Tra i tanti fatti incontestabili che riguardano la figura di Benito Mussolini, c’è anche la sua costante e instancabile inclinazione verso le donne. La lista delle sue amanti è lunga e imbarazzante, tanto quanto alcuni commenti per nulla lusinghieri che lui dedicò ad Angelica Balabanoff e Margherita Sarfatti, frequentate nel secondo decennio del Novecento. Ecco ciò che disse di loro, come ricordato da nel libro Margherita Sarfatti di Rachele Ferrario:
Margherita Sarfatti. La regina dell'arte nell'Italia fascista
“Ci sono due donne innamorate pazze di me, ma io non le amo… Una è piuttosto brutta, ma ha un’anima generosa e nobile… La donna brutta e buona, che mi ama, è Angelica Balabanoff. L’altra è bella, ma ha l’anima subdola, avara, sordida anzi. Già questa è ebrea… La bella avara, scaltra quanto la prima è sincera, è la scrittrice Margherita Sarfatti… Mi perseguita con il suo amore, ma io non potrò mai amarla. La sua spilorceria mi disgusta… È ricca e abita in un grande palazzo di corso Venezia. Ebbene quando viene pubblicato un suo articolo, manda all’Avanti! la sua cameriera per prenderne tre copie gratis… Per risparmiare tre soldi… E ha l’edicola a pochi passi!”
Le parole di Mussolini non sono da gentiluomo, ma del resto non risultano nemmeno sorprendenti. Nonostante si ergesse a paladino della famiglia e dei valori tradizionali, il Duce era un poligamo, abituato a intrattenere contemporaneamente più legami duraturi o avventure occasionali. Arrivò persino a fare un uso privatistico della polizia, come raccontato nel libro di Mimmo Franzinelli Il Duce e le donne, per far spiare e sorvegliare le amanti, di cui era molto geloso. La socialista russa Angelica Balabanoff e la scrittrice e critica d’arte Margherita Sarfatti sono atte dunque tra queste. Due donne intelligenti e forti, entrambe di origine ebraica, protagoniste di uno dei periodi storici più foschi della storia d’Italia.
Il duce e le donne. Avventure e passioni extraconiugali di Mussolini
In gallery scopriamo chi sono.
Angelica Balabanoff
Angelica Balabanoff nacque nel 1877 in Ucraina, nei pressi di Kiev, da una famiglia ebraica benestante. Indipendente, ribelle, intelligente e vivace, nel 1895 abbandonò la famiglia e la Russia per iscriversi all’Università di Bruxelles, dove studiò filosofia e seguì corsi di sociologia, economia, criminologia. Nel 1900 giunse a Roma per motivi di studio ed entrò in contatto con esponenti del movimento socialista.
Fu lei a insegnare al futuro Duce l'attivismo politico
Fu attorno al 1904, in Svizzera, che conobbe Benito Mussolini, allora su posizioni anarco-socialiste, al quale sarebbe restata legata da una tenera amicizia durata un decennio. Ad Angelica Balabanoff, già attivissima politicamente, Mussolini sembrò uno spiantato senza arte né parte. Fu lei a educarlo alla filosofia e al socialismo, convincendolo di valere qualcosa. Lui stesso ammise che senza di lei sarebbe “rimasto un piccolo fuzionario, un rivoluzionario della domenica”.
Mussolini con la moglie e i 5 figli
Nell’ottobre 1914 le posizioni di Mussolini si fecero più intransigenti, tradendo tutto ciò che Angelica Balabanoff gli aveva insegnato. In più, nella vita del Duce era nel frattempo già comparsa un’altra donna (oltre alla moglie Rachele): Margherita Sarfatti. Dopo aver conosciuto Lenin in Svizzera, Angelica Balabanoff si trasferì in Russia e aderì al partito bolscevico. Tornò in Italia solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e morì a Roma nel 1965.
Margherita Sarfatti, di origini ebree e ricca
Ultima di quattro figli, Margherita Grassini nacque nel 1880 a Venezia da una ricca e nota famiglia ebraica. Intelligente e precoce, Margherita Grassini fu educata in casa, potendo usufruire, grazie alle conoscenze paterne, di insegnanti d’eccezione.
Prese il cognome Sarfatti dopo il matrimonio
Visse il proprio ebraismo d’origine con orgoglioso senso di appartenenza culturale, ma con distacco dal punto di vista religioso al punto da convertirsi al cattolicesimo nel 1928. Già nell’adolescenza Margherita Grassini iniziò a coltivare idee socialiste e nel 1899 sposò l’avvocato ebreo Cesare Sarfatti; nello stesso periodo fece anche il suo primo apprendistato come critica d’arte su Il Secolo nuovo, quotidiano socialista locale.
Nel suo salotto confluivano gli intellettuali romani
ùSarfatti si affermò pienamente come critica d’arte e dal 1902 al 1915 collaborò, in qualità di critico d’arte, all’ Avanti!.
Contemporaneamente aprì nel lussuoso appartamento di Corso Venezia un salotto che diventò presto noto a tutti gli artisti italiani, frequentato da scrittori, critici e artisti, sia cattolici che ebrei.
Mussolini con Hitler
Nel 1912 conobbe Benito Mussolini, con cui avviò un intenso rapporto e col quale l’anno successivo fondò la rivista Utopia. Negli Anni Venti fu figura di primissimo piano nella costruzione del fascismo e nell’ascesa al potere di Mussolini.
Mussolini durante un'esercitazione
La scelta di Sarfatti di sostenere Mussolini portò molti intellettuali suoi amici a prendere da lei le distanze, con l’effetto di isolarla ancor di più.
Margherita Sarfatti con la figlia Fiammetta
I rapporti con Mussolini diventarono sempre più stretti. Margherita Sarfatti era per tutti “la donna del Duce”. Dopo aver perso il marito, nel 1924, iniziò a scrivere la biografia di Mussolini. Alla fine del 1926 si trasferì a Roma, dove incontrava il dittatore nella sua prima abitazione di via Rasella. Nel 1928, quando Mussolini andò ad abitare nella Villa Torlonia, Margherita Sarfatti lasciò definitivamente la casa di Milano e traslocò con la figlia Fiammetta nelle vicinanze della Villa.
Il loro rapporto si incrinò con le leggi antisemite
Alla svolta intransigente della politica fascista e soprattutto all’avvicinarsi delle leggi antisemite, il rapporto tra i due si incrinò. Sarfatti si trasferì dapprima a Parigi e successivamente in Argentina e in Uruguay, dove si occupò di critica d’arte e di giornalismo.
Margherita Sarfatti finì isolata da tutti
Rientrata in Italia nel 1947, Margherita Sarfatti si ritirò a vita privata nella casa vicino a Como, dove morì nel 1961. Nonostante il suo contributo alla scena artistica italiana, la società l’aveva già condannata.
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