Perché chi non conosce Joan Baez dovrebbe ascoltarla subito
Cantautrice, rocker, poetessa, icona, attivista: ci sono tanti motivi per innamorarsi di Joan Baez e continuare a riscoprire le sue canzoni
Cantautrice, rocker, poetessa, icona, attivista: ci sono tanti motivi per innamorarsi di Joan Baez e continuare a riscoprire le sue canzoni
Pochi artisti hanno saputo attraversare gli anni Sessanta con la stessa grazia di Joan Baez. Ha interpretato canzoni intense e rivoluzionarie, diventando il volto del pacifismo americano in un momento storico complesso e delicato. Ha sempre cantato per i più deboli, e non per diventare un’icona: lo è comunque, ma con una rara leggerezza.
Forse non tutti sanno che è stata proprio lei a credere per prima nel talento di Bob Dylan. Fu proprio Joan Baez a lanciare la sua carriera, nei primi anni Sessanta, nel periodo in cui erano una coppia. In un’intervista di qualche tempo fa a Repubblica, la cantautrice americana ha ricordato come è nata Love Is Just a Four-Letter Word, scritta per lei dall’allora compagno.
Praticamente gliel’ho rubata. Eravamo in camera insieme e lui stava scrivendo con la macchina per scrivere. Questo foglio è caduto per terra e io l’ho raccolto.
Joan Baez c’era a Woodstock, si trovava in prima fila nelle proteste contro la guerra in Vietnam e alla marcia per i diritti civili a Washington, nel 1963. Ha lottato per le minoranze, per le donne, per la Terra e per i diritti di gay e lesbiche. Non ha mai avuto paura di farsi avanti e di cantare anche per chi non aveva voce. Quando le si chiede se sia stato difficile essere sempre contro, però, lei non ha dubbi.
Quando avevo 19, 20 anni, le donne bruciavano i loro reggiseni. Era il periodo della ribellione e ovviamente quello del folk era l’ambiente più ribelle. Non mi è mai capitato di avere problemi di alcun tipo. Il problema esiste per le donne che devono lottare tutti i giorni, che cercano di farcela nell’industria, che vogliono diventare un produttore, un ingegnere. Devono lottare oggi più di ieri perché quello spirito di protesta non c’è più.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la vita e la carriera di Joan Baez…
Joan Chandos Báez nasce a New York il 9 gennaio 1941, da padre messicano e madre scozzese. L’impegno civile scorre nel suo sangue: suo padre, noto fisico e matematico, si era rifiutato di lavorare al Progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica, mettendo davanti l’impegno pacifista. Joan è la seconda di tre figlie e fin da subito la famiglia continua a spostarsi in tutto il mondo per via del lavoro del padre, impiegato all’Unesco. Questo “nomadismo” le permette di scoprire nuove culture e realtà, ma una volta tornata a casa si sente discriminata per le sue origini messicane.
Quando è ancora una bambina, Joan riceve in dono un ukulele e inizia a suonare da sola. La consapevolezza di avere talento, però, arriva tardi.
Quando avevo 15 anni mi sono resa conto di avere una bella voce. Ma già a 13 anni cercavo di lavorarci: stavo davanti allo specchio facendo “ahhh, ahhh, ahhh” perché volevo riuscire a fare il “vibrato”. E poi, a un certo punto, arrivò. Da solo.
Il primo vero contatto con il mondo musicale arriva nel 1958, in seguito al trasferimento della sua famiglia a Belmont, vicino a Boston. Joan si iscrive alla Boston University e inizia a esibirsi nei concerti universitari, cantando le ballate tradizionali americane. La sua prima vera esibizione è nel 1959 al Newport Folk Festival: scalza, con i capelli sciolti e lo sguardo sempre basso, per via della timidezza, entra nel cuore del pubblico. Il successo del suo debutto la porta a incidere il primo album di ballate e una serie di cinque album omonimi.
Intanto, Bob Dylan è entrato nella sua vita. In quegli anni lui è meno famoso di lei, che è già finita in copertina sul Time. Joan lo presenta ai suoi concerti e tra i due inizia una storia: resteranno insieme dal 1962 al 1965.
Il pubblico lo fischiava e io li sgridavo. Gli dicevo: “Dovete prima ascoltarlo e poi vedremo se fischierete ancora! Adesso state tranquilli!”. Ero come una vecchia maestra. E così l’hanno ascoltato. E presto, molto presto, si sono resi conto che c’era qualcosa in lui.
Rappresentava tutte le cose che amavo. Era un ragazzo quando ci siamo conosciuti. E sembrava molto incasinato. Ferito. Avevamo ferite che si completavano. Si tratta di qualcosa di cui nemmeno sei conscio quando succede ma, ripensandoci, scegli una persona proprio per qualcosa di imponderabile che ti colpisce.
Proprio Bob Dylan la spinge a lasciare il territorio folk tradizionale e le ballate per scrivere canzoni che raccontino i problemi del presente, dei poveri e degli emarginati. Insieme marciano per la libertà di Washington, nell’agosto del 1963: Joan canta We shall overcome ed entra nella storia. Il suo impegno la porta nel Sud degli Stati Uniti, dove c’è ancora la segregazione razziale: marcia a fianco di Martin Luther King e pretende di esibirsi di fronte a un pubblico misto.
Joan Baez ha sempre creduto nel potere delle canzoni di cambiare il mondo. Per questo è in prima linea contro la guerra del Vietnam, tanto da essere arrestata due volte nel 1967 e da rischiare la vita durante i bombardamenti di Hanoi, nel 1972. E un anno dopo sposa persino un leader del movimento contro la leva obbligatoria, David Harris: dal legame, che dura tre anni, nasce il suo unico figlio Gabriel.
Negli anni Settanta esce il suo album più venduto di sempre, Diamonds & Rust, in cui parla anche della storia con Dylan, finita male. Negli stessi anni è al fianco delle madri dei desaparacidos in Argentina, dei cileni, dei poveri della Cambogia e nei decenni successivi mostra la sua vicinanza per le popolazioni flagellate dalla guerra di Bosnia e Iraq.
Negli anni Ottanta la fama di Joan Baez si affievolisce, nonostante la sua presenza anche al Live Aid del 1985. La sua voce torna a farsi sentire forte soprattutto dopo l’11 settembre del 2001: alla gente spaventata e arrabbiata prova a cantare la nonviolenza. Poi nel 2008, sostiene la campagna di Barack Obama. Più avanti, però, si pentirà: non è la politica a interessarle, ma le persone.
Nel 2018 Joan Baez ha annunciato il suo ritiro, subito dopo l’ultimo tour mondiale.
Perché ci sono molte canzoni che non riesco più a cantare. Non ce la faccio a raggiungere certe note e non riesco ad accettarlo. Per questo ci ho messo dieci anni per realizzare un nuovo disco. Quando avevo trent’anni ho chiesto al mio primo “vocal coach”: “Quando pensa che dovrò smettere?”. Sarà la voce a dirglielo, mi disse.
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