Vogliamo un’Europa dove il matrimonio sia tra una mamma e un papà e i bambini vengano dati a una mamma e a un papà. Le altre schifezze non le vogliamo neanche sentire nominare.
Le parole del neo ministro della Famiglia e della Disabilità, Lorenzo Fontana, non solo hanno fatto discutere sin da subito, ma ad alcuni hanno dato il sentore che, all’orizzonte, si proiettassero pericolose ombre di regresso, dopo i passi avanti compiuti per garantire il diritto alle unioni civili anche alle famiglie omosessuali.
Benché il Ministro dell’Interno Matteo Salvini abbia negato ogni possibilità di andare a rivedere questioni che non appartengono al programma politico del neonato governo – vedi aborto e, appunto, famiglie omosessuali – da più parti si è inevitabilmente levato un coro di forti proteste per le posizioni extra conservatrici di Fontana. A cui, ad esempio, ha risposto Tiziano Ferro, dicendo: “Non voglio supporto, mi basterebbe smettere di sentirmi invisibile“.
Invisibili sono stati, per moltissimi anni, Gianni e Franco, una coppia che, per cinquantadue anni, ha dovuto vivere nella clandestinità, perseguitata dall’ombra del pregiudizio e della discriminazione.
Gianni e Franco hanno attraversato insieme cinquant’anni di storia italiana, prima da soli, poi insieme; almeno ufficiosamente, perché ufficialmente la loro era una famiglia che “non esisteva”. Hanno passato il dramma della guerra e poi l’odio fomentato dai raid fascisti, fino all’approvazione delle tanto sospirate unioni civili che, dopo mezzo secolo passato all’ombra – non certo per volere loro – ha finalmente permesso alla loro storia di godere di quella luce del sole che ogni amore dovrebbe meritare, senza impedimenti.
Almeno per un po’ Gianni e Franco hanno finalmente potuto essere quella famiglia che esisteva; almeno fino alla morte di Franco, avvenuta sei mesi dopo il loro matrimonio celebrato nel 2016 a Torino dal sindaco Chiara Appendino. Un immenso dolore per Gianni, che per tutta una vita ha difeso il suo amore e il diritto a viverlo liberamente, e che ancora oggi, dopo che il suo amato è “partito”, come usa dire lui, intende lottare per permettere ad altri di godere della stessa possibilità, di non tornare indietro, di non riprecipitare tutto nell’ombra e nella clandestinità.
Ecco perché le parole del ministro Fontana su quelle “famiglie arcobaleno che non esistono” l’hanno fatto non solo arrabbiare, ma anche preoccupare.
“Mi sembra di tornare al ventennio fascista“, ha detto a Vanity Fair, a cui ha raccontato la sua straordinaria storia d’amore, che noi abbiamo deciso di riportare in gallery.
Galeotta fu la magnolia...
Era la sera del 14 luglio 1964, anniversario della presa della Bastiglia, e un certo Jules aveva organizzato una festa nella sua villa per festeggiare la caduta della monarchia, a cui aveva invitato Gianni. Che aveva notato Franco già un anno prima.
Presi un bicchiere, mi feci coraggio e mi avvicinai a lui, che stava ammirando un albero di mangolia. Gli chiesi se si ricordava di me.
Ha raccontato a Vanity Fair.
Un amore cresciuto pian piano
Non è stato un colpo di fulmine, ma una storia d’amore cresciuta lentamente, racconta Gianni. Dopo due anni la coppia va a vivere insieme, in una casa nelle periferia torinese, la stessa che sarà la loro per mezzo secolo.
Franco era quello più signorile, quadrato, ponderato. Io la testa matta – ricorda ancora – Ogni tanto litigavamo. Quando mi agitavo, Franco mi ascoltava in silenzio. Due giorni dopo, mi invitava a sedermi al tavolo della cucina. Mi faceva la predica. E io, ormai a mente fredda, non potevo che scusarmi.
La paura dei raid fascisti e il segreto dell'amico capo sezione
Vivere a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 non è stato affatto facile spiega ancora Gianni. Spesso le squadre di neo fascisti la sera organizzavano dei veri e propri raid, “… Arrivavano con catene e bastoni in piazza delle Armi e ci massacravano”.
Gianni, però, custodiva anche un prezioso segreto: “Il capo della sezione fascista era gay! Non lo sapeva nessuno. Ma aveva una relazione con un mio amico. Quando sapeva dei raid, ci telefonava per avvisarci: ‘Occhio, che domani sera veniamo’. Quelli arrivavano in piazza e non trovavano nessuno. Finito il raid, tornavano nelle loro case arrabbiati. Il capo fascista invece andava a casa del mio amico…
Fortunati
I miei genitori capirono tutto – dice Gianni – senza che nessuno di noi dicesse mai una parola. Mia madre non poté più avere figli dopo di me. E accolse Franco come quello che non aveva mai avuto. Ci chiamava entrambi ‘i miei ragazzi’.
Il loro sogno d'amore
L’amore di Gianni e Franco cresce negli anni, i due invecchiano insieme, il sogno di ogni coppia che si ama. Hanno la loro canzone Tu sei quello, di Orietta Berti. Fino a quando Franco sente che non gli resta più molto da vivere. Così, i due scrivono a Renzi e al Papa, per chiedere che la legge sulle unioni civili venga finalmente approvata; per dare almeno la possibilità a Gianni di ricevere, dopo la morte, la pensione di reversibilità del compagno.
Una famiglia che esiste
Gianni e Franco sono stati i primi a unirsi dopo l’approvazione della legge, a Torino, di fronte al sindaco Chiara Appendino, nel 2016. Alla cerimonia erano presenti i cugini, i giornalisti e i vigili urbani.
Gli manca
Sei mesi dopo quel matrimoni tanto sospirato, Franco se ne va.
Lo ricoverarono alle 4 del mattino per una sincope. Restai al suo fianco fino alle 18. Poi gli dissi che andavo a casa a farmi una doccia. Mi disse di sì: ‘Vai a riposarti un po’, sarai stanco’. Erano 15 notti che non dormivo per assisterlo. La notte suonò il telefono. L’infermiera di turno mi disse di andare in ospedale, perché Gianni si stava spegnendo. Non l’ho visto più.
A Gianni manca la presenza fisica di Franco.
È triste tornare a casa dopo aver fatto la spesa e trovare la casa vuota.
Continua la loro battaglia
Il giorno del funerale, Gianni ha messo a Franco i vestiti che indossava al matrimonio, perché così voleva lui.
E lo voglio anch’io. Il mio abito è nell’armadio. Voglio avere quello, il giorno che prenderò la valigia e lo raggiungerò.
Ma prima, dice “Ho diverse cose da mettere a posto. Situazioni in cui impormi. Tipo questa che stiamo attraversando”.
Un po’di paura, ammette, forse c’è.
Prima sapevo di avere al mio fianco lui, che era all’altezza. Io non lo sono. E mi devo assumere responsabilità mie e sue.
Ma ha un consiglio anche per i giovani:
Gli consiglio di non aver paura. E di vivere la loro vita come meglio credono.
Cosa ne pensi?