Questo è "Il sangue delle donne" di tutti i tempi e di tutto il mondo
Per sfatare i tabù sul ciclo bisogna parlarne. O mostrarlo, come hanno fatto le 68 artiste che hanno preso parte, con le loro opere, al progetto Il sangue delle donne.
Per sfatare i tabù sul ciclo bisogna parlarne. O mostrarlo, come hanno fatto le 68 artiste che hanno preso parte, con le loro opere, al progetto Il sangue delle donne.
Che il ciclo mestruale sia tuttora considerato un tabù non è certo una notizia sorprendente. E no, non è necessario andare in Nepal per conoscere la terribile pratica del Chaupadi o in India, dove alle donne non è permesso entrare al santuario di Sabarimala nei giorni delle mestruazioni.
Perché il ciclo è considerato qualcosa di impuro, da nascondere e non socialmente accettabile, anche da noi, tanto da essere tutt’oggi oggetto di assurde superstizioni e da essere chiamato con nomignoli e appellativi davvero fantasiosi, per l’eccesso di pudore che spinge a non chiamarlo col suo vero nome.
Come sfatare allora i tanti pregiudizi legato alle mestruazioni? Come spesso accade, parlandone, ad esempio.
Con questo intento è nato Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco, progetto corale curato da Manuela De Leonardis, storica d’arte, giornalista e curatrice, che si compone di una mostra collettiva – esposta all’Auditorium Vallisa di Bari il 5 settembre – e la pubblicazione di un volume – presentato nella Chiesa Ognissanti di Cuti a Valenzano (Bari) il 6 settembre – che riunisce le opere di 68 artiste internazionali che hanno accettato la sfida di raccontare, attraverso le proprie opere, un oggetto ormai quasi dimenticato: il panno di lino, usato un tempo al posto di coppette e assorbenti per raccogliere il flusso mestruale.
Nato come indagine nel 2014, protraendosi per quattro anni, il progetto nel 2018 è stato raccolto dalla Fondazione Pasquale Battista, che lo ha supportato, attraverso la pubblicazione del libro e la realizzazione dell’Esposizione collettiva integrale.
Il sangue delle donne punta a sfatare alcuni dei preconcetti più comuni sulle mestruazioni e altri argomenti di carattere femminile, come la nascita, la pubertà, la menopausa, la sessualità, i legami familiari, la violenza, il femminicidio.
Ne hanno parlato con noi proprio la curatrice, Manuela De Leonardis, e la presidente della Fondazione Battista Annalisa Zito.
“Il progetto è nato in maniera molto spontanea, quando nel 2014 ho trovato in un mercato di Roma, tra pizzi e merletti, un bel po’ di vecchi panni di lino che si usavano un tempo per tamponare il flusso mestruale – ci spiega Manuela – Diciamo, quindi, che si è trattato di un incontro ‘casuale’. Ho riconosciuto l’oggetto pannolino, presente anche nel corredo nuziale di mia madre, e ho pensato di coinvolgere un primo nucleo di artiste con cui avevo già collaborato nei miei precedenti progetti espositivi ed editoriali.
Ne parlai con Rossella Alessandrucci, che all’epoca aveva una galleria al Pigneto, e decidemmo di allargare il numero di artiste a 14 e di organizzare la prima mostra nel 2015 alla Casa Internazionale delle Donne di Roma. Il progetto ha continuato a crescere e ad avere diverse tappe espositive in Italia e all’estero. Molte artiste mi hanno contattata perché hanno sentito l’esigenza di portare il loro sguardo all’interno di una visione corale che indaga vari aspetti del femminile“.
È interessante proprio sapere chi sono le artiste che hanno voluto prendere parte al progetto.
“Al momento della pubblicazione del libro [gennaio 2019, ndr.] le artiste – tutte donne per ovvie ragioni – dalle 14 iniziali sono diventate 68. Sono artiste internazionali che utilizzano diversi linguaggi artistici, dalla pittura alla fotografia, dalla scultura alla performance e appartengono a varie generazioni“.
Molte di loro, continua Manuela, lavorano da sempre sulle tematiche di genere, come ad esempio Tomaso Binga, Susan Harbage Page, Manal Al Dowayan, Ketty Tagliatti, Silvia Levenson, Vlasta Delimar, Deborah Willis, Silvia Giambrone.
Certo ci sono mille modi per parlare dei tabù legati al ciclo, a partire dalle superstizioni di cui parlavamo prima, fino, per tornare a temi più di attualità, alla famosa Tampon Tax che vede gli assorbenti classificati ancora come “bene di lusso”.
Allora perché proprio il panno di lino, uno degli oggetti che indubbiamente rimandano a epoche dove di mestruazioni non si osava mai parlare, per pudore o perché influenzati dalla cultura maschilista?
“Come dicevo prima, l’incontro con il panno di lino è stato ‘casuale’, ma anche in linea con l’indirizzo della mia ricerca curatoriale. L’intento, comunque, non era di parlare delle mestruazioni, piuttosto di vari aspetti che riguardano la vita delle donne: la nascita, la pubertà, la menopausa, la violenza domestica, il femminicidio, la scelta di non essere madre… Ho consegnato a mano o spedito per posta i vecchi pannolini che le artiste hanno usato come fosse una tela, dipingendoci, ricamandoci, usandoli come supporto per le fotografie, trasformandoli in sculture di tessuto o di metallo…
Ho dato piena libertà creativa a ciascuna delle 68 artiste, purché l’opera rientrasse nella dimensione del panno stesso. Altrettanto importante è la parte testuale: ogni artista, infatti, ha scritto un testo che accompagna l’opera d’arte: poesie, filastrocche, racconti o ricordi. Un mondo intimo in cui ogni donna può confrontarsi“.
Potrebbe sembrare la classica “domanda da un milione di dollari”: perché c’è bisogno di sfatare i tabù sul ciclo mestruale?
A rispondere, stavolta, è Annalisa:
“Vorrei partire da due sostantivi che ho usato nella prefazione al volume poiché rappresentano, al contempo, due polarità percettive ma anche semantiche legate al ciclo mestruale : nel mio contributo scrivo che ‘il sangue delle donne è luogo di incanto e di sgomento’. Ed è intorno a questa ambiguità, a questa forte contraddizione, che da sempre si è costruito l’immaginario del sangue mestruale come immondo (Plinio), nauseabondo, impuro, da una parte e dal potere taumaturgico, magico, curativo dall’altra; come profeta di morte da una parte e, al contempo, testimone di un ciclico rifiorire; come vergogna, sudiciume da una parte e come iscrizione nel corpo del mutare delle stagioni, delle fasi lunari; come elemento capace di modificare la chimica (si pensi a tutte le superstizioni legate all’evento mestruale), come elemento turbativo e dall’altra parte come simulacro religioso.
Questa profonda ambiguità ha sempre contraddistinto l’immaginario legato alle mestruazioni, che – proprio per tali ragioni – non
sono mai state considerate alla stregua di altre funzioni fisiologiche, ma hanno assunto una valenza simbolica fortemente inscritta in una cultura maschilista e patriarcale, quindi di per sé violenta ed escludente.
Un esempio attuale e lampante è il dibattito sulla Tampon Tax cui fa da contrappunto il fenomeno del free bleeding, del sanguinamento libero, non tamponato, che restituisce al sangue, come materia, grumi, sostanza, come rosso, una carica sovversiva attraverso l’esibizione di ciò che è sempre stato occultato, una sorta ribaltamento visivo e materico. In qualche modo ciò che intende fare il nostro progetto attraverso la prassi artistica“.
Con Manuela e Annalisa abbiamo parlato anche degli appuntamenti del futuro prossimo, sia per quanto riguarda il libro, Il sangue delle donne, che per ciò che concerne la mostra. Presentazioni del volume sono previste a Milano, Bologna, Pisa.
“In particolare – spiega Manuela – il 13 settembre nell’ambito della VI edizione del Tempo delle Donne, la festa-festival del Corriere della
Sera, si parlerà de Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco nell’incontro curato da Luisa Adani ‘Non compro cose di lusso. Tranne gli assorbenti’, all’Impluvium – Triennale di Milano.
La forza di questo progetto è la sua coralità: stiamo pensando, infatti, con il consenso delle artiste di donare l’intero corpus delle 68 opere ad un’’istituzione museale in Italia o all’estero che sia interessata a prendersene cura“.
Dal canto suo, la Fondazione Pasquale Battista intende proseguire il proprio lavoro di indagine e di ricerca sulle questioni legate al ‘genere’- ci racconta Annalisa– in una logica intersezionale e anti-binaria, supportando iniziative culturali e creative tese ad una riflessione etica ed estetica sul rapporto tra natura e costrutti sociali. In tal senso, abbiamo fortemente voluto sostenere in qualità di Partner affiliato il BIG – Bari International Gender Film Festival, promosso e organizzato dalla Cooperativa sociale ‘AL.I.C.E’ che si terrà a Bari dal 21 al 28 Settembre 2019“.
In gallery abbiamo raccolto 18 opere del progetto.
Quando una ragazza diventa donna si presume che entri nel mondo adulto e possa diventare più padrona di se stessa nella sua famiglia e nella società.
Questo non è il caso in molti paesi del mondo, dove per tutta la vita una donna è trattata come una eterna minorenne. Ha bisogno di un uomo, o un ragazzo, come tutore legale per prendere decisioni per suo conto.
Questo lavoro rappresenta questa semplice idea. Attraverso queste foto trovate nell’archivio delle diapositive scattate negli anni ’60 in Arabia Saudita.
Ci sono quei momenti che…
Sbalzi d’umore…
Voglia anormale di mangiare…
Lunghe dormite…
E soprattutto… dolore, dolore, dolore..
Le mie Cose! Cose! Cose! Cose!
Sul panno è scritto “j’ai honte” (mi vergogno).
Ha la forma di un sesso femminile e il filo ricorda i peli pubici.
Santo! Santo! Santo!
TOOOh!! TOOOh!! TOOOh!!
guè!! guè!! guè!! San guèèèè!!
Con ira ti beffi del sangue del mondo
del mondo che affonda farcito nel fango
nel fango che copre la lingua del Dio
del Dio che non doma il ghigno dell’Io
Santo! Santo! Santo!
TOOOh!! TOOOh!! TOOOh!!
guè!! guè!! guè!! San guèèèè!!
Con ira cospargi di sangue la terra
la terra che brucia e riduce la luce
la luce che tace assopita nei fossi
nei fossi petrosi con rostri assai rossi
Santo! Santo! Santo!
TOOOh!! TOOOh!! TOOOh!!
guè!! guè!! guè!! San guèèèè!!
Con ira consumi la vita nel sangue
nel sangue del mestruo del parto del lutto
del lutto che piange con ciglia dipinte
dipinte dal tempo che azzera le finte
Santo! Santo! Santo!
TOOOh!! TOOOh!! TOOOh!!
guè!! guè!! guè!! San guèèèè!!
Mestruazioni e sangue mestruale sono ancora un tabù per molte persone, anche tra i giovani.Quando si parla di mestruazioni non se ne parla a voce alta ma sottovoce. La foto, presente in questo nuovo lavoro, è stata fatta nel 2002, nel momento in cui il mio partner ed io celebravamo le mie mestruazioni che entrambi sapevamo essere un momento importante della nostra esistenza.
Ecco perché amo Vlasta Delimar. Ha sempre qualcosa da dire – in qualunque modo abbia bisogno di essere detto – con o senza di qualcun altro. Al livello più elementare, il suo intervento per Il sangue delle donne può essere visto come “queer”, come appropriazione di uno strumento di lavoro trasgressivo ed eccentrico spesso utilizzato per porsi nel mondo, reclamare la sua posizione e diventare visibile e udibile. Oltre a ciò, non è necessario definire o guardare come bizzarro il corpo di lavoro di VlastaDelimar.
Il suo costante bisogno di registrare se stessa utilizzando la fotografia non dipende solo dalla molteplicità e incertezza della sua identità e delle sue relazioni, ma come intervento per creare una realtà ibrida basata sul simbolismo sottolineato dal corpo biologico e dal set visivo artificiale.
L’artista presenta se stessa come bellezza classica, una donna soddisfatta e seducente che devia l’attenzione perenne al proprio corpo verso un altro organismo, in solidarietà incondizionata e assieme. Anche se molto intima e frammentata, questa narrativa tessuta tra soddisfazione e
senso di colpa, condivisa con il partner, è un luogo quasi universale di identificazione femminile.
È qui che capiamo che lei si sta occupando di problemi che tutti sanno, ma a cui raramente si assiste. E come è vero, suppongo,con qualsiasi tipo di esperienza artistica per il pubblico, dobbiamo imparare avedere meglio, e oltre a ciò che vediamo come un semplice panno di stoffa.
Attraverso il panno l’artista ci spoglia tutti, e il semplice atto tra maschio e femmina è solo un punto di partenza per quello sguardo tanto atteso nella cerniera completamente aperta che lei colloca davantia noi. C’è totale franchezza e onestà, l’assenza di qualsiasi calcolo nel suo approccio al lavoro e allo spettatore.
Ecco perché amo VlastaDelimar.
[Jerica Ziherl]
Il sangue delle donne: qual è la materia ispiratrice di questa mostra? Sembrerebbe, il titolo lo dice, il sangue. Non un sangue qualsiasi ma quello che le donne producono durante un periodo della loro vita.
Le cose però non sono solo così: è che ci è stato consegnato un panno da usare come pagina bianca su cui scrivere o disegnare per realizzare la nostra opera.
Un fatto per niente secondario: il panno che ci è stato proposto può sembrare un fazzoletto qualsiasi, ma le più vecchie di noi lo riconoscono bene, il “pannolino”, così si chiamava ed era connotato da codici formali stabiliti nel tempo.
Il pannolino è a suo modo un tessuto storicamente connotato. Suggerirlo come base obbligata per un discorso sul sangue femminile è già un gesto di partenza pieno di significato, come dire anche il sangue appartiene alla cultura umana, e il sangue delle donne in particolare.
Si tratta allora di prenderne coscienza, di tener conto di questo intimo connubio fra natura e cultura.
Ho cercato allora di accogliere il suggerimento implicito della mostra: la fluidità tipica del flusso sanguigno è disciplinata in segni distinti, ripetitivi, una scrittura composta non da lettere ma da gocce rosse.
L’opera di Isabella Ducrot è diventata anche la copertina del libro, che sarà presentato il 6 settembre 2019 alla Chiesa Ognissanti di Cuti a Valenzano (Bari).
Filastrocca del marchese
Viene una volta al mese
Puntuale a reclamare
L’animale da domare
Filastrocca delle mie cose
Non toccare più le rose
Ché nessuno lo capisce
Ma la pianta s’appassisce!
Filastrocca dell’indisposta
Sto mistero quanto costa
Quanti miti da scontare
Prendon tutto, cielo e mare
Filastrocca rossa rossa
Cade il mondo nella fossa
Crolla il cielo e brucia il mare
Se quei miti fai scoppiare
Ho pensato a quest’opera come un tappeto per la preghiera.
L’ho realizzata, imprimendo sul pannolino che mi ha inviato Manuela, dei pizzi e ricami bagnati di colore rosso, in modo da simulare un tappeto.
Le impronte dei piedi marcano la posizione eretta nella preghiera, il colore rosso ricorda il sangue, il sacrificio, la sofferenza.
Three Generation Blood Line è una riflessione sulla mia esperienza personale, grazie a mia madre che mi ha partorito, terza e ultima figlia e a come il mio sangue mi ha dato mio figlio.
Utilizzando il filo rosso ho collegato i nostri volti per simboleggiare la nostra linea di sangue di tre generazioni.
L’opera racconta del legame tra il fluido del mare e quello del sangue femminile, entrambi dominati dall’energia degli astri sul globo terrestre.
Come la marea, il ciclico alzarsi e abbassarsi del livello dei mari e degli oceani, un prodigio generato dall’attrazione gravitazionale della Luna e del Sole sulle masse d’acqua del pianeta Terra, anche i cicli biologici femminili come il ciclo mestruale, il concepimento e il parto, secondo un’ampia credenza popolare, sono influenzati dalle fasi lunari.
Il ciclo ormonale femminile ha una durata di 28 giorni, tempo che misura anche il ciclo lunare e il corso della gravidanza sembra collimare con le fasi di 10 Lune.
Proprio come la Luna influenza le acque del mare, provocando le alte e le basse maree, così influisce sul flusso mestruale e sul liquido amniotico verso una nuova nascita.
Il panno bianco, immerso nell’acqua marina, in memoria di tutte le donne che hanno perso il respiro nel naufragio
[…] Come nella maggior parte dei miei lavori, il corpo cessa di apparire nella sua fisicità.
Sono interessata alla profondità emotiva delle esperienze fisiche, emozionali e psicologiche che il mio corpo subisce, così la rappresentazione fisica fa un passo indietro. […]
Le macchie di sangue significano un corpo fertile e svolgono il ruolo di una metonimia che viene utilizzato per leggerle come paesaggio trasformato di sangue. All’interno di quelle macchie cerco di mappare la presenza del mio corpo e una fase della mia femminilità che celebro e recupero nella mia arte.
Una vecchia teiera di ceramica ricoperta con la stoffa di un vecchio pannolino, posizionata in un
contenitore di ferro. Still life 05 è uno dei primi lavori di questo nuovo ciclo che mette al centro la vita domestica femminile attraverso gli oggetti che la animano e ne definiscono l’esistenza.
Scelgo oggetti non più in uso, accantonati da molto tempo, scartati e consumati da mani che si sono prese cura della loro identità di strumenti utili e indispensabili alla direzione di senso della vita. Mi interessa da sempre l’oggetto abbandonato e ricco di memorie di un’esistenza scandita da riti quotidiani, rassicuranti; corpi frantumati e bisognosi di un restauro affettivo che diventano metafora della sofferenza femminile.
Privati della loro funzione, perché non più utili a una gestualità che non è più contemplata nelle nostre abitudini, questi oggetti diventano ostaggi. Ciò che resta dopo la fine, ciò che resiste ed entra in una dimensione “altra”, in uno spazio dove il tempo cambia direzione – un passo avanti e due indietro – rivolgendo l’attenzione al passato per potersi illudere di stare fermi, sospesi.
Sogno, racconto
dolore, assenza
fragilità, resilienza
le cose che non raggiungono il loro acme non si
volgono in senso contrario.
An, anatomica. Il corpo confezionato, sotto l’anestesia del pudore, regolamentato.
Gli uomori, odori, ogni flusso animale, nascosti, sbiancati, organizzati, messi sottovetro per la prossima presentazione del sé, sempre muto all’indecente.
Sulle gocce stampate (che guardate attraverso la campana diventano oblunghe e mobili) sta un corpicino, due labbra o semiaborto.
Le cose installate provano a tradurre, disponendo i pezzi sotto la luce del vetro, che deforma o taglia. Disposizione scientifica, lente, silente.
Tutto in ordine.
Riflettendo sul tema della mostra, ho deciso di indagare sulla menopausa, forse anche perché ho 47 anni.
Notavo che alcune donne hanno difficoltà a parlarne, quasi fosse un tabù. Ho deciso allora di chiedere a dei miei amici e conoscenti se fosse davvero così.
Diverse le risposte: per alcune è un tabù da smontare, non lo è per altri; ma ho capito che, comunque, per molti è un tema delicato.
Per un’amica è “un equivoco: sento molte donne parlare di menopausa come fosse una malattia e non una lenta transizione ad una nuova fase”, ha detto.
Un’altra amica ha affermato: “I actually think is taboo but we have to try to lift that. It’s starting to happen in USA already” (In realtà penso che lo sia, e penso che la situazione vada cambiata. Sta cominciando a succedere negli USA, ora).
Cerchiamo di contenere il grido che diventa una smorfia. Abbandoniamo presto i sogni per abbracciare gli incubi. Ci chiedono di sorridere perché siamo donne e le donne sono Forti. Dai l’esempio, dimostrati madre della terra, madre natura.
Il sangue non deve farti paura.
Il dolore lo devi saper mangiare a piccoli bocconcini, tanto da non dimagrire e diventare scomoda agli occhi altrui. Ma tutte queste necessità di chi sono? Perchè ci invitano a vincere, che cosa?
Abbiamo imparato a circoscrivere ogni malessere in un recinto così da non dar fastidio, così da essere sempre “accoglienti”.
FLASH & BLOOD
Panta Rei
Passato
Futuro
Presente
Vita
Ossigeno
Ciclo
Mutamento
Continuità
Mistero
Magia
Attraverso il mio ricamo ho immaginato un dialogo con la proprietaria di questo pannolino.
È passata tanta acqua e sangue, da quando le donne usavano durante le mestruazioni queste
pezze di stoffa ricamate.
Ho cucito sulla stoffa di FI e mentre lo facevo ho pensato a lei, a come siamo cambiate/i.
Adesso le donne non ricamano più corredi. Occupiamo degli spazi impensabili anche solo quarant’anni fa, eppure ogni tre giorni una donna viene ammazzata da un ex convivente, marito, ragazzo o famigliare nella nostra civilissima Italia.
Per me la bomba a mano inesplosa simbolizza questa situazione di violenza e tensioni che non riguardano solo le donne e le ragazze, ma un’intera società.
Per una volta ho lasciato da parte stampi, argilla, cere e gomme siliconiche e, armata di ago, filo e perline ho iniziato ad esplorare questo spazio fra FI e me. Ancora devo capire.
Cosa ne pensi?