altre tre vennero trasferite alla scuola McDonough: anche loro si trovarono per alcuni mesi nella stessa complicata situazione di Ruby.
Il primo vero giorno di scuola di Ruby Nell Bridges
Una volta esauriti tutti i trucchetti legali possibili e temendo disordini nelle strade, il 14 novembre 1960 un giudice federale ordinò alle autorità della Louisiana di accettare la piccola e inviò alcuni agenti per scortare Ruby Nell Bridges nella sua nuova scuola.
Il primo giorno di scuola di Ruby Nell Bridges
Durante il tragitto in macchina, uno degli agenti spiegò alla piccola e a sua madre che due poliziotti avrebbero camminato davanti a lei e due dietro per evitare qualsiasi rischio.
Il primo giorno di scuola di Ruby Nell Bridges
Arrivati davanti a scuola, Ruby e gli agenti federali trovarono una folla inferocita che urlava e lanciava oggetti contro l’auto. Nella sua innocenza, Ruby pensò che si trattasse delle celebrazioni per il Mardi Gras.
Le proteste dei genitori bianchi
Una volta entrata nella scuola, protetta dagli agenti, Ruby venne portata nell’ufficio del preside e rimase rinchiusa lì dentro per tutto il giorno. Il caos all’esterno e l’assenza di quasi tutti gli altri bambini, che non erano andati a scuola perché i genitori non volevano una compagna afroamericana, impedì qualsiasi tipo di lezione.
Le proteste
I disordini continuarono anche il giorno dopo e sembrava che per Ruby non potesse esserci alcuna possibilità di frequentare come qualsiasi altro scolaro. Una mamma arrivò persino a minacciare di morte la bimba. Solo una maestra, Barbara Henry, acconsentì a seguirla. Veniva da Boston e anche lei si era appena trasferita a New Orleans. La donna abbracciò la piccola e fu la sua prima alleata. Per un anno lei e Ruby sedettero fianco a fianco, imparando nuove cose e lottando insieme contro il razzismo. Da adulta, Ruby Nell Bridges continuò a frequentare (e ad abbracciare) la sua amata maestra.
Ruby Nell Bridges oggi
Anche la famiglia di Ruby Nell Bridges venne ostracizzata: suo padre perse il lavoro al distributore e i nonni furono cacciati dalla terra che avevano coltivato per 25 anni. Persino il negozio di alimentari negò l’ingresso ai Bridges. Poi, lentamente, la comunità locale iniziò ad aiutarli. Un uomo offrì un nuovo impiego al padre di Ruby Nell Bridges e diverse donne badarono agli altri bambini per permettere alla madre di lavorare.
Ruby Nell Bridges
Oggi Ruby Nell Bridges vive ancora a New Orleans con suo marito, Malcolm Hall, e i loro quattro figli. Dopo la fine degli studi in un liceo desegregato, lavorò come agente di viaggio per 15 anni, per poi fare la mamma a tempo pieno. Attualmente è presidente della Fondazione Ruby Bridges, che ha fondato nel 1999 per promuovere “i valori della tolleranza, del rispetto e dell’apprezzamento di tutte le differenze”.
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