Quello che sta accadendo in Siberia è sotto gli occhi di tutti, eppure le migliaia di ettari di bosco in fiamme, e le centinaia di animali selvatici uccisi dai roghi che si sono sviluppati nella regione, sembrano scorrere davanti a molti di noi nella più totale indifferenza.
Forse non ci si rende ben conto di cosa questo possa realmente significare; forse pochi si accorgono che, mentre erano impegnati a parlare di quanto Greta Thunberg fosse “strumentalizzata” a fini di marketing, i suoi moniti sul riscaldamento globale e sulla pericolosità del climate change stavano prendendo forma proprio davanti a noi.
Assumendo la forma di un inferno che oggi sembra non avere fine.
I mesi di giugno e luglio più caldi mai registrati, la scarsità di piogge, e ovviamente anche l’azione scellerata di qualche piromane, tutti questi fattori hanno rappresentato un mix letale che sta contribuendo a mandare letteralmente in fumo milioni di ettari di uno dei polmoni verdi più importanti al mondo.
Oltre 4,5, per l’esattezza, almeno secondo quanto riportato dalle analisi delle immagini satellitari NASA, vale a dire più dell’intera superficie del Belgio, che ne misura 3, e di Lombardia e Piemonte messe insieme.
Sì, non è la prima volta che si sviluppano incendi nel periodo estivo in queste zone, ma il fenomeno adesso è realmente fuori controllo.
E i danni per l’ambiente, e per chi popola il pianeta, potrebbero davvero essere irreparabili: oltre alla distruzione di interi ecosistemi, e a una parte considerevole della fauna, gli incendi devastano piante e alberi, fondamentali per trattenere i cosiddetti carbon sink, ovvero l’anidride carbonica, e rilasciano nell’atmosfera quantità enormi di sostanze chimiche inquinanti, che hanno l’effetto di incrementare ulteriormente l’effetto serra.
In una nota della World Meteorological Organization (WMO) pubblicata a metà luglio, si spiega che nel solo mese di giugno gli incendi hanno emesso 50 mega tonnellate (50 milioni di tonnellate) di CO2 nell’aria, che equivalgono alle emissioni totali di anidride carbonica della Svezia in un intero anno. Conto che è ulteriormente cresciuto nelle settimane successive.
Senza contare che, dall’altra parte del mondo, il presidente Bolsonaro sta facendo di tutto per mettere in serio rischio anche l’altro polmone del pianeta, la foresta Amazzonica.
Riusciamo davvero a immaginare le conseguenze di tutto ciò?
Solo adesso, dopo quasi due mesi di fuoco e distruzione, il presidente russo Vladimir Putin ha inviato l’esercito a sostegno dei vigili del fuoco e dei forestali, ma la decisione è stata presa solo dopo mesi di passività da parte del governo, e solo in seguito alle proteste che sono montate proprio a causa dell’indifferenza totale del Cremlino di fronte alla totale emergenza.
Com’è stato possibile che si sia rimasti con le mani in mano per tanto tempo? In primis, perché, come spiegava il 1° agosto il capo del dipartimento antincendi di Greenpeace Russia Grigory Kuksin al giornale Nastoyaschee Vremya (Current Time), “Si tratta di aree troppo lontane per poter spegnere gli incendi. Le operazioni sarebbero troppo costose. Alle regioni è stata data la facoltà di non spegnere gli incendi perché si tratta di operazioni economicamente controproducenti. La decisione di creare delle semplici aree di monitoraggio è dettata quindi dalla povertà“.
In secondo luogo perché esiste un regolamento interno che impedisce di intervenire finché i roghi non minacciano i centri abitati. Sempre in ragione della povertà: se i costi delle operazioni di estinzione superano i possibili danni causati dai roghi è opportuno stare fermi.
Peccato, però, che nel frattempo siano stati sacrificati milioni di ettari di verde e la vita di moltissimi animali, intrappolati dalle fiamme e troppo terrorizzati per poter pensare alla fuga.
Restare indifferenti di fronte a un simile inferno è davvero impossibile; queste immagini fanno male al cuore, e non dovrebbero lasciare impassibili nessuno di noi.
Gli ettari bruciati equivalgono a Lombardia e Piemonte messe insieme
Nell’ultima settimana sono scesi in campo gli uomini dell’agenzia forestale russa, che sono riusciti a liberare dal fuoco 750.000 ettari di taiga.
Nel frattempo, però, è cresciuto anche il totale dei milioni di ettari bruciati, passati da 3 a 4,5.
Una superficie grande quanto Lombardia e Piemonte messi insieme.
166 milioni di tonnellate di CO2 trasmessa
La CO2 emessa in atmosfera ha raggiunto le 166 milioni di tonnellate, un valore che è pari all’emissione annuale di tutte le 36 milioni di auto presenti in Italia, come riassume perfettamente questo post della pagina Chi ha paura del buio? di Facebook.
All’emissione diretta va inoltre aggiunta anche quella indiretta, dato che i milioni di alberi bruciati non potranno più assorbire anidride carbonica e rimpiazzarla con ossigeno.
È il maggiore disastro ecologico degli ultimi anni
La World Meteorological Organization ha detto che luglio 2019 è stato il mese più caldo mai registrato, con quasi +1,2 °C a livello globale rispetto all’epoca preindustriale, e +0,56 °C sopra la media di luglio nel periodo 1981-2010.
Anche l’Alaska è afflitta da moltissimi incendi; ad Anchorage, la più grande città della regione, per la prima volta si è registrata una temperatura di 34 °C.
Le assurde parole del governatore
Questi incendi avrebbero dovuto essere spenti immediatamente e invece sono stati ignorati. Ora la situazione è catastrofica.
Ha dichiarato Martina Borghi di Greenpeace Italia.
Il governatore di Krasnoyarsk, una delle città offuscate dal fumo degli incendi, Aleksandr Uss, ha invece minimizzato il problema:
Gli incendi sono fenomeni naturali, combatterli è senza senso: a nessuno viene in mente di affondare un iceberg per rendere più tiepida la temperatura in inverno.
Forse ora avrà cambiato idea.
Nessuno è al sicuro
I dati rilevati dal satellite Suomi NPP della NASA mostrano come i fumi degli incendi dall’Artico abbiano già raggiunto le regioni sud-occidentali degli Stati Uniti. Il vento forte spinge le nubi a moltissimi chilometri di distanza dall’origine. Nessuno, quindi, è davvero al sicuro.
La vicinanza all'Artico
Una volta che le ceneri degli incendi si depositeranno sui ghiacci artici diminuiranno la loro albedo, la lucentezza, per dirla in poche parole, facilitando così la loro fusione.
E scoprendo ciò che si nasconde sotto quei ghiacci, ossia altro carbonio pronto a diventare anidride carbonica e metano.
L'Artide si riscalda a tempi di recordo
L’Artide si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta.
Quando è intervenuto il governo
Dopo settimane di stallo e di silenzio, solo il 29 luglio il Ministero russo delle Situazioni d’Emergenza ha comunicato la decisione di localizzare e spegnere il fuoco, dopo che sui social e sul web è montata la protesta, portata avanti anche con una petizione lanciata su Change.Org.
Per le operazioni sono stati messi a disposizione uomini, soldi e i mezzi dell’aviazione.
Centinaia di animali uccisi
Non si sa esattamente quanti animali siano morti o stiano morendo nei roghi. Ma gli incendi stanno mettendo ad altissimo rischio la fauna della taiga.
Sono immagini che lasciano senza parole
Le specie più minacciate dalle fiamme sono quelle più piccole, come ricci e topi, incapaci di coprire grandi distanze. Ma anche molti roditori e lagomorfi, come le lepri, potrebbero rimanere intrappolati nelle tane scavate nel terreno, finendo per morire soffocati.
A rischio anche gli animali con cuccioli.
L’importante – spiega Sergey Naidenko, biologo dell’Istituto Severtsov per l’ecologia e l’evoluzione – è non cercare di ostacolare gli animali. Gli animali selvatici in fuga non cercheranno conflitti con gli umani, tutto ciò che bisogna fare se uno o più di loro entrano nella propria proprietà recintata è aprire le porte e non spaventarli. Per quanto tutti noi vorremmo dare da mangiare agli animali selvatici, vorrei comunque mettere in guardia dal farlo.
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