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La geisha è indubbiamente una delle figure più affascinanti della cultura giapponese; a lei sono stati dedicati film, libri, ed è indiscutibile la sua importanza e il fascino magnetico esercitato dagli amanti delle tradizioni del Sol Levante.

Su questa professione spesso è stata fatta confusione: soprattutto nella cultura popolare occidentale, infatti, le geishe sono frequentemente associate alle prostitute di lusso, un equivoco grossolano che ha cominciato a diffondersi principalmente dopo l’occupazione americana del Giappone, in virtù anche dell’accezione data al termine nella cultura cinese, dove invece la parola geisha può essere tradotta appunto con prostituta. In realtà le geishe sono ragazze educate fin da giovanissime all’arte e all’intrattenimento, con abilità nel suonare vari strumenti, nel danzare o nel cantare; molte di loro vengono addestrate già dalla tenera età ad apprendere alla perfezione tutti i rituali del cerimoniale, importantissimo nella cultura nipponica, del tè, e certamente quel che affascina maggiormente di loro, oltre agli abiti, alle pettinature e al trucco, è la grazia, l’eleganza e la raffinatezza con la quale si muovono.

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Nel mondo la geisha è diventato un vero e proprio fenomeno di massa, un’icona che ha valicato i confini giapponesi finendo con l’essere amata universalmente; eppure, benché ancora oggi in Giappone la classe delle geishe esista, sono molte le donne che lamentano un lento ma inesorabile declino di questa figura professionale, schiacciata dalla modernità.

Nate durante il periodo Edo, corrispondente al periodo storico che va dal 1603 al 1868, una fase della storia giapponese in cui a dominare era la famiglia Tokugawa ( in quell’epoca i distretti di Gion e Kamishichiken, a Kyoto, e quelli di Asakusa, Kagurazaka e Shinbashi a Tokyo erano i principali centri di lavoro delle geishe), si stima che nell’epoca dell’Imperatore Hiroito (salito al potere nel 1926 e morto nel 1989) le geishe attive sul territorio nazionale fossero tra le 40 e le 80 mila. Oggi, invece, risultano attive solo 600 geishe.

La loro scomparsa, naturalmente, avrebbe come conseguenza irrimediabile la perdita non solo di una figura diventata storica e quasi mitica, ma anche di un intero background culturale che rende il Giappone terra ancora molto legata a tradizioni e costumi antichi, alla pari, per intenderci, di quello che per il paese rappresentano i samurai (aboliti in favore della creazione di un esercito di stampo occidentale, ma il cui bushidō, il codice d’onore, rappresenta tuttora, nella società giapponese odierna, un nucleo di principi morali e di comportamento da rispettare). Per evitare questo, molte donne geishe stanno lottando per salvare questa professione, lanciando progetti e iniziative volte appunto a far sopravvivere la storia e la cultura della geisha. Kikuno, ad esempio, intervistata da Japantimes, rivela la sua vita da geisha, iniziata appena quindicenne, quando fu scelta come apprendista geisha attraverso la zia, che gestiva una casa da tè per geishe. Addestrata a suonare nagauta kouta, a imparare la cerimonia del tè o le decorazioni floreali, è diventata geisha a 23 anni, e oggi è proprietaria del Kagai Restoration Project, aperto nel 2012 distretto Ganrinin di Nara, dove, assieme alle sue apprendiste, si esibisce in balli, canti e spettacoli di intrattenimento. “Negli ultimi diciassette anni si è assistito a un drastico calo degli eventi che richiedono la presenza di una geisha – ha raccontato Kikuno, che nel tempo era rimasta l’unica geisha attiva a Nara – e nessuno ha fatto nulla per evitarlo. Ma non è sufficiente continuare a fare ciò che si è sempre fatto. Mi sento responsabile verso le giovani donne“.

Anche Megumi, che vive ad Hachioji, nella parte occidentale di Tokyo, sta cercando di portare avanti la tradizione delle geishe; lei che non è nata in una famiglia che aveva legami con questa cultura, ma che è diventata geisha dopo aver incontrato quello che poi è stato il suo mentore, a 22 anni, mentre lavorava come cameriera in un ristorante. Il distretto di Nakacho, che un tempo vantava più di 200 intrattenitrici, dopo la seconda guerra mondiale ha iniziato a perdere sempre più geishe, fino a che, nel 1999, ne sono rimaste solo 10. Rimasta la sola geisha nel suo quartiere, Megumi ha cercato nuove “reclute” affiggendo un vero e proprio cartellone pubblicitario: “Cerco qualcuna a cui piaccia indossare il kimono – recitava il manifesto – età massima 30 anni; esperienza non necessaria; una retribuzione oraria di 3.000 Yen o più; e noleggio gratuito di kimono. Ok il part time“. Nel 2001 Megumi ha aperto la sua pensione per geishe, la prima struttura ad aprire a Hachioji dopo 20 anni. Nei 18 anni trascorsi da quando Megumi ha pubblicato il manifesto, Hachioji ha visto la sua popolazione di geishe quasi raddoppiare, tanto che nel 2016, per prima volta in più di mezzo secolo, un apprendista hangyoku, Kurumi, ha fatto il suo debutto. Nel 2014, inoltre, Megumi ha fondato Hachioji Odori, una performance di danza con geishe, che ha contribuito a riportare la cultura geisha anche oltreoceano, in località come l’Australia, le Hawaii e Shanghai, e con cui Megumi e il suo gruppo si esibiscono anche in ospedali e scuole elementari. “È importante imparare le tradizioni di una cultura, ma è anche importante continuare ad evolversi con i tempi – dice Megumi – Attraverso il cambiamento, penso che siamo in grado di continuare a portare avanti questa cultura“.

Non sono solo le donne, però, a combattere per mantenere in vita la figura delle geisha: il direttore di hotel Susumo Nakano, infatti, ha fondato a Niigata nel 1987 Ryuto Shinko, un’azienda che si occupa appunto di selezionare e formare nuove geishe. Nakano, con il supporto finanziario di circa ottanta imprese locali, è riuscito a fondare un’azienda che può offrire tutto il necessario alle giovani, future geishe, dalle lezioni di musica e danza, senza trascurare naturalmente l’affitto dei kimono, cercando di riportare la cultura geisha nella prefettura di Niigata, un tempo tra le più fiorenti sotto questo punto di vista. Dato che l’addestramento per diventare geisha è molto lungo e fatto di rituali important, Ryuto Shinko oggi ospita da una a tre aspiranti geishe l’anno, per donare loro una formazione completa. “Vogliamo preservare una cultura che per noi è di grande valore“, ha spiegato Nakano a Japantimes.

Insomma, in Giappone non hanno intenzione di rinunciare alle loro aggraziate signorine in eleganti e sgargianti kimono e dai volti magicamente pallidi; e in fondo, l’estinzione delle geishe sarebbe una perdita anche per chi, oltre i confini giapponesi, ama la loro quieta raffinatezza e la loro storia.

La battaglia delle donne che vogliono continuare a essere geishe
KOTARO OHASHI
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