Kevin Costner, la voce di un bianco prestata a indiani d'America e donne nere
Uno dei volti più noti di Hollywood, con uno spirito da outsider: la vita e la carriera di uno degli attori più amati al mondo, tra blockbuster e impegno civile
Uno dei volti più noti di Hollywood, con uno spirito da outsider: la vita e la carriera di uno degli attori più amati al mondo, tra blockbuster e impegno civile
Minoranze etniche, donne, ambiente: ripercorrendo il lunghissimo elenco di film che lo hanno visto protagonista, è impossibile non scorgere un leitmotiv nella carriera cinematografica di Kevin Costner.
Dagli anni Ottanta a oggi, tra alti e inevitabili bassi, l’attore ha continuato a incarnare la figura dell’indipendente, pur restando uno dei volti più noti del Grande Schermo. In un momento storico in cui affrontare storie di emarginati e figure femminili poco conosciute è una moda, Kevin Costner ci tiene a spiegare che per lui è stato sempre diverso.
Lo stesso vale per i diritti degli afroamericani, come ha raccontato qualche anno fa a Repubblica in occasione dell’uscita del film Il diritto di contare, storia di tre matematiche di colore nella NASA degli anni Sessanta.
Io non ho aspettato che tutti scoprissero il problema. […] Non seguo le mode. Mi occupo di queste cose da una vita.
Sempre impegnato politicamente, ha cercato di dare voce a chi, negli Stati Uniti, ancora non ce l’ha. Lo ha fatto raccontando storie di un Paese fatto di libertà e soprusi. Storie come quelle dei nativi americani, sterminati per rubare la loro terra e veri protagonisti di Balla coi lupi. E poi gli schiavi e tutte le minoranze etniche che cercavano solo un posto dove vivere.
Tutto risale alla nascita stessa di questa nazione, fondata sullo schiavismo. L’abbiamo raccontata come una terra di opportunità, ma quell’ideale per molto tempo non fu alla portata di tutti. E ancora oggi ci sono degli americani che vivono in quel passato. Io non credo che i razzisti fra noi siano diventati più numerosi negli ultimi anni, però è vero che le loro voci sono più urlate.
Peccato che l’attore passò, nell’arco di appena cinque anni dopo la realizzazione di quel film, uscito nel 1990 e vincitore di ben sette premi Oscar, dall’essere stato “adottato” dalla tribù dei Sioux a diventare l’oggetto delle loro ire.
Il motivo? I soldi. Nel 1995, infatti, alcuni esponenti della tribù dei Sioux promossero un ricorso contro l’attore, che voleva costruire, con il fratello Dan, un complesso alberghiero vicino a Deadwood, in South Dakota, alle pendici di quelle Colline Nere considerate dai Sioux terra sacra, donata alla tribù di nativi dal Governo americano nel 1868, e confiscata nel 1877. Poco importò che già nel 1980 la Corte Suprema avesse stabilito che, anche se i Sioux avevano ragione, a loro spettassero “solo” 100 milioni di dollari come risarcimento, la tribù reclamò per sé il possesso fisico dell’area.
Quando, anni dopo, Costner chiese di poter usare 600 acri per costruire il proprio albergo – che voleva chiamare proprio Dunbar, come il suo personaggio nel film – i Sioux si sentirono beffati, e videro nell’attore il solito bianco usurpatore che aveva solo fatto finta di essere loro amico.
Si scambiano terre a noi sacre senza nessun rispetto – furono le parole di Mike Jandresu, capo della tribù dei Sioux Brule – Se nel fare il film il signor Costner e suo fratello non si sono resi conto dei sentimenti reali del popolo Sioux nei confronti delle Colline Nere, allora abbiamo già perso tanto.
Non fu Kevin a rispondergli – all’epoca era impegnato nel divorzio dalla prima moglie – ma il direttore di acquisti e sviluppi della sua società, Terry Krantz, che fece quella che si può definire una figura tutt’altro che bella.
La Corte Suprema americana ha deciso in favore dei bianchi. La realtà è che la terra appartiene alla gente che l’ha vinta. Balla coi lupi era solo un film che non comporta obblighi morali per Costner. Solo perché Kevin è amico degli indiani dovrebbe penalizzarsi economicamente? Cosa hanno fatto gli indiani per guadagnarsi quei soldi?
Una querelle che, battute di pessimo gusto a parte, si risolse in favore di Costner, che tuttavia, a causa dei costi esorbitanti del progetto, lo abbandonò definitivamente nel 2012, cedendo quindi i suoi 600 acri e mettendo per sempre la parola fine all’amicizia coi Sioux.
A parte questa parentesi, in un momento in cui lottare per la conquista dei diritti civili significa anche garantire che le generazioni future possano avere un mondo in cui vivere, Kevin Costner non si tira indietro. Per questo ha investito fondi in una società che da oltre vent’anni si occupa di ripulire gli oceani.
E non si occupa solo di ripulire le maree nere, le nostre macchine purificano l’acqua in generale. Spesso dobbiamo sopperire con l’iniziativa privata perché le leggi in questo campo sono inadeguate. Non mi fermo mai, il mio interesse si estende all’alimentazione umana, come possiamo cambiarla per vivere meglio e al tempo stesso rispettare l’ambiente.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la vita e la carriera di Kevin Costner…
Kevin Costner non ha mai amato particolarmente i riflettori. Nella sua vita privata si contano due legami importanti e numerosi figli. La prima moglie, Cindy Silva, è una compagna di università ai tempi del college. Si conoscono nel 1975, si sposano tre anni dopo e hanno tre figli. Il matrimonio finisce nel 1994 e dopo il divorzio l’attore ha un altro figlio da una breve relazione. Ora è sposato dal 2004 con l’ex modella Christine Baumgartner: insieme hanno avuto tre figli.
Kevin Costner nasce il 18 gennaio del 1955 a Lynwood, in California. Appassionato di sport, fin da piccolo prende lezioni di piano, scrive poesie e canta. Nel 1978 si laurea in marketing e finanza, ma è il cinema a solleticarlo. Dopo un incontro casuale in aereo con la star del cinema Richard Burton, decide di diventare attore, mantenendosi con una lunga serie di lavori improbabili per pagare le lezioni di recitazione.
Dopo il debutto in un film praticamente sconosciuto, nel 1978, per la sua seconda prova da attore viene scelto da Ron Howard in The Night Shift – Turno di notte, del 1982. Un anno dopo recita nella pellicola di successo Il grande freddo, ma le sue scene vengono tagliate. Il vero successo arriva però con Silverado (1985) e Gli Intoccabili (1987). Bello e affascinante, diventa uno degli attori simbolo degli anni Ottanta.
La sua passione per il baseball, in particolare, lo porta a prediligere ruoli ambientati nel mondo sportivo, come Bull Durham (1988) e l’intenso L’uomo dei sogni (1989), che viene nominato agli Oscar del 1990.
Dopo aver creato la casa di produzione Tig Productions, sceglie di debuttare alla regia con Balla coi lupi, nel 1990. La pellicola racconta la storia di un ufficiale unionista, durante la guerra di secessione americana, e del suo avvicinamento alla tribù dei Sioux. Il film ottiene un successo clamoroso in tutto il mondo, diventando un classico e vincendo sette premi Oscar, tra cui quello per il miglior film e il miglior regista.
Gli anni Novanta proseguono con un altro grande successo per Costner: diventa Robin Hood nel blockbuster del 1991 e nello stesso anno recita in JFK di Oliver Stone.
Nel 1993 esce una delle pellicole più romantiche della storia del cinema: in The Bodyguard, Kevin Costner è la guardia del corpo di una popstar, interpretata da Whitney Houston. Persino la locandina diventa un’icona, ma qualche anno dopo l’attore rivela a Entertainment che al posto della cantante c’era una controfigura.
Dopo tanti successi, sul finire degli anni Novanta la carriera di Costner subisce una battuta d’arresto. Tutta colpa di Waterworld, un film apocalittico in cui si immagina una Terra rimasta sommersa dall’acqua. La pellicola ottiene buoni risultati, ma non riesce comunque a ottenere i risultati sperati, anche a causa degli ingenti costi di produzione.
Seguono film di piccolo o medio successo, mentre Kevin Costner dedica molto tempo all’altra sua grande passione, la musica country. Fonda la band Kevin Costner & Modern West e nel nuovo millennio riesce anche a incidere dei dischi e affrontare un tour mondiale.
Kevin Costner torna al successo commerciale con piccole parti in varie pellicole d’azione, tra cui L’uomo d’acciaio (2013), Jack Ryan (2014) e Batman v Superman (2016). Ma sono le sue partecipazioni in film più impegnati, come Il diritto di contare (2016) a entusiasmarlo di più.
L’America che vediamo in questo film, all’epoca delle prime battaglie per i diritti civili, è un Paese segnato da errori catastrofici. Era l’epoca in cui negli Stati del Sud, se un uomo nero gettava uno sguardo su una donna bianca, poteva finire ucciso in un linciaggio. Il bello del film è che rispetta in modo scrupoloso il contesto storico. Ci porta nelle case e nelle famiglie di queste donne, ci fa vedere anche la loro normalità, l’aspirazione a un futuro migliore per i loro figli. Non c’è ideologia, il film non è un comizio, per questo è più efficace.
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